Mi osservavi. Con stupore o terrore non era importante, perchè mi stavi guardando con occhi incerti da quando avevi messo piede in classe. Sembravi un completo idiota? Sì, assolutamente.
Erano i miei capelli ad avere qualcosa di strano? Disordinati come al solito, nulla di che. Forse i miei occhi? Furiosi con il mondo, no? Ormai mi conoscevi da troppo per non esserti abituato.
Non stavi fissando il mio viso, lo notai durante la terza ora, ma le mani. Continuavo a far roteare la penna fra le dita come un interessante gioco e passatempo e tu eri preso dal movimento fluido con il quale quel piccolo oggetto le stava seguendo tanto da non notare il mio sguardo scocciato che ti rivolsi. Eppure, pur sapendo di aver azzeccato la traiettoria dei tuoi occhi, non smisi di distrarmi con quel movimento dalla lezione noiosa che stava passando troppo lentamente. Come se non bastasse, il tempo durante il quale tu mi osservasti sembrò un'eternità.
Solo quando, al suono della campanella per l'intervallo, mi iniziarono a formicolare il polso, la mano ed infine anche le dita, mi fermai. Un blocco improvviso mentre respiravo e sentii le tue iridi perforarmi. Mi chiesi se anche quella mattina tu avessi la solita aria da nerd appena sveglio, ma non osai voltarmi per rispondere alla mia curiosità insensata.
Il modo con cui ti focalizzavi su di me...era intenso. Un velo di disagio, forse imbarazzo, prese il sopravvento e trasparì sulla mia pelle, che in quel momento presentava un lieve rossore sulle guance, e sentii che il formicolio delle mani si era diffuso percorrendo le mie braccia fino a raggiungere il petto. Scatenasti sensazioni nuove e sconosciute, ma ancora incomprese, in me, dal nulla.
L'ultimo passo di Kirishima, dopo aver insistito senza risultati nel trascinarmi fuori, abbandonò l'aula e le risate piene d'entusiasmo delle ragazze sfumarono fino a scomparire nella confusione sempre presente nei corridoi fra una lezione e l'altra. Un calmo silenzio, escluse le voci ovattate dei nostri compagni, era rimasto in quella stanza vuota.
Ma il mio respiro riempiva l'aria attorno a me, ancora seduto a fissare la matita sul banco lasciata scivolare sul foglio del quaderno di fronte a me.
Bastò il cigolio rumoroso di una sedia che strisciava sul pavimento e tu avevi fatto la tua comparsa dinanzi ai miei occhi, increduli di vederti, ma pur sempre furiosi nel fissarti.
Ti eri seduto al posto del banco davanti al mio al contrario, con il petto contro lo schienale della sedia e, senza badare alla mia espressione sconcertata, ti eri appoggiato incrociando le braccia al ripiano della mia piccola scrivania per poi far calare il capo e lasciarlo posare delicatamente sulla stoffa leggera delle maniche della divisa scolastica. I tuoi capelli si erano mossi e ciò catturò la mia attenzione quasi a volermi far restare paralizzato ad ammirarli. Mi avevi proprio fatto diventar scemo, eh?
Sembravi piuttosto calmo e non ti preoccupavi per nulla di una mia ipotetica reazione.
Allora perchè la tua mano tremava, producendo un susseguirsi di piccoli colpi sul banco?
In tutto questo continuavi a tenere lo sguardo sulle mie mani; avevano uno strano effetto su di te, lo scoprii quando le strinsi per il nervoso, lasciando il segno rossastro della pressione delle unghie sui palmi e tu sgranasti gli occhi, rivolgendoli lentamente alla finestra poco distante.
Era una mattina di fine settembre stupenda, si vedeva l'estate lasciare i suoi ultimi raggi e permettere al respiro dell'autunno di invadere le strade, le prime foglie iniziavano a ingiallire del tutto, altre a seccarsi e la luce del sole pareva così risplendente e triste da dare un senso di malinconia alla giornata. Quella, era una mattina meravigliosamente incomprensibile, come te.
Le mie sopracciglia aggrottate non facevano alcun effetto, non ti eri mostrato intimidito per la prima volta nei miei confronti.
Mi costò molto non incenerirti all'istante, ma proprio non me la sentivo di urlarti contro di spostarti, provavo ancora quella strana sensazione, in quel momento più insistente, gravava come un peso su tutto il mio corpo.
Mi ritornò alla mente quel pomeriggio non molto distante, quando mi ero fermato a casa tua per un tè. Me ne ero andato un po' intontito, mi ero davvero disabituato alla tua compagnia. In quell'occasione mi lasciasti andare con un sorriso ingenuo che io adorai ed odiai al contempo.
La matita rotolò e finì, con un sibilo e numerosi "tic!" a terra. Quel suono mi riportò bruscamente alla realtà, dove tu eri di fronte a me, muto, ed io nella medesima situazione sotto al tuo sguardo.
《Voglio...capire una cosa.》 affermasti incerto, ma sincero nel tono di voce.
《Eh?》 ero palesemente scocciato dal tuo comportamento insolito...non ti saresti mai avvicinato così tanto a me, specialmente a scuola, e ciò che avevi appena fatto era del tutto fuori dall'ordinario.
《Devo capire una cosa.》 avevi ripetuto con più sicurezza e quel devo sembrava aver più determinazione del voglio di poco prima.
《Non ho capito cosa diavolo centri io in questo.》
《Nemmeno io.》 ribattesti subito ed io rimasi interdetto. Mi osservasti ancora un po', non so se minuti o secondi, e ti alzasti lasciandomi piuttosto confuso.
Cosa intendevi con "devo capire una cosa"?
Ed io? Non ti avevo detto nulla nè trattato male...ma che mi era preso?
Con questi dubbi mi parve che la giornata avesse preso una piega piuttosto inaspettata.
Aspettavo solo di buttarmi sul materasso in camera mia, ansioso di far smettere tutto quel via vai di domande che avevo in testa, tuttavia, tu non mi lasciasti altra scelta se non restare ad aspettare il treno, dopo scuola, con un groppo in gola che mi lasciava senza respiro ad intervalli di tempo irregolari.
Scatenavi così tanto in me, te ne eri reso conto o anche tu eri confuso?
Tra di noi si era formata una strana quiete che non osava accennare a scomparire e cominciavo a temere che ormai non se ne sarebbe mai andata perchè sentivo che doveva essere così: sarebbe dovuta restare a farmi compagnia per un po' in attesa di una svolta che speravo non tardasse ad arrivare.
Ti materializzasti ancora un'ultima volta nella mia visuale quel giorno, sotto l'albero di ciliegio vicino alla stazione. I fiori erano appassiti da tempo e la corteccia sembrava più rovinata, ma le foglie secche si sgretolavano al vento in un elegante danza mentre tu ti appoggiavi al tronco con una mano, cercando un equilibrio per mettere a posto la scarpa sinistra. Eri impacciato, però non fu questo il motivo per cui inciampasti poco dopo, bensì fui io. Avevo attirato di nuovo le tue iridi su di me e in qualche modo ti avevo inaspettatamente distratto.
Prendesti un gran respiro, stringesti gli spallacci dello zaino e, con gran fretta, ti avvicinasti a me, posizionandoti al mio fianco.
Io ero tremante di rabbia, infuriato per quel tuo strambo comportamento, eppure anche in quell'occasione, non fui in grado di urlarti in faccia una delle mie solite cattiverie.
I minuti passavano interminabili ed il treno a quanto pare era in ampio ritardo. Feci per voltarmi ed incamminarmi a casa a piedi, ma mi fermai vedendo di sfuggita la tua chioma smuoversi alla brezza autunnale.
《Cosa vuoi...Deku?》
Finalmente mi ero deciso a chiedertelo e chissà perchè ero impaziente di una tua risposta.Buon fine settimana a tutti!!!
E boh...non ho molto da raccontarvi, semplicemente confido nel fatto che questa storia stia piacendo a chiunque la stia leggendo...
Alla prossima!!!😘
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EVEN IF (Bakudeku / Katsudeku)
FanfictionL'autunno è stato un osservatore silenzioso, l'inverno un freddo accompagnatore, l'ho imparato a mie spese: il mio animo non può liberarsi, sarà legato al tuo indipendentemente dal mio volere ed esso racchiuderà per sempre i sussurri dei nostri cuor...