36 -Memento (恋こいに落おちる。p.1)-

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Il piccolo locale in cui decidemmo di entrare poteva sembrare una scelta casuale, una che qualcuno avrebbe fatto spinto dalla ricerca di un posto caldo in cui rifugiarsi, ma le cose non stavano così.
Si trovava in una via perpendicolare a quella principale, distante dalla stazione dalla quale ci eravamo incamminati dopo aver preso il treno. Erano poche le linee che mantenevano orari così tardi, tuttavia nei giorni non festivi era pressapoco normale trovarne fino alle undici e un quarto di sera; avevamo infatti esattamente due ore e dieci minuti da passare assieme prima di tornare a casa ed io mi stavo già preoccupando al pensiero di aver, a mio parere, poco tempo a disposizione. Le ore, con te, passavano veloci o lente e sperai che in quell'occasione si realizzasse la seconda opzione e che, possibilmente, nulla rovinasse quella serata.
Avevo deciso di fare mie quelle poche ore da passare con te e giurai che non le avrei sprecate, assolutamente non quella volta. Era la nostra prima uscita non programmata, non avevamo film da andare a vedere e quindi nessun popcorn da condividere, nè tanto meno un tavolo prenotato, avevamo solamente noi stessi e questo credo che mi sarebbe bastato, dopo tutto era sufficiente essere con te, no?

Il legno del parquet scricchiolò appena e una luce calda e quasi soffusa ci investì con delicatezza al nostro ingresso in quell'ambiente a metà fra il rustico ed il moderno. Era un piccolo ristorante, talmente ristretto da sembrare una semplice tavola calda destinata a fornire un pasto veloce ai lavoratori nella pausa pranzo o una cena se appena usciti dall'ufficio, eppure l'apparenza era ingannevole.
Tavoli di forma circolare e quadrata erano disseminati qui e là, le sedie variavano a seconda del piano in legno a cui erano abbinate e numerose lampadine di design pendevano dal soffitto ad altezze diverse di pochi centimetri l'una rispetto all'altra.
Ci eravamo passati davanti due volte, indecisi su dove andare, e quasi non si notava fra tutti gli altri bar e ristoranti assai più sfarzosi; ti eri fermato, interessato da quella piccola insegna, e mi avevi tirato per la manica della giacca verso una porta che poco risaltava.
《Andiamo qui!》Esclamasti ed io non volli seguirti inizialmente, solo dopo aver notato il tuo entusiasmo decisi di lasciarti fare.
Ed eravamo lì, in quel modesto locale che, osservando, mi pareva sempre più un posto proprio da te. Un'aria tiepida e tranquilla, una sensazione strana e piacevole, era come una tua descrizione o ero io a distorcere la realtà influenzato dalla tua vicinanza?
Le tue iridi risplendevano mentre ti guardavi intorno alla ricerca di...cosa?
《Buonasera, avete una prenotazione?》un ragazzo slanciato ci si presentò con un largo sorriso.
Lo guardai male e forse tu lo notasti, poichè ricevetti una tua leggera gomitata sul fianco destro.
《Ehm...no.》ti vidi diventar teso e forse a disagio mentre stringevi ansioso il polsino della tua manica.
《Credo ci siano ancora dei tavoli liberi, fatemi controllare...》dal nulla, nelle mani del cameriere comparve un elegante taccuino che presto fu sfogliato con velocità.
《Sì, seguitemi.》ed eccoci seduti in quell'angolo, piatti svuotati, un bicchiere d'acqua a portata di mano e due ragazzi che avevano avuto il coraggio di superare l'imbarazzo iniziale e stavano avendo un'animata discussione su qualcosa di pressapoco...rilevante?
《Non farne un dramma, non è stato traumatico.》
《Ho davvero pensato che mi avresti ucciso, non è da riderci sopra....ehi! Cos'è quella faccia?》pensieroso e subito dopo irritato, il tuo discorso era il pretesto perfetto per divertirmi. Eri così preso da ciò che stavi dicendo che ti eri accorto solo dopo un bel po' del sorriso che trattenevo appena.
Parlavi del nostro primo scontro alla U.A., quello dove tu e quella ragazza fluttuante avevate vinto, ricordi?
Allora, ti avevo trattato con molto poco riguardo.
《Non sei corretto, come minimo dovresti scusarti.》bofonchiasti falsamente irritato ed io, una volta che tu abbassasti la testa, con quanta più nonchalanse possibile, posai i gomiti sul tavolo e sistemai il viso fra le mie mani mettendomi comodo.
《Non fare l'offeso adesso, non ti si addice quel broncio.》non ti sentii ribattere.
《Giuro che me ne pentirò...》Sussurrai a me stesso prima di cercare di attirare la tua attenzione con una frase improbabile.
《...però sei carino così.》dissi infine.
La tua reazione fu immediata. Sollevasti il volto e le tue guance si tinsero di porpora in pochi istanti. Separasti le labbra per dire qualcosa, ma rimanesti bloccato in quel modo senza saper che dire. Io sinceramente volevo sotterrarmi, ma lentamente il senso di disagio sfumò e decisi di mantenere un'aria un minimo distaccata.
《Beh, vuoi rimanere lì incantato dalla mia bellezza?》dissi alzandomi con tranquillità.
《Dobbiamo muoverci, sono già le dieci passate, rischiamo di perderci lo spettacolo.》
Protestati, come tuo solito, quando ti precedetti e pagai io anche per te, ma riuscii a farti star zitto quando, esasperato, acconsentii a farmi offrire una cioccolata calda.
Quel liquido bollente tremava ai miei passi, lo odiavo, mi stavo ustionando le dita solo per un tuo stupido capriccio e ti guardai infastidito per un po' prima di tentare di mandar giù un sorso della bevanda. Il calore si diffuse per la mia gola, ma non mi scottai e ne mandai giù un secondo, un terzo ed un quarto. Già, alla fine, con il gelo di Novembre ormai alle porte, faceva piacere qualcosa di caldo e, oltre quel bicchiere di carta che stringevo in mano, anche tu mi riscaldavi, anzi, per meglio dire, il mio cuore si riscaldava.
Tu avevi preso la cioccolata più infantile che esistesse, ma che ti si addiceva completamente: una montagna di panna sopra e polvere di cacao a completare il tutto, un concentrato di dolce con quella nota di amaro indispensabile.
Camminavi al mio fianco ammirando la nuvola bianca e spumosa davanti al tuo naso, parevi proprio un bambino.
Ti rivolsi quella che doveva essere una veloce occhiata, ma che si rivelò una lunga osservazione.
La punta del tuo naso si era immersa non si sa come nella panna e le tue iridi, incrociandosi, si erano messe a fissare quella macchia chiara sul tuo viso.
Perdonami, ma non potei trattenermi dal ridere.
Tu strabuzzasti gli occhi e mi fissasti stupito fermandoti davanti ad una delle tante vetrine dei numerosi negozi chiusi a quell'ora tarda.
Ti specchiasti in quel vetro scuro costellato dei riflessi luminosi dei lampioni che costeggiavano la via, essi fecero da contorno a quella tua chioma verde un po' spettinata. Con l'indice ripulisti quella spuma che ti aveva reso tanto impacciato e infine ti rivolgesti con aria allegra a me.
《Dove andiamo ora?》una domanda fatta con voce limpida.
In un istante, mi protesi in avanti e no, non ti trascinai nuovamente per il polso, bensì ti afferrai per l'avambraccio e lo sollevai. Notando il tuo sguardo confuso ed i tuoi brividi assai visibili, accostai il palmo della mia mano destra alla tua sinistra.
Il tuo petto si gonfió e trattenesti il fiato assorto nella contemplazione di quel contatto così semplice, ma non banale; parevi quasi studiare le mie dita lievemente tremanti contro le tue. Prendendo coraggio, piegai le falangi di scatto, intrappolando la tua mano e tu sussultasti in un primo momento, solo dopo qualche secondo osasti fissarmi e, parvendo rincuorato per qualche strano motivo dalla timida determinazione annidata nei miei occhi, rispondesti alla mia stretta.
《Ho detto che era una sorpresa. Fidati e seguimi.》quasi ti sussurrai facendo cadere il mio sguardo sull'angolo della tua bocca, sporco di cioccolata. Eri proprio un pasticcio.
La strada in cui ci trovavamo era silenziosa nonostante il rumore del traffico in lontananza e le voci e le canzoni che si udivano ovattate dai locali, pochi stavano camminando lungo i marciapiedi e quando constatai che le altre due uniche persone lì presenti avevano appena svoltato l'angolo decisi di protendermi verso di te e posare le mie labbra dove prima avevo individuato quella macchia. Restasti immobile, ma rabbrividisti allo scorrere improvviso della mia lingua lungo il sorriso che si stava formando sul tuo volto. Lasciai infine un leggero bacio a stampo, così delicato che sentii la morbidezza della tua carne contro la mia, uno sfiorarsi privo di passione, fu un gesto perfetto.
Una volta che mi fui scostato mi maledissi mentalmente: quand'avevo preso ad essere in quel modo in cui mi stavo mostrando a te?
Perchè non bevevi sempre qualcosa di dolce prima che ti baciassi? Eri ancora più irresistibile con quel retrogusto piacevole e zuccherino che lasciavi. Rischiai di non resistere all'impulso di voler assaporare ancora le tue labbra.
《Vieni.》ti presi per mano e prestai attenzione a non stringere troppo anche se l'istinto mi diceva di fare il contrario; in una sera fredda come quella, fosti come una presenza complementare alla mia e ti posso giurare che mai potrò scordare questa sensazione.

Questo capitolo era molto lungo, perciò l'ho diviso in tre parti.
Gli ideogrammi nel titolo verranno spiegati nel prossimo aggiornamento 😉

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