22 -Un giorno diverso-

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Il calore del liquido verdastro nella mia solita tazza è una delle prime cose che ricordo perfettamente di quel martedì 7 ottobre. Rammento bene anche il mio fare frettoloso nel vestirmi, le finestre di casa mia umide di gocce per la pioggia caduta durante la notte che avevano smesso da poco di scendere e l'attesa lungo la via principale che mi avrebbe condotto alla stazione.
Il tè, quella mattina, aveva un sapore piacevolmente diverso. Le strade avevano quell'odore di bagnato che hanno le città in giorni nuvolosi come quello ed erano poco ingombre di macchine visto l'orario...controllai sul cellulare: 7.05, ero più che in anticipo. Il treno non sarebbe passato prima delle 7 e mezza e per il nervoso, scaturito dal nulla e incomprensibilmente differente da come ero abituato, ero uscito presto di casa.
Il rumore dei miei passi era stato indistinto fra le voci che si udivano ovattate da qualche locale a cui ero passato davanti. Per quanto facesse freddo non sentii il bisogno di stringermi nel cappotto, ma quando il sole fece la sua comparsa accecandomi sospirai sollevato dal suo tepore.
Arricciai il naso e buttai fuori l'aria fredda inspirata, ormai tiepida; si vide una quasi inesistente nuvoletta formarsi davanti al mio viso, segno che la temperatura non fosse ancora troppo bassa per congelare del tutto.
Mi stavo quasi per addormentare in piedi, avevo socchiuso gli occhi beandomi del momento di calma che avevo trovato, quando un cespuglio verde passò sotto al mio naso.
Strabuzzai gli occhi e potei distinguerti fra le poche persone presenti sul marciapiede mentre diminuivi il passo e ti voltavi verso di me.
《Beh? Forza che ho freddo, sbrighiamoci ad arrivare alla stazione.》 usasti un tono falsamente scocciato e sembrasti mantenere un'aria piuttosto seria finchè, un po' stranito, ti affiancai e un leggero sorriso tradì la tua recita.
Ti osservai con quanto più stupore possibile lungo tutto il tragitto. Com'era possibile che fossi tu a camminare vicino a me?
Eppure era proprio così e mi dissi di dover reprimere quell'inadeguatezza che mi pervadeva.
《E allora...in pratica mi starai attaccato tutto il tempo?》 Dissi facendo l'indifferente nel tentativo di nascondere l'imbarazzo.
《Mh?》 Mi fissasti come se non avessi sentito bene, un sopracciglio alzato e un'espressione da completo idiota.
《Sei sordo o cosa?!》 Esclamai infastidito.
《Io non lo ripeto...》 bofonchiai rivolgendo lo sguardo da un'altra parte.
La tua risata comparve dal nulla ed io mi feci più piccolo alzando il colletto del cappotto; aggrottai le sopracciglia e sbuffai sonoramente.
《No, non proprio, ma qualcosa del genere, Kacchan.》
Il mio corpo si tese e provai una sorta di disagievole calore espandersi dal petto fino alle guance, sperai di non essere arrossito in modo indecente e soprattutto che tu non lo notassi, ma quando ti guardai vidi chiaramente la sfumatura di un rosa più accentuato che aveva preso la tua pelle e mi compiacqui di non essere il solo in quella situazione.
Immaginai che per te fosse stata un'esperienza totalmente diversa, il comprendere il tuo attaccamento nei miei confronti intendo, e mi resi conto che per me sarebbe stato complicato. A dir la verità sapevo di aver già iniziato a capirlo, ma non lo accettavo, il fatto di provare qualcosa per te. Era un sentimento indefinito, annidato dentro di me, che attendeva un sussulto del mio cuore per mostrarsi appieno ed io lo sentivo: quel momento si stava avvicinando e l'attesa era accompagnata solo da una paura inconsistente.
Mettemmo il primo piede nel vagone e mi seguisti fino agli ultimi posti, attendesti che io mi sedessi e ti appoggiasti con aria dubbiosa al sedile di fronte.
Rimuginasti un po' sul da farsi ed io, spazientito dal tuo indugiare, ti rivolsi uno sguardo a metà fra lo scocciato e il confuso.
Sembrasti assumere un'espressione concentrata, cosa che mi diede assai fastidio dato che proprio questo tuo aspetto era il motivo del mio astio che nutrivo precedentemente per te ed era un'abitudine difficile da perdere; infine i tuoi occhi mi fissarono insistentemente: eri giunto alla conclusione del tuo misterioso ragionamento.
Senza darmi qualche indizio su quest'ultimo prendesti posto vicino a me ed io decisi di lasciar perdere ogni tentativo di comprenderti.
Fu verso metà viaggio che parlasti.
《Credi sarà così anche domani?》domandasti parvendo di nuovo pensieroso.
《Cosa?》
《Se andremo di nuovo in stazione assieme...spero non sia l'ultima volta.》
Mi trattenni e non feci un qualche commento fastidioso perchè una parte di me stesso concordava con le tue parole e ormai lo avevo capito: i miei tentativi di sopprimerla erano vani.
Mantenesti uno sguardo perso per tutto il breve tragitto ed io non fui in grado di focalizzarmi su altro; non ebbi motivo di nascondermi da te, come tu non ne avevi di fuggire, perciò memorizzai bene quegli occhi che si incrociarono ogni tanto con i miei. Ero certo che, da lì in poi, ogni volta che ti avrei fissato, avrei scoperto qualcosa di nuovo, come se a poco a poco le mie emozioni stessero venendo a galla. Mi chiesi cosa sarebbe successo alla fine, quando avrei compreso appieno tutto, ma non stetti a darmi una risposta.
Il rapporto che avremmo avuto sarebbe stato complicato, spesso non ci saremmo compresi a vicenda, tuttavia raramente avremmo osato ferirci e credimi se dico che, tra i due, probabilmente fosti tu a far più male.
Per il momento quello che avevamo iniziato io e te, lo sapevo, non era amicizia, quella forse era qualcosa che difficilmente c'era stata fra noi, era qualcosa che andava oltre e, anche se non abbastanza, vi era ancora tempo perchè crescesse e avvolgesse i nostri cuori.

Fummo i primi a scendere dal vagone ingombro di persone ed io fui felice di poter respirare dell'aria fresca, ma credo che tu ne fosti più sollevato. Non appena le porte si aprirono ti vidi prendere un gran respiro, arricciare il naso e risistemarti lo zaino in spalla con fare più rilassato. Stringesti gli spallacci e, una volta che mi fui mosso, procedemmo verso la scuola.
Suppongo di non averci pensato, ma quando scorsi l'edificio in lontananza sentii una strana ansia iniziare a salire e rallentai il passo.
《Imbarazzo?》
Rabbrividii alla tua domanda e purtroppo fui costretto a darti ancora ragione...a modo mio.
《Tsk, figurati.》 Dissi solo questo e ti sorpassai con una faccia dall'espressione visibilmente corrucciata. Tu non mi seguisti, ma mi dicesti un'ultima cosa prima che oltrepassassi i cancelli dello Yuuei.
《Provo quello che provi tu, Kacchan. È normale tutto questo.》 E la tua voce sfumò nel freddo mattutino, i miei  occhi si voltarono un'ultima volta verso di te e ti rivolsi uno sguardo stupito di sincera comprensione.
Già, era normale, come avevi detto tu. Lo era stato tutto, i baci, le emozioni contrastanti, noi.
Non so come fosse stato per te, ma il crescere lento della nostra relazione fu un terribile errore da una parte. Il motivo di questo mio pensiero contrastante con ciò che ho continuato a dire fin'ora è semplice: mi diede modo di apprezzare appieno ogni tuo particolare e questa fu la ragione del dolore che avrei provato per te, Deku, perchè più mi sarei lasciato trasportare dalla tua stretta tremante, ma forte, attorno alla mia mano, più sarei diventato fragile.
In fondo, la vulnerabilità di una persona che ama non ha paragoni, giusto?

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