Ricordi la fretta di quei giorni? Ci aveva intrappolati. Pur contro la nostra volontà, è stato meglio così: tutto doveva passare velocemente senza darci il tempo per riflettere su quel che facevamo.
Di più, sempre con maggiore forza, essere spinti in avanti stava per farti cedere, ma le tue mani bloccavano la caduta posandosi sulla mia schiena. Pesavi sul mio corpo, tra il tepore del respiro e la freddezza delle lacrime, per poi addormentarti notte dopo notte, lasciando libera, pezzo per pezzo, la parte debole che oramai mostravi.
《Non puoi stare solo, stai con me.》
Ti avevo detto così, impulsivo, sì, tuttavia abbastanza sicuro non nel chiedertelo, ma nel desiderarlo da convincerti. Altrimenti, cosa avresti fatto? Le stanze di quell'appartamento erano troppo vuote, troppo grandi per una sola persona, il divano troppo spazioso, i posti a tavola erano in eccesso. Non ho mai voluto obbligarti, ma non avrei potuto accettare un no come risposta.
Ti ho visto rifiutare di dare un'ultimo sguardo indietro, lo ricordo, con una valigia al fianco, uno zaino in spalla ed una pesante borsa da cui spuntavano i titoli degli ultimi numeri comprati in fumetteria e alcuni videogiochi, mi hai fissato assente. Un giorno saresti tornato, non é stato un addio, ma un arrivederci molto difficile da dire. Avevi lasciato che prendessi parte del tuo carico, mi avevi preceduto all'ingresso, ma senza attendermi ti eri fiondato fuori, lungo il corridoio, ho sentito i tuoi passi riecheggiare, e lì ho capito: spettava a me chiudere la porta, girare la chiave e riporre quest'ultima in un cassetto.
Non avevi ancora dimenticato, il tempo era stato poco, perciò scusami se, nel mettere il lucchetto, non l'ho fatto bene, e se, una volta arrivati a casa mia, ho appeso quel portachiavi vicino agli altri. Non ho mai voluto che fuggissi, per questo l'ho fatto: desideravo che sapessi di avere ancora qualcosa oltre a me.
Sette giorni non bastarono, venti nemmeno, così trascorse un mese ed il cerchio attorno al riquadro del numero ventitrè dicembre, un martedì, risaltava sul calendario appeso in cucina mentre lo osservavo prima che un rumore metallico rompesse il silenzio e voltandomi vidi una chioma disordinata vicino al lavandino.
Ti capitava spesso di essere maldestro, ma in quel periodo, ad un passo dalle vacanze natalizie, le tue disattenzioni erano andate aumentando di giorno in giorno.
La tazza non era caduta, l'avevi afferrata appena in tempo, un secondo di ritardo ed il danno sarebbe stato fatto.
Guardando solo la tua schiena, sotto quella felpa giallo ocra pareva nascondersi un corpo esile e, fui dispiaciuto di ciò, l'impressione era lo specchio della verità. Ti stavi trascurando nonostante i miei rimproveri, non mangiavi molto, non dormivi molto, ti limitavi da settimane a bere tè ogni pomeriggio, spiluccare qualcosa durante i pasti ed ingurgitare quello che io ti preparavo; forse pensavi di offendermi se non avessi almeno assaggiato i miei piatti, la realtà non era questa, ma non osavo dirti nulla poichè, anche se non con entusiasmo, mangiavi.
Allora pensai tra me e me di aver denticato qualcosa quella mattina, qualcosa di veramente importante.
Le mie gambe, ancora intorpidite dal sonno, si mossero verso di te con passo felpato. Le dita scivolarono tra la stoffa e la tirarono, le braccia ti circondarono, il tuo mento fu alzato, il collo seguì i miei movimenti ed infine presi abbastanza coraggio da darti un bacio.
Assaporai le tue labbra morbide e ti strinsi per poi posare la testa sulla tua spalla concedendomi un po' di calma. D'un tratto ti voltasti per affondare il naso tra le mie ciocche bionde e bearti delle mie premure.
《Ancora assonnato?》mi domandasti portando il palmo ad accarezzarmi la guancia. Mi ci strofinai piano contro e chiusi gli occhi.
《No, non proprio.》dissi premendo attorno al tuo busto e facendo in modo che avvertissi la mia presa attorno ai tuoi fianchi.
Mi ritrovai a sorridere.
《Quando torneremo, saremo soli.》ti sussurrai. Percepii il tuo improvviso imbarazzo, perciò chiarii subito come stessero le cose.
《Voglio portarti in un posto, non andare a pensar male, sempre che tu non voglia che lo faccia anch'io.》sussurrai.
Rabbrividisti, stavi per dire qualcosa, quando un colpo di tosse ci colse di sorpresa.
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EVEN IF (Bakudeku / Katsudeku)
FanfictionL'autunno è stato un osservatore silenzioso, l'inverno un freddo accompagnatore, l'ho imparato a mie spese: il mio animo non può liberarsi, sarà legato al tuo indipendentemente dal mio volere ed esso racchiuderà per sempre i sussurri dei nostri cuor...