La luce era gelida. La ricordo, si infilava fra le fessure della spessa stoffa delle tende, raggiungeva i piedi del letto, saliva, saliva, percorreva le lenzuola chiare, si posava sulla coperta verde pallido e continuava la sua corsa, furtiva, verso una mano immobile. Le gambe ferme, i brividi lungo le braccia, la fastidiosa ed inadeguata morbidezza del cuscino sotto la testa pesante, quel bagliore mi sfiorava le guance portando solo freddo. Cos'era? Cosa mi stava sfuggendo dalla mente? Ho dimenticato, o così fingo di credere, ma il calore, lo smarrimento, tutto resta nitido in fondo alle mie memorie. Ti accuserò, potrei arrivare ad odiarti, ti affiderò me stesso come se le mia volontà fosse venuta a mancare, me ne pentirò e avrò paura, ma non cadrò, non lascerò che qualcosa ti porti lontano da me perchè mi stai reggendo. Io ho bisogno di te, lo sai?
Un giorno mi consumerai, lo sento, ed io sarò impotente con felicità solo perchè ti potrei dedicare l'ultimo mio pensiero. E sarà il tempo a portarmi via, potrà essere doloroso, ma non avrò il coraggio di temerlo; non sarò vinto e tu dovrai promettermi tutto poichè io sarò perso.
Questo proverò, ma all'epoca solo la mia pelle rabbrividì, non la mia mente, non il mio cuore.
Presi un grande respiro e, tra la vista sfocata e la gola secca, sentii l'aria abbandonare i miei polmoni lentamente. Strizzai le palpebre ancora restio a volermi svegliare completamente e mi obbligai a spalancare gli occhi. Il gelo dell'ambiente si attaccò alle mie iridi e a fatica misi a fuoco uno sconosciuto mobile bianco proprio vicino al letto. La sua superficie, linda, presentava pochi oggetti ordinati posati su di essa: il mio cellulare, stranamente privo di cover, uno strano pacchetto avvolto in un nastro rosso e lì, nell'angolo, un bicchiere d'acqua con un foglio sopra.
Svogliato, allungai la mano verso quest'ultimo.
Nel frattempo feci lo sforzo di tirarmi su a sedere, prestai attenzione a maneggiare quel piccolo pezzo di carta e lo rigirai, stranito, un paio di volte fra le dita prima di dare un'occhiata a quelle lettere che notai esservi scritte sopra. Era una grafia leggera, ignota per la mia memoria, non sapevo a chi appartenesse."Signor Katsuki, ci siamo presi la libertà di contattare i suoi genitori, passeranno durante l'orario pomeridiano. Sarà esentato dalle lezioni per la prossima settimana, ma i suoi compagni sono ansiosi di avere sue notizie, la prego perciò di prepararsi ad una loro visita di gruppo. Con la speranza che si rimetta presto,
il preside Nezu, UA."
Alzai un sopracciglio non comprendendo quel che avevo appena letto. Rimettermi? Ma io stavo bene, no?
Fu il turno del cellulare.
Guardai l'ora: 15.37. Non mi ero mai svegliato così tardi in vita mia e mi feci prendere dall'ansia a comprendere di star elaborando numerose informazioni che, in quel momento, mi parevano prive di senso. Alzai finalmente lo sguardo, distinsi una camera spoglia, chiara e che di sicuro non era la mia, nella penombra di quella stanza mi sentii perso. Dov'ero? Cos'era quell'odore pungente di chimico che vi aleggiava? Disinfettante?
Piantai i palmi sul materasso staccando la schiena dalla testata del letto osservando meglio quel che mi circondava.
Il clacson di una macchina mi fece sussultare.
《Un...ospedale?》mossi le labbra per pronunciare involontariamente queste parole, ma la mia voce era sparita e solo un sibilo fuoriuscì dalla mia bocca. Giusto, l'acqua!
Ruotai il busto e afferrai il bicchiere impaziente di mandar giù un sorso di quel liquido che all'improvviso mi ritrovai ad agognare tanto.
Tuttavia, restai con il braccio a mezz'aria: i miei occhi erano caduti una seconda volta sul pacchetto.
Una banale carta da pacchi beige, un nastro sottile, nulla di più a parte una scritta a pennarello.
Percorsi i piccoli tratti neri, li lessi e li rilessi, finanche a distinguere i più piccoli dettagli, nemmeno quella piccola sbavatura sulla K mi sfuggì.
In stampatello, quelle dieci lettere mi spaventarono.
Il vetro che avevo in mano tremò.
Il tuo respiro non era al mio fianco, ma quando le guardai per l'ultima volta, fu la tua voce a pronunciarle: "Per Kacchan".
Gli angoli erano schiacciati, qualcosa doveva aver rigato sul dorso o magari era caduto. Non so cosa fosse successo a quel pacco, ma era rovinato, ancora sporco di polvere e terra nonostante fosse stato evidentemente pulito un minimo prima di essere posato su quel mobile.
Non rammentai di averlo mai visto prima di allora, ma seppi che era tuo e questo pensiero mi fece sentir le dita molli ed incontrollabili.
Il bicchiere cadde, scivolò via dalla mia presa e si frantumò. Il rumore di vetri rotti precedette quello del cigolio della maniglia di una porta, quello della mia stanza.
Io ero girato, potei solo sentire i passi affrettati di qualcuno e la stretta improvvisa di un paio di mani attorno alle mie spalle.
《Katsuki! Mi sono liberata dal lavoro il prima possibile, sarei venuta anche ieri, ma mi hanno detto che dormivi e che sarebbe stato meglio lasciarti riposare. Come ti senti?》era stato tutto detto molto velocemente e faticai a comprendere quel che stava dicendo la donna di fronte a me.
《Mamma...》Fui in grado di dire solo questo mentre la fissavo.
Lei sembrò rincuorata e, senza preavviso, mi si buttò addosso abbracciandomi.
I respiri che prese subito dopo si trasformarono in sussulti e presto compresi che aveva ormai iniziato a singhiozzare.
《Sei sveglio, stai bene...stai bene...》sussurrò a voce tirata e mi strinse di più a sè.
Non ricambiai l'abbraccio.
《Dov'è?》chiesi piano, lei parve ignorarmi.
《Mamma!》Non potei alzare il tono, ma attirai comunque la sua attenzione.
《Dov'è lui? Deku...non è qui, non è in ospedale, vero?》
La sentii deglutire.
《No, è a casa. Lui s-sta bene, non hai da preoccuparti.》
《No, devo vederlo.》bofonchiai provando a staccarmi, cercai di spingerla.
《Devi restare in ospedale.》disse ed ottenni il risultato opposto: mi intrappolò maggiormente tra le sue braccia.
《Lasciami, mamma, n-no!》Inspirai pesantemente tentando di nuovo di far allentare la sua stretta.
《Ti prego...ti prego.》quasi sibilai, preso dal panico ero arrivato persino a supplicarla, ma lei scuotè la testa contro la mia spalla ed io fui costretto a rilassare i muscoli e ad arrendermi.
《Non puoi.》
《Sì, posso.》
《No!》ribadì e mi stupii del modo in cui mi riprese, troppo duro rispetto al solito.
Così, quando capì che io, seppur riluttante, non avrei cercato di far nient'altro, si staccò e si sedette sul bordo del materasso.
《Mi ha chiesto di dirti di non cercarlo. Sa che sei qui e non vuole che ti sforzi, dopo tutto, da quel che mi hanno detto i medici, non potrai uscire prima di due o tre giorni. Quando ci hanno detto che sei stato spinto contro quelle macerie e hai preso un brutto colpo, io...io-》inspirò 《Io e tuo padre, non sai quanto eravamo in pensiero. Dai video che sono iniziati a girare in rete ti abbiamo visto steso a terra e ho temuto il peggio. Izuku non ha voluto dirci nulla, ma ti assicuro che era preoccupato, moltissimo, è stato con te fino all'arrivo dei soccorsi e non la smetteva di parlarti nella speranza che riprendessi conoscenza. Non ti voleva lasciare andare.》prese una pausa ed io, seppur incerto, parlai.
《Ho rotto il bicchiere.》
Vidi il suo sguardo soffermarsi sul laghetto d'acqua disseminato di schegge di vetro lì vicino.
《Dirò a qualcuno di passare a raccoglie-》
《Non sono riuscito a tenerlo quando ho visto quel pacchetto. Perché è lì, mamma?》la interruppi e lei, come se non riuscisse a comprendermi, si mise a studiare per alcuni secondi l'oggetto a cui mi riferivo.
《Non lo so, ma è di-》
《Deku, lo so, quel nome lo usa solo lui. Non so cosa contenga, ma non ricordo di averlo mai visto. È sporco. Perchè è sporco? Verrà lui a dirmelo? Ti ha detto perchè non vuole che lo veda? Tu lo sai il motivo?》
Corsi con le parole e quando finii con le domande la mia bocca mi sembrò più asciutta di prima. Avevo ancora sete.
Mia madre avvicinò la sua mano alla mia guancia. Lei capiva il mio sconforto.
《Non so cosa risponderti, nè so dirti se lo saprò, vorrei che la smettessi di tormentarti, sei sempre troppo stressato.》mi sorrise una volta che arrivò alla mia chioma e poté scostare alcune ciocche dal mio viso.
《Però ti do un consiglio: non chiederlo a nessun altro, quando uscirai da qui, vai da lui.》
Tenevo lo sguardo basso, le dita strette attorno alle coperte.
STAI LEGGENDO
EVEN IF (Bakudeku / Katsudeku)
Fiksi PenggemarL'autunno è stato un osservatore silenzioso, l'inverno un freddo accompagnatore, l'ho imparato a mie spese: il mio animo non può liberarsi, sarà legato al tuo indipendentemente dal mio volere ed esso racchiuderà per sempre i sussurri dei nostri cuor...