68 -Tutte queste nefandezze-

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Ci sono stati giorni complicati, soffocanti nel tiepido caldo della primavera, non più veloci come un tempo, ma abbastanza intrinsechi di certi frettolosi brividi da obbligarmi a cadere sul materasso, a notte inoltrata, con grande pesantezza.
E non tutte le sere sono passate sotto cieli limpidi, ha piovuto, ha soffiato vento, ha fatto freddo ed il gelo si é attaccato alla mia pelle mentre scrutavo le luci dei grattacieli e la brezza pareva quasi attraversarmi con i suoi aghi di ghiaccio, l'umidità mi è penetrata sotto pelle.
Eppure ho amato questi mesi, inspirando l'aria ed espirando sempre più velocemente nella corsa, spingendo i miei muscoli a reggere ciò che credevo di non poter affrontare; sono caduto, tante volte, porto graffi e lividi sotto i vestiti, occhiaie difficili da cancellare, tuttavia sovrastate da uno sguardo che mai ha mostrato tanta determinazione. La verità é che non mi sentivo così vivo da molto tempo.
Lo sento dentro di me, cambio e resto lo stesso, inciampo ogni due passi e non do conto alle ferite, più cammino e più una rabbia, non maligna, si accresce. Sei ancora un punto mancante, una parola cancellata nel mezzo di una frase, un obiettivo che non mi appartiene, so che solo il tempo ha potere su di noi.
Sette anni sono lunghi, mi hanno detto, ma a me sono parsi un battito di ciglia, passati uno di seguito all'altro senza pausa, senza un respiro; ho dimostrato minor timore di molti, ma porto dentro questo pezzo rotto del mio animo, tremante in un'uscurità ignota che non ho il coraggio d'esplorare fino in fondo, i miei occhi possono vedere la tua ombra muoversi in essa.
Cerco di convincermi di non riconoscerti, ma è difficile ignorare l'istinto di tentare anche solo di afferrarti. Non sei più un appiglio e questa è una cosa che devo imparare.
E lo ammetto: continuo ad amarti, forse con più sicurezza, forse con maggiore forza, perchè non riesco ad accettare completamente la tua decisione, perchè tutto attorno a me appare così debole senza te.
Ricordo di quando stavi seduto su una sedia, proprio oltre le vetrate, affacciandoti dalla terrazza e mormorando "sembra così alto" e per una volta le apparenze non potevano ingannare poichè avevi ragione: era lunga la strada verso il basso, una lunga caduta. Io ti ho pregato di non andare oltre, ma ho sbagliato nel ritenermi talmente sicuro da poterti controllare.
Avevamo ottenuto tanto senza accorgercene e mi sento stupido a realizzare solo adesso tutto ciò che abbiamo sfiorato senza riuscire ad avere qualcosa. Avverto la nostalgia del tuo calore, del stringere i tuoi capelli, delle tue iridi smeralde, del tuo tocco, di una tua qualsiasi reazione, cosa ci separa davvero? Sei stato tu a condannarmi o a liberarmi, continuo a chiedermelo.
Necessito di te e sto supplicando da troppo tempo affinchè tu non mi abbandoni.
Non hai visto? Dimmi, non hai notato ciò che egoisticamente mi hai reso?
Sono fortemente debole e debolmente forte, lo puoi vedere?
Se chiudo gli occhi ti posso ancora sentire, toccare, udire i tuoi passi vicini, avvertire le energie affievolersi al tuo cospetto.
Ma io lo so, so che mi hai amato nonostante il mio carattere, nonostante i miei sentimenti incontrollabili, credimi se dico di saper distinguere uno sguardo perso da uno semplicemente distante ed il tuo era così smarrito nel mio...ma anche nel mondo.
Non so come, hai permesso a questo piccolo, grande particolare di portarti lontano da casa, da me, persino da te stesso.
Respira.
Calmati.
Devo ripetere queste parole, devo farlo.
Moniti che sto provando a seguire da mesi si stanno rivelando inutili.
Le mie gambe sono diventate più forti, gli occhi più veloci, ogni sforzo un semplice battito di ciglia, le responsabilità maggiori, gli articoli di giornale insistenti ed invadenti.
Parlano tutti di un nuovo simbolo della pace, il mio nome è un sussurro sulle labbra di tutti, nessuno mi guarda più come prima, quasi non sopporto questa folle ammirazione, ma i sorrisi, sono quelli che mi mandano avanti.
《Mamma guarda!》sento gridare a volte da piccole voci, non mi giro a guardare, tuttavia te lo assicuro: sorrido.
Quei ragazzi credono che nulla possa sconfiggerci, sai? E la cosa è bizzarra perchè, più è più volte, inizialmente, sono stato inadatto al ruolo che dovevo ricoprire.
Ma la nostra natura è rimasta ignota e così ancora sarà: siamo creature inclini alla fragilità, non coraggiose di fronte al pericolo, ma indifferenti nell'addentrarvisi fin quando non cadiamo nelle sue trappole e crediamo ai suoi inganni. Conosciamo talmente poco di ciò di cui abbiamo solo udito voci e sussurri, tendiamo spesso ad idealizzare certe sensazioni, certe potenti e sconvolgenti emozioni senza neanche averle mai neanche sfiorate, ma anche con questo grande distacco ci si può avvicinare abbastanza da avere una certa aria vissuta che molti, purtroppo, indossano con vana altezzosità.
Ho visto tanti sguardi pietosi vagare e troppi visi dispiaciuti da potermi ritenere in grado di sopportare questa città, eppure la amo e la odio in egual maniera. Amo le sue vie deserte ed odio le sue strade affollate, amo l'erba fredda dei giardini, provo repulsione per quel suo monotono paesaggio che tuttavia asercita un fascino particolare che stento a reprimere. È caotica e silenziosa, buona e maligna, impossibile da decifrare.

Con le gambe a penzoloni, sul bordo di un grattacielo, braccia forti posate sul cornicione, molti o pochi pensieri per la testa; ho trascorso numerosi giornate in questo modo, ad osservare dall'alto il nostro piccolo mondo.
Laggiù, tra quelle persone, tra la pioggia, il sole o la nebbia, ho scorto l'indefinito di questa realtà. Appare distante, difficile da descrivere, forse irraggiungibile, ma in qualche contorta maniera riesco a ritrovarne tracce nei gesti e nei fatti più semplici: la caduta di una foglia mossa dal vento, la cenere di un foglio bruciato, le insegne accecanti dei locali nella notte, la voce di amici distanti seppur vicini.
Il problema è che molti relegano il dolore alla testa e non al cuore ed io mi chiedo come. Si può forse ricorrere alla logica per questo genere di cose e affrontare tutto ordinatamente? E perchè non lasciarsi andare? Perchè non provare il bruciore della ferita? Perchè fuggirne? Siamo assuefatti a quest'insulso anestetizzante che si fa chiamare paura, non vediamo, non sappiamo bene da cosa ci difenda, ma è giusto, no? Sì, stare in un area sicura, qualche metro prima del confine, senza doversi struggere per qualche domanda del tipo "cosa c'è oltre?". E allora stiamo qui, ad aspettare qualcosa.
Il fatto è che non si può fissare un limite in certi casi e d'improvviso, il tempo di qualche passo, uno sguardo distratto, eccoti dall'altra parte. Che strano, immaginavo tutto un po' diverso. Ci dovevano essere temporali, venti impossibili da contrastare, freddo, invece ho trovato solo una lunga strada chiusa, vuota.
A volte desidero che le persone amino di più, altre che odino di più, perchè c'è necessità di queste forti emozioni, perchè questo mondo le sta dimenticando e non voglio sentirmi solo nel mare che mi circonda.

EVEN IF (Bakudeku / Katsudeku)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora