Libro 2 - Capitolo 4

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«Emma, stai bene?»

«Sì, Sindy,» dico con voce stanca.

Mi guarda, scettica. «Vuoi andare a casa?»

«No, perché? Ho un'altra ora qui e poi vado in palestra.»

Annuisce. Lo vedo nei suoi occhi che si sente colpevole ma non capisco per cosa. «Sindy, sto benissimo.»

«Ma lui è di nuovo qui.»

Sorrido, con amarezza. «Non posso impedirgli di fare il suo lavoro e poi io non provo più niente per lui.»

«Sei sicura?» Mi guarda come se io possa frantumarmi da un secondo all'altro ma quella Emma non esiste più. La Emma che provava qualcosa esisteva qualche tempo fa ma adesso non più.

Le metto le mani sulla spalle. «Guardami,» la obbligo a guardarmi diritto negli occhi, «lui per me non significa niente.»

Annuisce. «Va bene. Ci vediamo a casa allora.»

«No, in realtà oggi lavoro da Gigi. Comincio alle quattro del pomeriggio e finisco tardi verso le undici di sera quindi non aspettarmi.»

Sbuffa e rotea gli occhi. «Ma non lavori un po' troppo? Non hai tempo per niente.»

Aggrotto la fronte. «In realtà faccio tutto quello che voglio,» comincio a contare sulle dita delle mani, «Studio, mi alleno e lavoro.»

Alza le sopracciglia, quasi in segno di superiorità. «Ma non fai sesso.»

«Non credo lo voglia fare.»

«Emma, dannazione!» Sento la frustrazione nella sua voce ma onestamente ormai mi sono abituata al suo continuo lamentarsi dellla mia vita sentimentale e sessuale.

«Sindy adesso devo andare. Ciao.» Le bacio la guancia e proseguo verso la mia prossima lezione. Di tanto in tanto nella mia mente appare l'immagine di Cody ma li ricaccio via subito. Non voglio pensare a lui. Non lo voglio proprio ma è così difficile ignorare il fatto che lui possa essere a pochi metri da me.


"Sono così poco importante per le persone che mi lasciano quando gli pare e piace?"

Gli occhi mi bruciano dalle innumerevole ore di pianto e adesso non mi rimangono altro che dei singhiozzi asciutti.

"No, Em. Non sei tu. Lui non ti meritava." Sindy mi consola.

L'ho amato con tutto ciò che rimaneva di me e lui mi ha lasciata così.


Dopo le lezioni mi precipito subito in palestra e l'unica cosa che vedo è la sacca da boxing.

"Emma, devi saper canalizzare le tue emozioni."

La voce di William mi risuona nella testa e comincio a tirare pugni uno dopo l'altro causando un rumore pesante che però si affievolisce tra quello degli altri che si allenano.

"Non cedere al primo che si prende gioco di te."

Tiro un altro pugno.

No, nessuno si prenderà mai altro gioco di me.

Un altro pungo.

Nessuno.

Ormai il respiro accellera e sento l'adrenalina scorrere in ogni parte del mio corpo.

«Brutto bastardo. Come ha potuto giocare con me.»

Tiro l'ultimo pungo, il più forte possibile per lasciare che la rabbia si liberi dal mio corpo.

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