44 -Le loro mani tremavano-

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Quel martedì nevicava, i fiocchi turbinavano lenti mentre cadevano ed il mio corpo era stanco, lo sentivo debole. Aperti gli occhi, il bianco era stato il primo colore della città che notai e rimpiansi, come primo pensiero, di non poter guardare quel soffice paesaggio da casa mia.
Due giorni al massimo? Sì, ancora due giorni e avrei detto addio a quelle coperte pallide, all'odioso odore di disinfettante e al viso rammaricato di mia madre ogni qualvolta decideva di presentarsi, vale a dire sempre in quelle 48 ore che avevo trascorso in quell'edificio.
Lei, nonostante l'affetto che mi dimostrava, non era delicata negli sguardi che mi dava come risposta quando, in silenzio, le chiedevo, a labbra serrate, con espressione seria, un piccolo accenno che mi riportasse a te. Il tuo desiderio mi faceva visita in quegli istanti morti che passavano con le sue continue proibizioni ed io lo accoglievo solo nei miei pensieri perchè se gli avessi permesso di arrivare più a fondo, nelle vene irreali dei miei sentimenti, avrei potuto lasciarmi andare allo sconforto.
Non avevo ricordi di quel pomeriggio tanto importante, ma sapevo che la preoccupazione che ormai aveva trovato rifugio in me doveva avere un senso e pregavo che mi portasse a scoprirlo invece di condurmi al nulla. Il suono delle macchine mi riportava indietro nel tempo, su quel marciapiede in cui ci eravamo persi di vista e mi stavo domandando con sempre più insistenza quale fossero i particolari tanto importanti che persistevano nel sfuggirmi.
I miei palmi premettero sul materasso con forza, le mie gambe restarono a penzoloni per pochi istanti mentre mi sedevo e, finalmente, trovai il coraggio per sporgermi quel tanto che bastava.
Rimasi in piedi, in equilibrio instabile, il mio battito echeggiò a vuoto nella mia testa e tastai piano, a piedi nudi, le piastrelle chiare del pavimento. Ero caduto dal bordo del letto e non sapevo dire se con pesantezza o leggerezza, ma so che non sentivo freddo, che la mia pelle d'oca, con i suoi brividi, era falsa, sparsa sul mio corpo mi illudeva di poter sentire lo stesso gelo che provavo in tua presenza.
Stringendomi, camminai incerto fino alle grandi finestre; il mio abbraccio fittizio doleva, le dita erano intorpidite, il mio fianco faceva male, tanto male che mi si mozzò il respiro. Perchè non me ne ero accorto prima? Erano antidolorifici quelli che mi avevano dato la sera prima e, ancora, quella mattina?
Scostai la stoffa della maglia costretto a fare attenzione e comparve davanti ai miei occhi, su quella pelle pallida, un miscuglio di chiazze violacee. Sospirai: allora era un livido l'unico testimone dei miei ricordi. Grande come il palmo della mia mano, mi era estraneo e pensai che tremare, osservandolo, fosse giusto.
Lasciai scivolare il tessuto fra le mie dita, con le quali mi circondai nuovamente e trattenendo un lamento arrivai a cinque centimetri dal vetro gelido. La luce mi copriva con il suo velo trasparente e la neve, quei maledetti fiocchi malinconici, ebbe un effetto talmente sconvolgente: diversamente da me, essi avevano imparato, sotto ai miei occhi, a fare la loro comparsa nella mia realtà con quella morbidezza che non ero riuscito a fare mia, nemmeno con te al mio fianco. Avrei dovuto imparare qualcosa da quei cristalli di ghiaccio, sembra sciocco da pensare, ma adesso ne sono sicuro: chiunque dovrebbe avere la capacità di entrare nella vita di una persona con la delicatezza con cui la neve conferisce quella singolare bellezza a tutto, seppellendo i difetti, trasformando il tempo in un fermo immagine e scomparendo con un debole sussurro al venire della primavera perchè, forse lo sa, quello che verrà dopo sarà la sua fine e cercare di rendere la sua ennesima morte meno dolorosa è l'unica cosa che si può permettere. E poi tornerà, lenta, in un nuovo inverno.
Strinsi di più le braccia attorno al mio busto e, tastando le mie labbra secche con la lingua, sentii bruciare.
Ahi! Ancora, scoprivo nuovi segni sul mio corpo, solo che questo mi diede un tale fastidio che...che fui preso dalla rabbia. Mi morsi il labbro inferiore con forza fino a quando, restandone stranamente stupito, qualcosa di bagnato colpì le mie braccia incrociate. Sussultai prima di abbassare lo sguardo.
Rosso? Rosso. Una sola goccia, sulla mia pelle: era sangue, scuro, irriconoscibile inizialmente, ma così freddo e pauroso tutto d'un tratto.
E vidi la polvere, sentii il dolore, udii il boato, guardai il terreno con quelle macchie cremisi, tastai l'asfalto ruvido, risalii il passato con sollievo misto al terrore e giunsi con falso affanno al lunedì appena trascorso senza memoria. I ricordi, li pregai di restare, eppure li immaginai abbandonarmi. Fermo, in piedi, la mia espressione seria non era mutata, smisi di ammirare la città e con essa desiderai che sparissero le mie preoccupazioni.
Invece incominciai a tremare, circondato da un mondo che non mi stava dando illusioni, che si stava ironicamente prendendo gioco di me. Come poteva essere tutto così tranquillo mentre dentro di me avvertivo un senso d'inquietudine e di ansia imperversare come una tempesta? Stava tutto rinchiuso, limitato. Mi concessi un folle desiderio: che ne fossi sopraffatto.
Le conseguenze mi parvero pensieri inutili a cui dedicare la mia attenzione poiché in quel momento non provavo nulla, la somma delle mie emozioni, dei miei brividi, aveva dato, paradossalmente, un risultato inaspettato, vale a dire zero.
Perché? Era una cosa insensata, inconcepibile, ma assurdamente reale.
"Clack!" Un rumore, uno scatto e fuggii dai miei pensieri per poi ritrovarmici immerso nuovamente quando due occhi rossi, più scuri dei miei, fecero capolino dalla porta. Mi girai velocemente aspettandomi chissà cosa, magari la tua comparsa, e rimasi imbambolato a fissare quello che evidentemente non era il tuo viso. Il mio stomaco si svuotò di colpo, come se poche ore prima non avessi pranzato e di quel cibo insipido d'ospedale non fosse rimasto più niente.
《È permesso?》un ampio sorriso accompagnò il ragazzo all'interno della stanza senza che io rispondessi, Kirishima era fatto così: capiva le persone ed io, in quel momento, mi sentivo trasparente come il vetro a cui stavo dando le spalle.
《A quanto pare sono il primo ad essere arrivato...fa nulla, aspetteremo gli altri.》lo seguii distrattamente mentre si toglieva la giacca e la posava su una sedia. I suoi capelli erano disseminati di fiocchi di neve ormai mezzi sciolti, la sua espressione stava cercando, non so il perchè, di trasmettermi un po' di quiete.
Ma io cosa stavo facendo? Cosa stavo vedendo? Mi costrinsi a ritornare a me stesso.
Il labbro, giusto, mi bruciava.
Sollevai una mano e, ignorando il mio amico per qualche secondo, mi toccai quella piccola ferita che avevo riaperto. Mi guardai le dita e notai che anch'esse, come il mio braccio, presentavano una tinta scarlatta. Infastidito, sfregai il dorso della mano per ripulirmi il volto e diedi un'ultima occhiata al mio interno per accertarmi di essere stabile e mi rivolsi infine verso Kirishima.
《Gli altri?》domandai.
Con le mani in tasca, mi rispose avvicinandosi di qualche passo.
《Sì, Mina, Kaminari...arriveranno tutti. So che potrebbe non farti piacere, ma ho pensato-》
《No, va bene.》asserii interrompendolo bruscamente.《Tranquillo》ribadii più gentilmente pentendomi del tono duro che avevo usato, anche se lui non sembrava averlo notato《Non c'è problema.》.
In silenzio, indugiai sul suo volto per poi abbassare lo sguardo. Non ero arrabbiato con lui, ma...vedi? Avevo tanto desiderato, per due secondi, che fossi tu quel ragazzo. E mi sentivo egoista, ma non mi importava perchè nulla, in quel momento, mi sembrava più importante di te.
Che strana sensazione, è fastidiosa, lo ammetto, eppure non ho mai cercato di sopprimerla. Parlo della tua presenza, di quel tocco, su ogni mia parte, che rimane anche quando non ci sei, quella era la prima volta che la provavo. Improvvisa, sì, ma non inaspettata, accompagnava il mio respiro. Stranamente, la accolsi e le trovai il posto giusto nel mio cuore, cosa che, ormai, doveva essere un'abitudine poichè solo tu potevi essere privo di insicurezze nel trovarvi riparo. Non avevi paura? Non eri terrorizzato come me all'idea che quelle pareti potessero crollare?
L'aria stava diventando tesa senza che io facessi nulla e quando mi decisi a muovermi sentii i suoi occhi addosso.
《Potresti...?》iniziai sicuro nel domandargli se, per caso, sapesse qualcosa di quel che era successo, ma rammentai le parole di mia madre e vi rinunciai. "Non chiederlo a nessun altro, quando uscirai da qui, vai da lui", aveva detto così e mi sentii in dovere di seguire il suo consiglio.
《No.》mi rispose comunque.
《Non vorresti che fossi io a dirtelo.》mi disse come se fosse una cosa ovvia.
Si voltò verso la finestra.
《Comunque nessuno di noi lo sa o, per meglio dire, nessuno potrebbe dirti quello che vuoi sapere. Hanno lasciato tutto molto sul vago, i professori ci hanno riferito dell'incidente, nulla di più. Però, sinceramente, credevo che tu potessi darmi altre informazioni.》
Lo fissai stranito, non capivo come potesse sembrare tanto tranquillo, davvero.
《Scusami, so poche cose. Le immagini vanno e vengono, quel vecchio che mi ha visitato ha menzionato qualcosa su uno shock e da ciò che sono riuscito a capire dovrei riuscire a ricordare tutto in poco tempo.》
Parlavamo di cose importanti, eppure mi sentivo estraneo a quei discorsi, completamente staccato dalla realtà.
《Ci hanno insegnato ad affrontare le cose più difficili dimenticandosi di quelle semplici, non credi?》affermò improvvisamente ed io, sul momento, mi trovai impreparato a formulare una risposta, ma, alla fine, mi bastarono pochi secondi.

《Sì, è vero.》

Eravamo dei bambini che si rifiutavano di diventar grandi o forse...forse eravamo due ragazzi cresciuti troppo in fretta che si fingevano molto più giovani? Eppure ci rimaneva ancora tanta strada da fare.
Le persone corrono continuamente, ma io, a quel tempo, avevo come l'impressione di essermi fermato. Dovevo lasciare tutto a parte te, ogni cosa che mi aveva destabilizzato, ogni distrazione, forse persino alcuni ricordi. Con la convinzione che sarebbe stata la scelta giusta, lo promisi a me stesso: in quei due giorni che ci separavano sarei diventato quell'illusione su cui entrambi avevamo fatto affidamento, avrei smesso di mentire e avrei trovato il modo per stare al tuo fianco senza cadere ad ogni passo perchè, fino ad allora, avevo ignorato i miei continui affanni. Non che non avessi trovato difficile il camminarti appresso, ma ormai dovevo smetterla di dar così poca importanza a me stesso, di farmi trasportare dagli eventi, perchè mi ero convinto di essere impotente quando la realtà era il completo opposto della mia visione.
Io potevo avere il controllo.

《Fai piano! Insomma, ma sai camminare?!》Un urlo sussurrato ed un tonfo sordo precedettero l'arrivo, o per meglio dire, la caduta di Kaminari. Un ammasso informe era appena precipitato a terra e si era letteralmente spalmato sul pavimento proprio dinanzi alla porta e lì, dietro di questi, Jiro si stava trattenendo dallo scoppiare a ridere mentre il ragazzo tirava su la testa con fare imbarazzato. Lui era un tipo che, più di altri, non ero riuscito a comprendere fino in fondo per quanto fosse semplice. Non sembrava molto sveglio, tuttavia mostrava determinazione e, soprattutto, si era rivelato un buon compagno e amico; sopportava le prese in giro di quella ragazza dai capelli viola e, stranamente, pareva felice di farla sorridere.
Così, con rumorosi fruscii di stoffa, si alzò e, ancor prima che gli altri dietro di lui fossero entrati, guardò Kirishima, poi me, e gli si illuminarono gli occhi.
《Allora stai bene! Sai? Con tutte le notizie che son girate ci siamo preoccupati.》disse con un sorriso a cui, davvero, non seppi come rispondere.
《Su, non dire così, alla fine tutti sapevamo che non potevi esserti fatto più di un graffio, no?》un ciuffo di capelli rosa ondeggiò dietro Kaminari e così arrivò Mina, la quale si appoggiò con noncuranza sulla spalla del compagno.
《Ti direi che sei mancato alla classe, ma mentirei.》mi guardò seria. Come avrei dovuto reagire? Erano vere le sue parole?
Aspettò che socchiudessi le labbra per dire qualcosa per riprendere a parlare.
《Altro che sentire la tua mancanza! La scuola non è la stessa senza di te e Izuku, è diventata piuttosto silenziosa. Dovete tornare il prima possibile!  Perciò eccoci qui! A proposito, scusa il ritardo Kirishima.》 aveva sorriso per tutto il suo breve discorso. Perché?
Realizzai di star fissando i miei compagni di classe con stupore.
Momo, Sero, Tsuyu, persino Uraraka, per quanto non mi aspettassi di vederla, mi stavano sorridendo. Poi, qualcosa mi si bloccò in gola.
Mi irrigidii, inspirai e raggelai.
Forse non lo aveva fatto intenzionalmente, no, lei non poteva saperlo, tuttavia lo aveva detto...aveva pronunciato il tuo nome.
Ma forse io vedevo le cose in modo diverso, perchè, solo adesso posso dirlo con certezza, le loro mani tremavano.

Hey, come va?
Ammetto di non sentirmi molto bene in questo periodo, per questo vi avevo detto che un sabato potrebbe saltare l'aggiornamento...le giornate sono pesanti e spero non sia lo stesso per voi.
Qui ha nevicato tanto per tre giorni e tutto è sepolto nel bianco, molti miei compagni sono assenti e non ho voglia di fare qualcosa della mia vita😅
Avete qualche serie anime da consigliare? (Brevi, se possibile)

Oggi dovrei studiare fisica, ma sinceramente non me la sento (domani mi uccido di studio), quindi devo ossessionarmi ad un'altra serie, no?

EVEN IF (Bakudeku / Katsudeku)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora