Cody
Non ha mai parlato tanto, meglio, da quando la conosco non ha parlato molto ma questo silenzio tra di noi è straziante. Secondo la psicologia, il pianto aiuta ad elaborare il lutto ma anche se lei ha versato tutte le lacrime che aveva sembra ancora intrappolata in una dimensione spazio-temporale lontana.
Vede ma non guarda, sente ma non ascolta.
«Eccoci arrivati a casa,» dico mentre entriamo ma lei è come ipnotizzata, guarda di fronte a sé ma so che non è qui con me, è altrove e vorrei sapere tanto dove. «Vuoi riposarti?» chiedo.
Mi guarda assente e annuisce.
«Vieni, la stanza è di là.» Le prendo la borsa e il quaderno dalla mano e li metto sul tavolino del soggiorno, quindi le prendo la mano e la conduco verso la mia stanza. Cammina accanto a me silenziosa e persa, quasi sia solo un corpo che respira e niente di più: è distrutta.
Ha bisogno di tempo e vorrei lasciarglielo.
Accendo la luce della stanza e aiuto la ragazza di capelli scompigliati a sdraiarsi, le tolgo gli occhiali e li metto sul comodino, infine, la copro con una coperta. Continua a guardare il soffitto senza battere ciglio.
«Emma, dovresti dormire.» Mi guarda, annuisce e chiude gli occhi. Rimango in piedi accanto al letto, ad osservarla mentre dorme. I suoi muscoli facciali sono tirati quasi stia rivivendo ad occhi chiusi una catastrofe.
«Rilassati,» sussurro mentre le accarezzo la fronte.
«Leggimi qualcosa,» dice ad occhi chiusi.
«Arrivo subito.» Vado a prendere un libro dal soggiorno. Ritorno nella stanza e mi siedo accanto al letto, sulla sedia. Con una mano tengo il libro aperto e nell'altra tengo la sua.
Comincio la mia lettura, piano e con voce delicata, continuando finché non sento che respira profondamente.
È solo una ragazza di diciotto anni, non dovrebbe attraversare tutto questo. Nessuno a quest'età dovrebbe essere così frantumato come il vetro andato a pezzi. Il destino ha sempre giocato secondo le sue regole. Noi essere umani siamo come i suoi burattini: ci dirige come le pare e piace. Non c'è uno scampo di uscita e oggi è toccato a questa ragazza ad essere la vittima.
Rimango a guardarla, dormire beatamente, come se la morte della madre sia stato un brutto incubo e quando si sveglierà la ritroverà accanto. Mentre sono perso nei miei pensieri sento qualcuno suonare alla porta. Mi alzo subito e corro per evitare che Emma si svegli. Appena apro la porta mi ritrovo Serena, nei suoi vestiti eleganti davanti a me.
«Tutto okay?» mi chiede un po' preoccupata.
Scuoto la testa, e le indico di entrare.
«Cosa succede?»
Porto l'indice alle labbra per indicarle di fare piano. «La madre di Emma non c'è più.»
«Mi dispiace.»
Sospiro. «Anche a me.» Camminiamo fino al divano e ci sediamo, silenziosi.
«Come sta Emma?»
Passo la mano nei capelli, e respiro a fondo, stanco. «Distrutta. È qui con me comunque.»
«È qui?» urla, decisamente scioccata.
«Stai calma, si è appena addormentata.» Chiude gli occhi, conta fino a tre e li riapre. «Non potevo lasciarla da sola.» Annuisce.
«Ma non ha una famiglia?»
«Sua madre era la sua unica famiglia quindi no,» ammetto un po' seccato dalla sua reazione.
Mia sorella annuisce, «Allora hai fatto bene.» Sorride leggermente. «Come ha reagito?»
Ripenso a come si è comportata e descrivo in minimi dettagli il tutto.
«Le servirà tempo. Sta cercando di opporsi al dolore cercando di dimostrare a se stessa che è forte.»
«Io cosa posso fare?»
«Starle vicino e farle vedere che non rimarrà sempre incatenata in questa situazione. Devi farle capire che esiste altro fuori dal cerchio in cui si trova.»
Annuisco anche se non capisco come potrò fare tutto questo. «Come però?»
«Ad esempio se lei ha sempre fatto una cosa con sua madre devi farle vedere che può fare la stessa cosa senza sua madre.»
«Quindi, devo farle capire che può vivere senza sua madre?» chiedo un po' confuso.
«Esatto,» risponde Serena con voce decisa.
«Comunque perché sei venuta?»
«Niente era per la festa di mamma e papà ma tu hai altro di occupartene quindi adesso vado.» Si alza subito e mi abbraccia forte. «Prenditi cura di lei.»
Annuisco. «Lo farò.»
Accompagno la donna più forte che conosca fino all'uscita e ritorno nella stanza dove Emma dorme.
La strada verso la felicità non sarà facile ma cercherò in tutti i modi di portarla lontana dal dolore così come Serena lo fece per me.
Mi ricordo benissimo la prima volta che la incontrai, stava leggendo il suo libro blu delle favole. Appena mi vide saltò giù dal letto e corse per abbracciarmi come se mi conoscesse da anni. Jules e Catherine non lo fecero perché avevano paura che non lo avrei voluto ma Serena non si interessò di tutto ciò. Mi portò nella sua stanza, mi fece vedere le sue bambole e mi regalò un pupazzo, il suo migliore amico.
Mi ricordo ancora quello che mi disse: «Adesso è tuo. Puoi dirgli quello che vuoi, non si offende né anche.»
Era la prima volta che qualcuno mi aveva voluto bene senza pretese, come mia madre. Nel momento in cui sto per uscire dalla stanza sento la voce di Emma, «Cody,»
Mi giro per vedere un'Emma seduta sul letto che mi guarda con occhi che mostrano solo agonia.
«Sì?»
«Non riesco a ricordarmi il volto di mia madre,» dice, terrorizzata.
Ciao a tutti! Come state? La storia piano piano si sposterà verso altri intrecci. Inoltre vi vorrei ringraziare un sacco per l'appoggio che avete mostrato continuando a leggere questa storia. Vi adoro ogni giorno sempre di più.
Se vi è piaciuto il capitolo potete sempre VOTARE, COMMENTARE E CONDIVIDERE!
Inoltre ho cominciato un altro libro, una fanfic su Shawn Mendes quindi se vi va potete andare a dare un'occhiata!!!!!
Baci e ci vediamo domani con un capitolo speciale. <3
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Shelter
ChickLitEmma, 18 anni, studentessa modello al Belling High School, affronta con coraggio la vita ogni giorno. La madre ammalata di cancro, il lavoro di notte e l'ambiziosa borsa di studio per Standford University non le permettono distrazione. I suoi gior...