Capitolo 6

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Appena scendo dalla macchina lascio un messaggio a Jay per informargli che può venire da me. Entro nel mio piccolo appartamento e appendo le chiavi dietro la porta.

Prendo le lasagne che Catherine mi ha lasciato nel frigorifero e le riscaldo mentre accendo il sistema stereo. Le dolci note di James Arthur che descrive l'amore riempiono la casa.

Mi siedo introno al tavolo rivolto alla finestra che mi mostra fa qua su la città e il cielo che si uniscono.

Mentre assaporo un pranzo fatto tardi, il cellulare vibra, distraendomi dalla serena vista di fronte a me. È Serena.

«Ciao, Serena.»

«Ciao, fratellino. Com'è andata la prima giornata alla nuova scuola?» Sospiro e cerco di ricordare la giornata di oggi ma l'unica faccia che mi ricordo è quella di Emma, stupita mentre cito a memoria la poesia.

«Bene, sembra che gli insegnanti si prendano veramente il disturbo di creare un'atmosfera tranquilla tra gli studenti.»

«Quindi, dici che per Allison sarà una buona scuola?» Penso un secondo a com'è fatta la mia nipotina: ribelle ma studiosa, gentile ma forte, sicura me non troppo.

«Sì, credo che andrebbe bene per lei. Potrebbe studiare tranquillamente per i suoi prossimi tre anni.

«Comunque, te l'ho già detto, non penso di rimanere lì per tanto. Ho mandato il mio curriculum in alcune università e credo che non terminerò ne anche la supplenza qui.»

«Certo, capisco,» afferma mia sorella in tono dolce.

«Senti, Se, ti ricordi che all'inizio, dopo l'adozione ripetevo sempre la poesia che la mamma ci aveva insegnato?»

La sento sorridere. «Certo che me lo ricordo. Per te ripeterla era come per me avere la collana della mamma in mano. Ci dava speranza.»

Mi alzo dal tavolo e mi avvicino alla finestra. «Oggi, ho incontrato una ragazza, una studentessa a dire la verità, che mi ha detto che la ripete quando ne ha bisogno.»

Immagino di nuovo il modo in cui un'ombra nera avevo coperto la sua faccia quando me l'ha detto.

«Forse sta vivendo un momento difficile.»

No, difficile non è la parola che userei per descriver e la situazione di una ragazza appena diciottenne che sta perdendo la madre al cancro e che non si accorge che sta andando a pezzi.

«Sì.» Mentre dico questo qualcuno suona la campana. Sarà Jay. «Se, ci sentiamo dopo. Credo Jay sia qui.»

«Ciao e dì a quel fannullone che Byron lo attende per la loro famosa pizzata.»

Rido sapendo che Jay eviterebbe in ogni modo i bambini e mio nipote sa essere uno che ti toglie le energia in due secondi. «Va bene, ciao.»

«Ciao.»

Attraverso il soggiorno e apro la porta. «Bello!» Un insieme di muscoli si presenta di fronte a me.

«Vieni, entra!» dico al ragazzo dai capelli corti e biondi. Lo lascio entrare e chiudo la porta. Mentre lui si accomoda come un gigante sul mio piccolo divano vado i cucina e prendo due birre.

«Ho cercato quello che mi avevi chiesto.»

Lo sento udire mentre vado a prendergli una birra che gliela lancio. Lui la prende al volo.

«Dicevo, ho cercato quello che mi hai chiesto ma quel nome non risulta da nessuna parte.» Jay lavora nel intelligence e mi sta aiutando a cercare mia sorella. «Amico, so la risposta, ma te lo chiedo di nuovo hai qualche altra informazione?»

Sospiro frustrato. «No, ti ho già detto tutto. Mi ricordo che mia madre la chiamava Emily. So che era più piccola di me di almeno cinque anni. Infatti, non mi ricordo che camminasse. Secondo i miei conti dovrebbe avere quindici anni circa. Mi ricordo che aveva gli occhi azzurri, come la donna che mi ha dato vita.»

Non so cosa fare, sto solo cercando di ritrovare mia sorella. Ci separarono durante il periodo dell'adozione e poi non ho più avuto notizie di lei.

Lui sorseggia la sua birra e annuisce, evitando di guardarmi negli occhi. «Ho già fatto tutto quello che potevo ma ci riprovo. Magari riesco ad accedere ai file di adozione.» La sua voce dimostra stanchezza, quasi non ci siano più speranze.

«Sì, io sono stato adottato nel 2006 se vuoi posso chiedere più informazioni Catherine e Jules.» Appoggio i miei gomiti sulle mie ginocchia.

«Sì se ho bisogno ti chiamo.» Si guarda intorno e poi ritorna a me. «Che fai sta sera?»

«Niente, che piani hai?»

«Pensavo di andare a quel locale, quello vicino a casa di tua sorella.»

Conosco quel locale, ci sono passato di fronte varie volte ma non ci sono mai entrato. Troppo affollato.

«Sì, ho capito. Per che ora?» Mi appoggio allo schienale del divano, seduto di fronte a lui.

«Per le otto?» Annuisco e dopo aver finito la sua birra, Jay si alza. «Va bene, amico. Vado. Ci vediamo lì direttamente.»

«Okay.» Lo abbraccio, scontrandomi con i suoi muscoli.

Passo il pomeriggio tra pulire la casa, preparare la lezione di domani e andare in palestra. Verso le otto e dieci parcheggio di fronte al Street Point. È locale che sembra avere una sua dignità e fama. Appena entro, sento un forte odore di tè unito a quello di alcool. Ci sono molte persone sedute che fanno conversazione tra di loro, bisbigliano.

L'atmosfera è armonica, tranquilla, ideale per chi vuole godersi una serata bevendosi qualcosa in un'armoniosa compagna.

Mi siedo al tavolo in fondo, vicino al grande piano-forte.

«Posso portarti qualcosa?» chiede una ragazza, giovane e attraente.

«Sì, del succo d'arancia per ora.» Lei annuisce, mentre i suoi occhi cercano di sedurmi. Le sorrido, per rispetto e lei mi lascia solo. Apro il libro che mi sono portato, E l'eco rispose di Khaled Hosseini e comincio a leggerlo.

Mentre sono immerso tra le pagine di questo libro, la stessa ragazza di prima mi porta il bicchiere pieno di liquido arancione. «Grazie.»

Lei sorride, uno di quei sorrisi che ho visto sulle labbra di molte mie studentesse. Quando ritorna al suo lavoro ritorno di nuovo alle pagine ricoperte di parole, intrecciate tra di loro in modo armonioso.

Mentre continuo la mia lettura, sento una dolce e soave nota dello strumento musicale che mi è vicino. Le note proseguono e quando alzo gli occhi dalle mani che giocano con i tasti vedo una faccia famigliare.

Emma è seduta sullo sgabello mentre il corpo si muovo avanti e dietro al ritmo della musica che lei stessa sta producendo. I suoi occhi sono come incollate all'oggetto di fronte a lei mentre le sue dita fanno la loro magia.

Adesso che la osservo, in questo momento, noto un'espressione serena sulla sua faccia. Quasi la ragazza dagli occhi spenti non esista più. Sembra vivere e non solo respirare.

La melodia che produce è così angosciante, quasi volesse comunicare qualcosa. Ci sono acuti, come uno strillo e poi gravi come un lamento, agonizzante.

Il modo in cui alcune ciocche dei i suoi lunghi capelli neri cadono in avanti mi ricorda il modo in cui i pittori dipingono le dee.

I suoi occhi si spostano dallo strumento al quaderno sul tavolino alla sua destra. Nel momento in cui sta per girarne le pagine, i suoi occhi incontrano i miei.

Ecco a voi un nuovo capitolo. Vi presento con più dettagli Cody. Anche lui ha una sua storia che si svilupperà piano piano.

Sono contentissima che voi state apprezzando questo libro e mi fate venire più voglia di scrivere. 

Se vi piace il capitolo votate, condividete e commentate ;D

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Io dico sempre: CHE PASTA!!! e poi  mi viene fame!

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