32 -Sicuro ed incerto (○)-

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Come avevo accennato, ecco il secondo capitolo di questa settimana!
Vorrei fare una premessa: da qui in poi si succederanno due aggiornamenti contenenti scene più esplicite di natura...beh, potete immaginare...passando oltre, ci tengo a precisare che non ho scritto queste parti per mia mera e perversa fantasia, ma per esprimere il legame di Katsuki e Midoriya al meglio. È tutto incentrato sulla visione di Kacchan e quindi il racconto assumerà un punto di vista molto personale, vi prego di tener conto delle mie intenzioni mentre leggete.
Grazie❤

Indugiare davanti alla porta di casa tua sembrava essere una mia prerogativa. Mi avevi detto di entrare senza farmi problemi, era aperto e tua madre non era in casa...tuttavia i miei piedi si rifiutarono di nuovo, per qualche istante, di fare anche solo un passo avanti. Avvertii un senso di terrore farsi strada dentro di me. Quell'entrata, così semplice e inoffensiva all'apparenza, mi avrebbe in realtà condotto al più grande problema irrisolto in cui mi fossi mai imbattuto prima di allora: mi avrebbe portato a te.
Quel giorno ti avvertivo gravare come un peso sulla mia mente in modo differente.
Comparisti dinanzi a me, forse stanco di aspettare che abbassassi la maniglia.
《Farai così ogni volta?》 Mi fissasti con un'espressione infastidita e divertita assieme.
《Su, ti perdono il ritado di un'ora, ma adesso vedi di muoverti.》
Mi strattonasti, afferrando il mio braccio, all'interno del tuo appartamento ed io rischiai d'inciampare dalla forza con cui il mio corpo fu tirato in avanti.
Mi voltai irritato dal tuo modo di fare, pronto a rivolgerti un'occhiataccia, ma non appena lo feci il tuo viso si materializzò vicino, anzi, attaccato al mio.
Lasciasti un bacio leggero sulle mie labbra e con quel gesto mi impedisti di mostrare il mio disappunto.
Sbuffai e misi il broncio mentre ti allontanavi di un passo; eri felice, sorridente fin troppo per i miei gusti, ma in fondo era anche per questo che il tuo volto mi piaceva tanto, trasmetteva una sorta di piacevole calma.
Stavi lì, a poca distanza, con pantaloni da basket e t-shirt, come se il freddo dell'autunno ti fosse indifferente, le mani portate a stringersi dietro la schiena, uno sguardo che sprizzava felicità in ogni direzione...la mia sola presenza aveva un tale effetto su di te?
Un brivido mi percorse piano espandendosi a partire dal petto fino ad ogni mia estremità. Possedevi una qualche specie di potere su di me, lo percepivo.
I tuoi piedi si mossero, io ti seguii fino al corridoio e quando entrammo in soggiorno mi sentii più leggero. Era un ambiente che piano piano stava diventando familiare.
Passai vicino al tavolo mentre tu ti dirigesti con tranquillità verso la cucina, dove ti osservai distrattamente iniziare a tirar fuori un paio di pentole, pensai avessi già in mente qualche piatto da preparare e lentamente, con il fruscio dei tuoi vestiti, i passi come tonfi sordi, il rumore metallico del coperchio di sottofondo, mi sfilai la giacca e l'appoggiai allo schienale di una sedia. Controllai un'ultima volta il cellulare dedicando uno sguardo veloce ai numeri 11:43 che stavano a segnare l'ora e mi avvicinai al ragazzo indaffarato vicino alla dispensa.
Eri voltato di schiena, un braccio alzato per afferrare una scatola di riso, una mano appoggiata al piano della cucina. Mi incantavi anche con gesti banali come quelli.
Non so cosa lo avesse scatenato, ma non mi opposi all'incontenibile istinto che mi prese poco dopo.
Percorsi tremante la distanza che ci separava con un pensiero fisso in testa.
Sussultasti quando le mie mani sfiorarono la tua vita, passarono sul tuo addome e chiusero infine la stretta attorno al tuo busto in un timido ma forte abbraccio.
Appoggiai la testa sulla tua spalla sinistra e attesi con ansia una tua reazione.
Era bello abbracciarti, lo sai?
Passarono secondi interi in cui il tuo corpo mi parve teso all'inverosimile e temetti di esser stato indiscreto, ma quando stavo per allentare la presa la tua mano si insidiò con delicatezza fra i miei capelli ed io espirai sollevato stringendoti un po' di più.
Attraverso la soffa della maglia sentivo la tua pelle, il tuo petto alzarsi e abbassarsi al tuo respiro lento, non lo vidi, ma immaginai la tua espressione, gli angoli della bocca piegati leggermente a formare un accenno di sorriso, le palpebre forse erano socchiuse, le guance arrossate.
I miei occhi si posarono sulla finestra poco distante da dov'eravamo noi, attraverso il vetro si poteva vedere il vento far vorticare le foglie degli alberi, quasi si percepiva l'odore di secco, tratto distintivo dell'autunno, farsi strada per le vie della città.
Volevo sentire un calore in grado di riscaldare il mio cuore in quella giornata tanto fredda e quell'abbraccio era l'ideale.
《Mi piace...quando sei così.》 Tirasti appena alcune ciocche della mia chioma ed io mi sentii avvampare all'udire di quella tua frase.
Mugugnai qualcosa contro la tua spalla in imbarazzo ed il tuo petto cominciò a sobbalzare al ritmo della tua risata; fu breve, un suono cristallino che si propagò nella stanza come una melodia.
《Oggi sei particolarmente taciturno, mh?...beh, vedrò di sforzarmi di comprenderti al meglio.》 Affermasti.
《Mmpff》 fu tutto ciò che seppi risponderti.
Non lo facevi già? Non ti eri specializzato in questo: nel decifrarmi? Forse ti riusciva così bene e spontaneamente che ormai non ci facevi più caso.
《Non che non mi piaccia stare così, ma c'è un pranzo da preparare...sarà meglio sbrigarci, io ho fame, tu no?》
Ti spostati piano ed io lasciai che scivolassi via dalla mia presa, la sensazione del nostro contatto era ancora presente sulle mie mani, per te era lo stesso? Avevi ancora una rimembranza delle mie braccia intente ad avvolgerti?
Sospettai di sì quando colsi il tuo fare allegro mentre trafficavi con alcuni alimenti.
Gustammo uno squisito riso al curry quel giorno, il sapore speziato e forte della spezia lo ricordo perfettamente, lo rammento assieme alla conversazione che intrattenemmo durante quel pasto; parlammo del più e del meno, citando qualche episodio capitato a scuola di recente, fino al momento in cui i nostri piatti furono svuotati del tutto.

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