Il clima si era inasprito con il trascorrere dei giorni, il tempo andava veloce seguendo lo scorrere delle ruote sull'asfalto bagnato e oramai ricoperto da uno strato di fanghiglia di neve e pioggia, le macchine erano bloccate in un insolito ingorgo ed il cielo si era fatto grigio ed era diventato via via stimolo di nervosismo; solitamente mi sarebbe piaciuto un clima del genere, caotico, ma non fastidioso, solamente monotono. Pomeriggi come quelli passavano lenti o veloci a seconda di come una persona li viveva, ma per me era diverso: io vedevo le lancette fermarsi e l'orologio bloccato, la città intrappolata in una bolla opaca, i passi affondare nel terreno e la percezione di tutto farsi debole fino ad affievolirsi con il tremore delle dita, le quali stringevano in cerca di calore la fodera delle tasche. Sentivo solo me stesso e questo era l'aspetto che apprezzavo maggiormente, perchè non lascia il tempo di perdersi per le strade, nè di vagare con i pensieri, in quel periodo il peso dello studio aumentava e, seppur all'epoca io fossi incline a sentirmi costantemente sull'orlo di una crisi di nervi a dover studiare ogni giorno, mi sentivo bene ogni qualvolta avvertivo l'odore del freddo incombente di dicembre farsi avanti.
Crocettare il numero sedici, ormai passato, e osservare la casella del diciassette fu la prima cosa che feci quando mi alzai. Novembre aveva fatto il suo ingresso trascinandosi dietro vento gelido e numerosi appuntamenti nel solito locale, il nostro, quello dei muffin. Stavamo lì una o due ore a sorseggiare cioccolata o a mangiare una fetta di torta alle mele che scoprii essere la tua preferita ed eri buffo nel far continui pasticci sbriciolando troppo il boccone che stavi per assaporare, di tanto in tanto assaggiavi quel che prendevo io; variavo ogni volta, sotto tuo consiglio, così da trovare il mio dolce che sarebbe diventato il solito, ma la verità era che, a parte la bontà del loro gusto, adoravo vederti attentare al mio piatto lanciando sguardi curiosi e a volte cedevo lasciandoti parte di quel che avevo ordinato. Mi ricordo che un giovedì provasti a cambiare l'abbinamento torta di mele e cioccolata e prendesti una piccola porzione di zuppa inglese e un tè alla menta, come me. Gustato il primo cucchiaio, ne andasti matto, mi rivolgesti un'occhiata di approvazione e mi regalasti un ampio sorriso. Del tè apprezzasti il profumo invitante, ma avvicinasti le labbra troppo in fretta alla tazza e, prendendo un sorso del liquido lievemente verdastro, ti scottasti la lingua. Dopo il tuo panico iniziale, ascoltasti il mio invito a non continuare a berlo e aspettasti che si intiepidisse per finirlo.
E il sabato in cui i miei restarono fuori casa tutto il pomeriggio? Lascerei solo immaginare ciò che non abbiamo fatto. La scusa dello studio fu troppo banale.
Alla sera, quando mia madre mise piede in casa, eravamo tranquilli sul divano davanti ad un film e lei ti salutò con felicità, vi si era abituata. Parlarle di noi, faccia a faccia e seriamente, fu una cosa che affrontammo assieme e lo stesso accadde con mio padre e tua madre. Parlare non ci creò difficoltà, ma rammento bene l'ansia che ci prese nell'attesa di una loro reazione. Tuttavia fu semplice solo per il fatto che tu fossi con me ed io fossi con te e giurai che mai avrei fatto qualcosa che mi mettesse tanto sotto pressione senza di te. Ci eravamo sorrisi. Inko pareva conoscere già tutto, sapeva di te e aveva sospetti su di noi, ma era stata tanto discreta da non provare a farci domande prima che noi non le avessimo voluto parlare. Mio padre...fu imparziale, in fondo e in apparenza era di animo gentile, speravo di poter far affidamento su di lui e così fu.Ed in questo modo avevamo oltrepassato la metà del mese alla grande. Accoccolati sul treno di andata, guardando il nevischio cadere dal cielo, attendevamo la chiamata per la nostra fermata. Eravamo riusciti a prendere due dei pochi posti a sedere ancora liberi prima che il vagone diventasse ricolmo di gente e il tepore che ci avvolgeva si stava dissolvendo man mano che le nostre menti si riprendevano dalla sonnolenza che ancora ci stava tenendo stretti nella sua morsa. Sbadigliai e tu mi imitasti poco dopo mentre ti appoggiavi alla mia spalla.
《Hey, vedi di non addormentarti.》ti sussurrai.
《Ma sei comodo.》
《Tsk. Guarda che non ti porto in spalla.》
《Anche tu hai sonno.》
《È colpa tua, per farti capire matematica ieri sono tornato a casa alle 11.》
《Mi farò perdonare.》
Ti rivolsi un'occhiata dubbiosa e sbuffai.
《Ti converrà.》
《Ok, allora sta sera andiamo alla pista di pattinaggio.》
《Scherzi? Io non ci so andare sui pattini.》
《Imparerai.》affermasti convinto ed io alzai gli occhi al cielo, alla fine ti assecondavo quasi sempre.
Passammo i minuti che ci separavano dalla prossima stazione in silenzio, vicini, i respiri stretti fra loro. Ad un certo punto ti muovesti ed i tuoi ciuffi verdi mi solleticarono il collo, non vedevo i tuoi occhi, ma ero sicuro che stessi guardando le nostre mani vicine, appoggiate sulle nostre gambe.
《Ne sei sicuro?》
Mi strinsi nella giacca.
《Sì, lo sono.》mi voltai verso di te mentre ti scostavi per osservarmi.
《Bene.》dicesti.
《Bene.》Ripetei in automatico restando incantato davanti a te. Eri stupendo, in ogni particolare che riuscivo a vedere, in ogni aspetto del tuo carattere, anche se trovavo quasi disagevoli i brividi che avvertivo percorrermi.
Velocemente, mi chinai e feci in tempo a lasciarti un bacio a stampo prima che il treno si fermasse e fossimo obbligati a scendere.
Per strada cercai di non pensare e riuscii a concentrarmi sul rumore dei miei anfibi sulla neve mezza sciolta, sul ticchettio di quest'ultima, seppur misto acqua, sull'ombrello che mi riparava. Camminavi al mio fianco con tranquillità, ma una volta giunti a scuola, i nostri muscoli si tesero all'inverosimile.
Muoviti. Pensai davanti al grande ingresso che si stanziava dinanzi a noi.
Il mio passo ti trascinò con sè come se il tuo vi fosse legato e mi sentii meno nervoso salendo le scale. Non incrociammo nessuno dei nostri compagni e il brusio proveniente dalla nostra classe ci diede conferma del fatto che fossero già tutti, o quasi, arrivati. Come d'abitudine, ci saremmo separati prima d'entrare, ma quella mattina era diversa, terribilmente diversa: era spaventosa. Le voci dei ragazzi, le risate delle ragazze, il tonfo di uno zaino lasciato cadere sul banco, ogni cosa mi parve improvvisamente terrificante e mi ritrovai impreparato a dover affrontare tutto ciò. Quasi fui tentato di far retromarcia, ma una sorta di orgoglio me lo stava impedendo.
È strano pensare che io possa aver certi pensieri, io sono Katsuki Bakugou, uno che non si fa intimorire facilmente, che è scontroso, permaloso e restio ad indugiare troppo sul da farsi, perciò perchè doveva succedere proprio a me? Perchè mi stavo bloccando a dieci passi dalla porta della nostra classe?
La verità é che sono un ragazzo come tanti altri, unico nella sua storia seppur assimilato a molti, ho trovato la strada per conoscere me stesso e sto ancora continuando a percorrerla per te. Volevo dirtelo, sai? Prima di oltrepassare quella soglia ho desiderato che sapessi del mio stomaco in subbuglio, della mia testa vuota e confusa, del mio desiderio di una tua rassicurazione perchè io potevo affidarmi solo a te, perchè ti volevo stringere per poi voltarmi e andare avanti, perchè eri al mio fianco, perchè tu in quel momento potevi riconoscere le mie paure, perchè io...io ti amavo.
Arrossii, ne fui certo, a tele pensiero.
Forse tu lo sapevi, ma sei sempre stato troppo gentile per chiedermi di dirtelo prima del tempo ed ero stato in silenzio a causa del nodo che mi si formava in gola, nonostante fossero semplici, quelle parole non volevano essere pronunciate da me ed il motivo, lo avrei scoperto, era assai contorto.
《Deku!》la voce squillante di quella ragazza impacciata, troppo ingenua e fastidiosa in quel momento, detta anche Uraraka, mi destò bruscamente dai miei ripensamenti. Sollevai lo sguardo e la vidi dirigersi con passo determinato in un primo momento, poi incerto, verso di te, non me, non noi, stava puntando gli occhi esclusivamente sulla persona che stava al mio fianco.
《Ecco, vorrei parlarti.》Si chinò frettolosamente e attese un tuo consenso torturandosi le dita.
La osservai curioso, ma avevo già iniziato a capire il suo malcelato nervosismo, lo sapevo: eri stato così ceco da non notare i suoi tentativi di nascondersi ed i suoi sguardi.
A lei piacevi, nulla di più né di meno, io lo avevo capito da tempo. Ti avevo tenuto all'oscuro perchè non te ne preoccupasti e non la ferissi direttamente. Per quanto fosse improbabile, anche io potevo essere gentile con qualcuno all'infuori di te e pensavo che Ochaco fosse timida e ancora delicata nonostante la forza che aveva dimostrato al festival sportivo, perciò, sapendo che tu per primo non avresti voluto farle del male, seppi che dovevo toglierti questo peso.
《P-preferirei da soli.》ti disse.
Ti diedi due secondi per vedere cosa avresti fatto.
《Non...cioè, proprio adesso?》te ne usciti con questo. Cominciamo male, pensai.
Silenzioso, mi apprestai a prenderti la mano e tu sussultasti non comprendendo il mio gesto.
《Uraraka.》la chiamai attirando l'attenzione sia sua che tua.
Mi preparai mentalmente a ciò che stavo per dire. Lo facevo per noi o era gelosia? Magari un misto di entrambe le cose, ma ero certo che in fondo io non volessi davvero che lei si smascherasse di fronte a qualcuno che non la corrispondeva. Sarebbe stato meglio così: il suo attaccamento nei tuoi confronti era basato sull'ammirazione, avrebbe superato la cosa, me ne convinsi.
《Io e Deku stiamo assieme.》
Sbiancò. La sua reazione era comprensibile, quando i suoi occhi si fissarono sulle nostre dita intrecciate ne parve spaventata. Fece un passo indietro.
《Oh. Io N-non lo s-sapevo. Perdonate...ora vado.》
I suoi capelli si sollevarono mentre si girava, le mani erano strette in due pugni, si udì un suo respiro spezzato e lì, in quell'istante, qualcosa nella tua espressione mi disse che avevi compreso la situazione. Facesti per fare un passo e raggiungerla, tuttavia io te lo impedii.
《Non farlo, non puoi consolarla tu, sai anche il perché, no?》
《Sarebbe solo peggio, giusto?》mi rispondesti. Deglutisti e guardasti un po' rattristato l'angolo che Ochaco aveva appena svoltato, probabilmente diretta verso i bagni femminili.
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EVEN IF (Bakudeku / Katsudeku)
FanfictionL'autunno è stato un osservatore silenzioso, l'inverno un freddo accompagnatore, l'ho imparato a mie spese: il mio animo non può liberarsi, sarà legato al tuo indipendentemente dal mio volere ed esso racchiuderà per sempre i sussurri dei nostri cuor...