«Cody, puoi portarmi via da qui?» chiedo mentre sono seduta sul divano accanto a lui. Sindy è ritornata a casa dopo che le pompe funebri hanno portato via il corpo freddo di mia madre. Ho chiesto a Emily di andare a riposarsi, sembrava distrutta e anche se ha protestato all'inizio ha accettato. Heidi è ritornata a casa sua già qualche ora fa. Adesso, ci siamo solo io e Cody qui e il silenzi che regna intorno a noi mi porta troppo lontana con la mente.
«Certo,» si alza subito, «ti poro da me.»
Annuisco mentre sono incatenata tra il presente e il passato: sto immaginando mia madre seduta qui, su questo divano che ride e di fronte a me ho Cody che mi ricorda il motivo per cui è qui.
«Vado a prendere le mie cose e ritorno.»
«Ti posso aiutare?»
Mi alzo e scuoto la testa in cui scorrono una dopo l'altra le immagini della persona che mi ha dato vita. «Tranquillo, hai già fatto troppo.»
Mi prende la mano, costringendomi a guardarlo negli occhi. «Non allontanarmi da te.» Annuisco stanca, senza pensare molto su ciò che ha detto.
«Vado a prendere le mie cose,» ripeto con occhi che bruciano dalle troppe lacrime versate ma mai abbastanza.
«Va bene, io ti attendo qui.»
«Va bene.» Raggiungo a passo pesante la mia stanza. Prendo una borsa e ci metto qualche maglietta e pantaloni senza badare a cosa sia. Il vestito bianco, che ho tolto su consiglio di Sindy, è ancora sul letto e anche se debba appenderlo nell'armadio non ne ho le forze, quindi lo lascio lì, dove si trova. Vado in bagno e prende il necessario. Mentre sto mettendo il tutto nella borsa l'idea del funerale mi martella nella testa.
Devo prendere qualcosa da mettermi per domani ma non ho niente che si possa considerare adatto al funerale colorato che mia madre ha espresso di volere. Molto probabilmente lo chiederò a Sindy.
Scendo al piano di sotto e sento Cody parlare con qualcuno al telefono: «Certo, possiamo posticiparlo?» attende la risposta e aggiunge, «Perfetto, la ringrazio. Arrivederci.»
Intanto lo raggiungo con la borsa in mano. «Andiamo?» Annuisco. «Non prendi il quaderno degli spartiti musicali?» guarda verso lo strumento musicale che abbiamo nel soggiorno.
Senza dire niente prendo il quaderno, aperto su Stay, era il mio brano di speranza. L'avrei suonato quando la mamma si sarebbe ripresa. Che ingenua che ero.
«Andiamo?»
Respiro a fondo. «Andiamo.» Prendo il quaderno e mi incammino verso la porta, accanto a Cody.
«Dammi questo.» Prima che me ne accorga Cody ha preso tutto dalle mie mani. Prendo le chiavi dal mobiletto all'entrata e spengo tutte le luci mentre Cody apre la porta. Esco anch'io e quasi mi esce spontaneo dire: «Ciao ma...» ma mi fermo, accorgendomi che ormai nel buio della casa, lei non c'è più.
Sento lo sguardo di Cody su di me ma lo ignoro e chiudo a chiavi la porta.
Cody prende delle chiavi e al tocco di un pulsante la sua macchina si apre. Mi tiene la porta aperta e mi siedo mentre lui mi raggiunge, mettendosi al posto del guidatore. Posa ciò che ha in mano sui sedili anteriori e comincia a guidare attraverso la città.
Io invece appoggio la fronte al finestrino e cerco di distrarmi dai miei pensieri ma è inutile. Niente sembra funzionare. Ho un groviglio di immagini nella testa. Chiudo gli occhi e finalmente è tutto buio.
«Emma, siamo arrivati.» La mano calda di Cody mi accarezza la guancia. Apro gli occhi, un po' disorientata. Mi giro verso l'uomo che è seduto accanto a me, sforza un sorriso con quegli occhi intensi. «Siamo arrivati,» mormora.
Annuisco guardandomi intorno, siamo in un garage, illuminato intensamente da luci artificiali e la luce solare.
Esco dalla macchina, dopo aver preso la mia borsa e il mio quaderno. Cody chiude la macchina e mi raggiunge. Mi prende per mano, dirigendomi verso un ascensore. Attorno, vedo parcheggiate solo macchine costose, come d'altronde la sua.
Nessuno di noi due parla e ringrazio che lui non inizi una conversazione perché non ho le energie né anche per respirare.
Le porte dell'ascensore si aprono ed entriamo senza che lui lasci la mia mano. Preme un tasto e cominciamo a salire, credo. Guardo il metallo di fronte a me e penso a quanto le mie giornate siano dinamiche: la mattina avevo una madre e adesso lei non c'è più. Un sorriso sarcastico si forma sulle mie labbra. L'ascensore si ferma e le porte si aprono, in un corridoio, come quelli degli hotel.
«Vieni la nostra casa è di qua,» Cody mi informa con dolcezza. Lo seguo a sinistra e ci ritroviamo di fronte ad una porta con su scritto il suo nome e cognome.
Tira fuori le chiavi dalla tasca e apre la porta di casa sua.
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Shelter
ChickLitEmma, 18 anni, studentessa modello al Belling High School, affronta con coraggio la vita ogni giorno. La madre ammalata di cancro, il lavoro di notte e l'ambiziosa borsa di studio per Standford University non le permettono distrazione. I suoi gior...