Capitolo 7

7.6K 287 25
                                    



«Cody» ma appena mi accorgo di averlo chiamato per nome, mi correggo, «Mi scusi, Mr. Bates,» balbetto mentre l'imbarazzo si impadronisce di me.

Lui sorride divertito mentre tiene in mano un libro. Come mai non mi sono accorta prima della sua presenza?

«Tranquilla, non siamo a scuola quindi puoi anche chiamarmi Cody.» Annuisco, guardandomi intorno.

«Non posso parlare, sono al lavoro. Quindi...» Non riesco a concludere la frase, pensando di sembrare maleducata.

«Certo, continua pure. Sei molto brava.»

«Grazie.» Gli sorrido cordialmente mentre sento tutto il sangue fluire verso le guance.

«Posso rimanere qui o preferisci che mi sposti da qualche altra parte?» Sistemo dietro l'orecchio, le ciocche ribelli. In realtà, non lo vorrei così vicino, a distanza di appena due metri ma lui è un cliente quindi non posso chiedergli di spostarsi solo perché mi sento a disagio.

«No,» balbetto. «No, non c'è bisogno che ti sposti,» dico in tono cordiale.

Le sue labbra si piegano in un sorriso mozzafiato, quasi ipnotizzante. Cerco di riprendere il controllo della mia mente, offuscata dalla sua presenza e comincio a suonare il pezzo successivo.

Faccio un respiro profondo, adagio le mani sui tasti bianchi e neri e mi lascio trascinare dalle note melodiose.

Mentre suono, sento i suoi occhi su di me o forse è solo una mia impressione. Li chiudo, per non essere distratta dal ragazzo accanto a me, vestito in modo casual e con un libro in mano.

Suono alcuni motivi che io stessa ho scritto e altri che ho imparato negli anni.

Il mio amore per la musica è nato quando avevo dodici anni. Suonavo a scuola, in biblioteca, nascosta da tutti quanti. Poi, un giorno, l'insegnate di musica mi ha sentita mettere insieme note disarmoniche tra di loro e si è offerto di insegnarmi le basi. In un anno sono migliorato molto e finalmente ho cominciato a partecipare ai concorso. Da qual giorno a questo momento il mio desiderio di suonare è andando crescendo e quando ho capito che i soldi dell'assicurazione lavorativa di mia madre non sarebbero stati abbastanza per pagare le bollette, comprare cibo e pagare la benzina per la macchina ho cominciato a cercare lavoro. Per mia fortuna, Mr. Singh cercava una pianista e io riesco così a portare a casa qualcosa in più.

Suono l'ultima nota per la serata e la allungo per segnalarne la fine. Appena finisco, sento qualcuno applaudire, dalla cosa dell'occhio capisco che è Cody, seguito due secondi dopo dagli altri.

Sono combattuta dall'alzarmi e ringraziare con un inchino o stare seduta. Non voglio mettermi in mostra di quanto lo sia già e quindi decidi di dire: «Grazie.»

Dopo il cessare degli applausi, chiudo io mio quaderno, prendo il mio cellulare. Cerco di non guardare il mio affascinante insegnante di Letteratura mentre lo faccio. Giro e proseguo verso l'uscita per lo staff.

«Emma!» sento la voce famigliare di Cody seguirmi. Nel momento in cui mi giro me lo ritrovo davanti. È più alto di me di diversi centimetri. Da così vicino riesco a distinguere il profumo maschile che inebria i miei sensi. È intenso.

I suoi occhi sono fermi nei miei. «Sì, Mr. Bates?» chiedo facendo un passo indietro mentre metto al loro posto gli occhiali.

Lui rimane in silenzio. Alzo gli occhi dal pavimento per guardarlo.

I suoi si abbassano e seguendoli mi accorgo che ha un foglio tra le sue mani. «Credo ti sia caduto questo.»

Posso confermare che sia mio, lo capisco dal titolo: Stay. Lo prendo e lo inserisco al suo posto. «Grazie, Mr. Bates.»

Lui mette le mani nelle tasche dei jeans. «Puoi chiamarmi Cody.»

«Già. Grazie, Cody.» Gli sorrido dolcemente. Lui fa lo stesso. Guarda verso la porta di uscita. «Posso accompagnarti fino alla macchina?»

Guardo prima la porta e poi lui. «Sì.»

Ci incamminiamo e prima che possa aprire la porta lo fa lui, da vero gentiluomo.

«Grazie.»

Lui non risponde e mi segue. «Quindi lavori qui?»

«Sì,» ammetto mentre proseguo verso la macchina, guardando la strada di fronte a me.

«Hai creato la magia lì dentro.» Muovo la testa per segnare il locale dietro di noi.

«No, sono solo motivi che suono da tanto tempo.» Banalizzo con il gesto della mano mentre lo fisso negli occhi marroni. Guarda l'orologio e capisco che non dovrei trattenerlo. Sto per salutarlo quando lui mi sorprende con le sue parole, «Buon compleanno.»

Inarco le sopracciglia, rischiando di far cadere i miei occhiali. «Come lo fai...» balbetto.

Incurva le labbra da una parte, mostrandomi una lieve fossetta sulla guancia destra. «Sul registro di classe sono scritte anche le date di nascita.» Quasi mi ero dimenticata che è un mio insegnante.

Stupida Emma!

Rimango comunque sorpresa che abbia notato la data. «Grazie.» La sua espressione si addolcisce e si nasconde nelle spalle.

Noto innocenza nei suoi movimenti e cordialità nella sua voce. Non riesco a pensare a lui come ad un insegnante. Lui potrebbe essere un qualsiasi giovane ragazzo con cui ragazze della mia età potrebbe uscire. Mi confonde, la sua presenza mi confonde molto.

«Così mi intimidisci però.» La sua voce bassa e profonda mi distrae, facendomi notare che lo sto osservando, in maniera non appropriata.

«Scusa.» Abbasso gli occhi «Credo, dovrei andare. Mia madre mi starà aspettando.»

«Certo,» prima di ritornare nel locale aggiunge, «Ci vediamo a scuola Emma.» Io annuisco e apro la portiera della mia macchina. La metto in moto e senza guardare lui che è ancora fermo proseguo sulla mia strada.

Guido mentre Christina Perri canta Human in sottofondo.

La cantante ha ragione, d'altronde noi siamo solo essere umani, dei fragili essere umani che però sfidano la natura ma non riescono mai a vincere contro la morte.

La morte ci porta via tutto, per un secondo. Ci lascia distrutti, come quando il vetro cade e si rompe. La morte lascia una ferita che non si risana, mai. Anche solo il suo pensiero causa una sensazione tenebrosa nel nostro cuore.

«Sei forte. Sei forte. Sei forte.» ripeto a me stessa mentre parcheggio di fronte a casa mia. Non voglio entrare, non ancora. Non sono pronta. Asciugo le lacrime e faccio un respiro profondo. «Non è successo niente.»

«La speranza è quella cosa piumata che si viene a posare sull'anima. Canta melodie senza parole e non smette, mai»

Mi sforzo di sorridere. Non ci riesco. Ogni volta è sempre più difficile. Prendo la bottiglietta dell'acqua e bevo un sorso. Appena scende per la gola, lenisce il senso di bruciore che sale dal petto.

Scendo dalla macchina ed elimino la distanza tra me e i gradini. Sento la porta aprirsi e so che Emily sta per uscire. «Eccoti, tesoro.»

«Ciao.»

«Tua madre sta dormendo. Ti ho fatto della pasta per domani,» dice a bassa voce per non disturbare il silenzio che ci regna intorno.

«Grazie.» La abbraccio quando scende i gradini.

«Va bene, adesso vado,» mi bacia sulla guancia, «Ciao.»

«Ciao.»

Mi siedo sui gradini, appena rimango da sola. Le lacrime sono sempre pronte come u fiume in piena. Singhiozzo mentre penso alla mia vita.

«Stai bene?» sento una voce maschile.

Ecco un altro capitolo. Sembra che Emma non sei proprio immune al fascino del nostro carismatico Cody.

Voi come pensate procederà la storia?

E secondo voi chi è questa voce maschile?


ShelterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora