Capitolo 17

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Non dico niente, rimango lì in piedi in mezzo all'ospedale, abbracciata a lui. Non voglio pensare se sia giusto o sbagliato. Voglio solo la pace di questo momento. Mi sembra che i problemi siano lontani anni luce da me. Quasi mi sembra di essere immune al dolore.

«Andrà tutto bene,» ripete anche se né anche lui sembra essere convinto delle parole che sta dicendo.

«Mi ripeti la poesia, per favore?» chiedo con le corde vocali che mi bruciano dai singhiozzi. Lo sento sorridere.

«La speranza è quella cosa piumata che si viene a posare sull'anima. Canta melodie senza parole e non smette mai.» La sua voce è bassa mentre la sua mano passa tra i miei capelli, lentamente.

«Come mai ti è cara questa poesia?» mi chiede.

«Non so. Ho spesso la visione di qualcuno che me la cita prima di rimboccarmi le coperte ma non so se sia la mia immaginazione o la realtà. Ogni volta che mi sono trovata in situazioni difficili l'ho citata e continuo a farlo. Mi trasmette tranquillità. Mi sento invincibile.»

«Mmm...»

«Ti ho lasciata senza parole?» dico in tono divertito. Sento la sua risata rimbombare nel suo petto. Poi ad un certo punto scioglie la presa attorno al mio corpo e a malincuore mi stacco da lui.

Cosa stavo pensando! Stupida Emma!

«Mi dispiace...io...» balbetto mentre metto a posto gli occhiali. Guardo dappertutto che lui.

«Dovremmo parlare con i medici,» dice con voce molto decisa.

Annuisco e mi precipito verso le infermiere che stanno all'ingresso. «Salve, vorrei parlare con i medici che hanno visitato Miss Rhodes.»

L'infermiera dai capelli rossi mi guarda un po' disorientata e poi torna al PC dietro al bancone. «Mr. Collins,» mi risponde, senza emozioni.

«Può dirmi dove posso trovarlo?» Lei annuisce e ritorna a digitare qualcosa al PC.

«Paino 2, troverà il suo ufficio personale.»

Annuisco cordialmente mentre sento Cody avvicinarsi alle mie spalle. «La ringrazio.»

«Ti accompagno,» lo sento dire.

Annuisco senza girarmi. Ci incamminiamo in silenzio uno accanto all'altro. Non avrei dovuto abbracciarlo.

Entriamo nell'ufficio del Dottor Collins.

«Buongiorno,»

«Buongiorno,» mi risponde l'uomo basso e dai capelli grigi, con un'espressione dubbiosa.

«Sono la figlia di Carmen Rhodes.»

«Certo, prego entri,» mi dice seduto dietro alla grande scrivania.

Entro, con Cody accanto a me. «Sedetevi.»

Cody mette la mano sulla ma schiena, prendendomi alla sprovvista, dirigendomi verso la sedia.

Ci sediamo e lui si sporge sul tavolo per prendere una cartellina. «Ho avuto la cartella clinica di sua madre da Miss Parker e credo che lei sappia già...»

«Sì, sono consapevole del cancro,» finisco la frase per lui.

«Bene, sa se ci sono stati cambiamenti nelle cure di sua madre?» chiede lui mentre sfoglia ciò che ha davanti.

«Sì, mia madre ha interrotto di prendere i medicinali per ridurre il dolore.»

Lui annuisce mentre mi scruta con attenzione. «Sono qui per chiederle quanto è grave la sua situazione.»

«Il tumore ha preso il controllo del suo corpo dopo l'interruzione dei medicinali e il danno è irreversibile.»

Sento di nuovo il bruciore famigliare alla gola mentre Cody prende la mia mano nella sua e la stringe forte. La vista delle nostre mani incatenate l'una nell'altra mi dà coraggio perché so che qualcuno è vicino a me per raccogliere i miei pezzi dopo che verrò distrutta dal tempo.

«Quanto tempo ha?» chiedo decisa guardando coraggiosamente gli occhi del medico seduto di fronte a me.

«Settantadue ore, massimo,» dice mentre gioca con la sua penna stilografica.

Settantadue ore sono tre giorni. Non saranno ma abbastanza per creare ricordi ma sono abbastanza per darle tutta la felicità del mondo. Guardo Cody, la sua espressione riflette la mia: agonizzata.

Annuisco mentre guardo le nostre mani. «Posso portarla a casa? Vorrebbe respirare gli ultimi istanti nel suo nido personale. L'assicurazione sanitaria dovrebbe coprire le spese di macchinari ed infermiera.»

Il medico sembra contrario però eventualmente cede. D'altronde l'ultimo desiderio viene sempre accolto, specialmente sa a farlo è un paziente con il cancro.

«Chiedo subito di provvedere alla burocrazia e Miss Rhodes...» si ferma un attimo e dopo gli ultimi cinque minuti di assoluta freddezza e calma vedo uno spiraglio di emozione nei suoi occhi, «è molto coraggiosa. Tutti si meritano di avere una prole come lei.»

Gli sorrido riconoscente e mi alzo con ancora la mano in quella dell'uomo accanto a me.

«È stato un piacere,» senza lasciarmi la mano Cody saluta il medico.

Una volta che siamo fuori dalla stanza odorante di medicine, continuo a camminare con l'immagine di mia madre sdraiata sul letto dalle lenzuola bianche, pallida e fredda.

Ad un certo punto sento Cody fermarmi. Mi giro confusa mentre lui mi guarda con un senso di compassione. Si avvicina e mi prende il volto tra le mani calde e appoggia la sua fronte alla mia. Chiudo gli occhi mentre lui è pericolosamente vicino a me. Mi è mancata la calma che ritrovo in questo momento e nel suo contatto.

«Emma, ti è permesso essere debole,» mi sussurra piano. 

Finalmente Cody ed Emma sono più vicini!

Secondo me se non ci fosse stato lui accanto a lei in questo momento lei sarebbe persa. Non saprebbe cosa fare. 

Voi cosa ne pensate?

Inoltre, vi ringrazio molto per l'amore che dimostrati per questa storia. Leggo ogni vostro commento e trovo un'immensa gioia nel sapere che la storia vi sta coinvolgendo. Se vi è piaciuto anche questo capitolo VOTATE;COMMENTATE e CONDIVIDETE! 


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