Ragazzi, questo sarà un aggiornamento particolare a dir poco, diverso e complicato nella sua semplicità. Ho accennato molte volte a dei ringraziamenti ed ora vi posso fare un piccolo regalo per farvi sapere che apprezzo ogni vostro commento o semplice lettura.
Non sarà Kacchan a narrare, bensì il nostro broccolo chiamato Deku (parlerà dello scorso capitolo e di ciò che è successo dopo) e premetto che tengo molto a questa parte; vi lascio alla lettura❤Ho voluto nascondermi, lo sai, Kacchan? Ho considerato tutto un gioco preso troppo seriamente da entrambi, perchè la pioggia era scesa invisibile su di noi che, inermi, la attendevamo da tempo immemore.
A volte sono stati i tuoi passi a celare il suono del mio respiro, di tanto in tanto un muro invisibile a ripararmi e, in certe rare occasioni, cercavo rifugio in me stesso. Non mi hai mai cercato veramente, credo di averlo capito quando ho finalmente realizzato di star seguendo le tracce che lasciavi.
E a differenza di ciò che hai sempre creduto, tu non sei mai restato indietro, non hai mai avuto bisogno di rincorrermi, avresti dovuto notare che le gocce stavano diventando ghiaccio sulla nostra pelle e avresti dovuto non fuggirne inconsapevole della loro natura, ma osservarle e accoglierle senza esserne intimorito.
Scenari prevedibili, tuttavia accompagnati da sguardi stupiti, li abbiamo contemplati troppo, ci siamo persi assieme in essi e mi chiedo: lo senti? Un tepore avvolgente attorno alle nostre mani è costante ed io spero di non dovervi rinunciare.
Adesso che sono qui al tuo fianco, con il ticchettio della suola degli anfibi sul pavimento, i sorrisi dei nostri compagni che ci circondano, le mie dita intrecciate alle tue e brutti e cattivi pensieri archiviati momentaneamente, non so cosa pensare. Oh, ho provato a deglutire e a dar voce a quelle parole che temevamo di non poter udire, cose come "Sto bene", "Credimi, mi basta solo un bacio", "Non devi stringermi così forte, resto qua in ogni caso" si alternavano nella mia testa quasi fossero pronte ad essere espresse anche solo in un gesto involontario. Non è facile per le persone essere sincere con se stesse, eppure io sento di esservi riuscito in qualche contorto modo...per te. Conosco il rumore del vetro che si infrange quando si guarda fuori, quando si brama il mondo oltre la finestra, quando qualcosa va storto ed ogni energia si disperde su quella superficie trasparente; nessun inganno mi ha atteso oltre, solo fantasmi di vecchi desideri. Ti ho sempre guardato di nascosto, trattenendomi per quanto instabile mi sentissi internamente, nel profondo, e in un battito di ciglia sono caduto dal davanzale, ho oltrepassato la barriera e tu non c'eri. Ho fatto un salto nel vuoto durante il mio viaggio, sono inciampato davanti ai tuoi occhi all'inizio, ma poco a poco i tuoi passi si sono fatti vicini. Siamo cresciuti in questi anni, forse con troppa fretta, fino a sentire il soffitto del cielo pesarci addosso. Sono state la pioggia, la neve, le tempeste nei nostri pensieri a farci tremare.
Mi stringi la mano o magari sono io a farlo, non lo so, ma quando finalmente, dopo aver mandato giù l'ultimo sorso di tè, mi giro, mi stai sorridendo.
《Davvero, non posso. Ho promesso a mia madre che sarei passata al supermercato e che poi sarei tornata a casa per aiutarla con i preparativi per il pranzo di domani.》Veniamo distratti da Uraraka, la quale è intenta a rivestirsi. Mi faccio più piccolo sulla sedia e mi metto comodo pensando di potermi concedere un po' di relax mentre lei si sistema la sciarpa attorno al collo, ma in questo preciso istante tu...decidi di alzarti e di imitarla sotto al mio sguardo confuso. Non mi consideri e ti rivolgi agli altri.
《Ragazzi, purtroppo anche noi dobbiamo andare.》
In pochi secondi mi ritrovo in piedi e con addosso la pesante giacca mezza infilata, mi stai quasi spingendo a far più in fretta, non sembri voler notare la mia incomprensione ancora una volta.
《Passate un buon appuntamento!》cerca di metterci in imbarazzo Kirishima e su di me l'effetto delle sue parole si fa subito visibile, le mie guance arrossiscono in pochi secondi. Poi, un suono bizzarro e raro da ascoltare mi fa rabbrividire. Sei tu, con una risata breve, ma magnifica, mi afferri con fermezza per la spalla e mi fai accostare al tuo petto mostrando la miglior espressione che io ti abbia mai visto fare ai nostri amici.
《Puoi contarci.》gli rispondi e, tra il tepore della tua presa, l'inaspettato stupore nel sentire nuovamente avvicinarsi il peso che mi ero concesso di allontanare poche ore prima, l'inadeguatezza che risale la mia schiena, la sensazione di star galleggiando, di trovarsi sospesi, credo di star capendo una cosa: tu sei felice. Ho visto forzare un sorriso tante volte e con grande bravura riuscire a mascherare qualsiasi tipo d'emozione, ma se c'è qualcosa che ho imparato su di te è che non sei in grado di fingere, di sopprimere certi sentimenti più del dovuto. Perciò, adesso, sei felice, ne sono certo e puoi stare tranquillo, terrò questo tremore che scateni nel cuore, da solo, così mi potrà mandare avanti in qualche modo.
Ochaco è già uscita, prima che me ne accorgessi la sua chioma castana si è mossa ed è scomparsa. Non è buffo? Sono stato talmente preso da te che non ho prestato attenzione a questo.
Un coro di "Buone feste" si alza mentre ci voltiamo. Tengo il loro regalo stretto al petto mentre, ancora disattento, ci fermiamo e ti sento parlare a Naomi di qualcosa. Lei ti porge una borsa, a malapena ci faccio caso.
Resisterò fino a domani? La curiosità si presenta improvvisamente quando inizio a pormi svariate domande.
Cos'è? Non è pesante, è sia per me che per te, dove lo hanno preso?
La carta da pacchi si è stropicciata in un angolo e, osservandola, mi dispiace di non aver prestato attenzione nel maneggiarlo prima.
《Allora, andiamo?》giusto, devo tornare con i piedi a terra e la tua voce mi riconduce bruscamente alla realtà. L'ho fatto di nuovo, non è vero? Me lo dice il tuo sguardo: ero di nuovo perso. Le mie labbra si pressano e si socchiudono in automatico per cercare di dire qualcosa, ma non riesco a dir nulla, come sempre. Vorrei scusarmi, ma in che modo? La mia mente è riluttante all'ammettere la colpa e perciò non ci riesco a volte, non riesco a controllarmi. In questi giorni hai imparato, a differenza mia, a riconoscere la mia debolezza in certi momenti, dovrei ringraziarti, eppure, ancora non riesco a capire cosa mi stia trattenendo.
Un fiocco di neve mi sfiora. Stiamo di nuovo camminando? Siamo di nuovo sotto a queste nuvole candide e distanti? Non è strano? Nevica piano, il manto bianco è soffice sotto ai nostri piedi, le persone a cui passiamo accanto si stanno scambiando sguardi fugaci, li noti?
Aumenti il passo ed io, con la presa attorno al tuo braccio intento a sorreggere l'ombrello, rischio d'inciampare, ma tu non fai nulla per impedirlo, ti limiti a farmi da supporto. Urto con la spalla qualcuno.
《Mi scus-...》Non faccio in tempo a finire che, qualsiasi persona io abbia importunato, di lei sono rimaste solo impronte confuse con le molte ormai presenti sul marciapiede.
《Kacchan.》riporto a te l'attenzione.
《Mh?》continui a volgere gli occhi in avanti.
《Dove andiamo?》dovrei essere curioso, ma il mio tono appare più che disinteressato nel porgerti la domanda ed io stesso non comprendo il motivo della mia stessa freddezza.
《È una sorpresa.》non vuoi rivelare altro, mi lasci insoddisfatto, ma non infastidito. Procedi tranquillo nel via vai della città, trovo strano che, proprio tu, non ne sia irritato, ma...ecco! Un breve scatto e la tua mascella si irrigidisce, da rilassato assumi presto un'aria tesa. Perchè non l'hai fatto prima? Ho atteso fin troppo. Non sei mai stato a tuo agio in certi ambienti, ma con il passare del tempo ci si abitua a tutto, questo è ciò di cui eri convinto, tuttavia non puoi cambiare la tua natura.
Egocentrico, evasivo, responsabile a discapito di ogni pregiudizio, sicuro, modesto per quanto l'apparenza inganni, scorbutico, gentile, scontroso, permaloso, orgoglioso, delicato, sei ogni aggettivo che io abbia elencato se non di più. Un ragazzo piuttosto attraente ed incontrollabile, o così ti piace definire te stesso anche se spesso sottostai alla mia volontà inespressa, ma non è quello che desidero per te. Ti conosco e, cosa peggiore, conosco noi.
Oggi non vorremmo trovarci in questa via affollata.
Da quando ho rimesso piede a scuola ho ricevuto solo sguardi confortanti e ho accumulato sempre meno interesse per ciò che mi avrebbe offerto la mattina successiva, perchè ho mandato a fanculo, perdonami il termine, la tristezza. In un primo momento, ho accolto la rabbia, ma non è riuscita a persistere quanto io volessi, perciò non so cosa alberghi tutt'ora in me, so solamente di odiare il suono dei clacson in lontananza, il vociferare degli adolescenti mentre oltrepassiamo una panchina, il candore che ammanta i palazzi come un vestito nuovo pronto ad essere logorato dal cattivo e dal bel tempo. Quella stoffa nevosa non può celare il grigiore della città per sempre, sarà portato via dalla pioggia, dal caldo in un battito di ciglia. Sento già il peso dei prossimi mesi farsi avanti con sicurezza. Non chiedo la tua protezione, spero di non aver mai dato quest'impressione, pretendo solo che tu mi permetta di mostrarti come io possa essere debole in tua assenza, così saprai di non dovermi temere; non mentire il giorno che te lo domanderò, so che hai avuto paura, tante volte.
Non sei molto diverso da me in questo, eppure, nonostante ci stia tentando, ora la mia mente non riesce a concentrarsi sul passato, nè sul presente.
Svoltiamo, cambiamo via, non riesco a seguirti.
Cazzo, cosa stiamo facendo? Basta, fermati, per favore. Ho mal di testa, credo di star per vomitare, il vuoto sta prendendo il posto del mio stomaco ogni volta che avverto quest'ultimo contorcersi, i polmoni bruciano aria. Perdonami, non ci riesco.
《No.》è una flebile sillaba, non la senti.
《No, non voglio...non voglio, Kacchan!》Ti tiro e ci fermiamo con mio grande sollievo.
L'ombrello che ci ripara viene scosso e la neve accumulata scivola velocemente dai bordi, per poco non cade sulle nostre teste.
《Cosa?》la tua voce è pronta, non me lo aspettavo .
《Non voglio andare da nessuna parte.》ti informo e tu non dai alcun accenno di voler parlare di nuovo. Attendi in silenzio, di fronte a me.
Reggo il tuo sguardo.
《Vorrei tornare a casa.》
Ho ragione a pensare che questo non sia il posto giusto dove stare, non oggi, vero?
Siamo soli, quindi non costringerci in situazioni di cui non si hanno certezze.
《Torniamo.》ostento a pretendere, me ne convinco, per il bene di entrambi.
La tua pelle chiara, non pallida come la mia, rosata sulle gote e sulla punta del naso, mi incanta momentaneamente assieme alle tue iridi. Quel rosso acceso mi sta studiando, lo sento.
Sussulto come se fosse una cosa del tutto inaspettata quando la tua mano si posa sul mio viso.
《Cosa c'è?》io, per risposta, premo contro il tuo palmo ed espiro piano.
《Ti prego.》la mia voce si assottiglia, tuttavia non voglio che tu ne sia preoccupato, per questo deglutisco e mantengo uno sguardo serio nell'afferrare senza che tu te lo aspettassi il tuo polso.
Il fruscio della stoffa quando ti muovi mi fa capire che, forse, stai per dirmi qualcosa.
《Ok.》nient'altro? Oh, magari è la risposta giusta. Nessun scomodo quesito, sai già cosa mi sia preso, nessuna parola di troppo, in fondo non voglio sentirne di più.
Kacchan, non ti dispiace, vero? Stiamo andando a ritroso lungo la strada percorsa, una quindicina di minuti e arriveremo a destinazione, davanti ad una porta che non è mai stata quella di casa mia, ma della nostra. Ho il dubbio costante che tu ti sia offeso, eppure, inserendo la chiave nella serratura, girandola, mi dedichi un sorriso. Giusto, l'ho dimenticato: basto io e basti te, non pretendiamo lunghi pomeriggi trascorsi tra discorsi frivoli o doni privi di significato.
Poso il regalo dei nostri amici sotto l'albero in soggiorno e tu vai a portare il sacchetto che ti ha dato Naomi in cucina. Ascolto il silenzio di queste stanze, è diverso da quel che immaginavo. Non è nostalgico, forse un po' malinconico, ma sconosciuto, mi piace, è simile ad un abbraccio appena sciolto, bisognoso di qualcosa che lo trasformi, mi ricorda di te, sa di te.
《Deku.》mi chiami ed io abbandono la giacca, i guanti, la sciarpa ed il cappello che mi ha regalato tua madre sullo schienale del divano, li metterò a posto dopo, adesso desidero raggiungerti.
Arrivato in cucina, mi ritrovo a contemplare una scena piuttosto buffa: con aria solenne un cucchiaio di legno è teso verso di me, un ragazzo in grembiule bianco ha un ghigno soddisfatto stampato in viso.
《Da questo momento, sei il mio aiutante.》
Mantieni un'espressione indecifrabile per svariati secondi, mi guardi, ti guardo, ed infine sia io che te non riusciamo a trattenerci. Inizi tu, gonfiando le guance fin quando la tua bocca lascia fuoriuscire una risata soffocata ed io ti seguo a ruota.
Premo sul mio addome, i miei polmoni fanno male da quanto ho riso, e mi accosto a te tirando su le maniche della felpa.
《Ai suoi ordini!》mi compiaccio nel partecipare a questo gioco che hai iniziato.
Mi posiziono al tuo fianco e passo in rassegna i vari ingredienti che hai tirato fuori...sono estremamente curioso, cosa vuoi preparare? Non capita spesso che tu mi coinvolga in queste cose, sei diventato piuttosto geloso della tua bravura e destrezza ai fornelli, perciò sono eccitato.
Le tue dita si posano sul mio fianco, ma non so cosa mi prenda, non ti lascio accarezzarmi come tuo solito, piuttosto ti scanso e in pochi secondi sono di fronte a te, il tuo corpo tra il mio e l'isola della cucina emana calore. Stringo il colletto della tua maglia, tremo e schiudo le labbra mentre ci avviciniamo non abbastanza per toccarci. Respiriamo l'uno contro l'altro, rabbrividiamo, non esitiamo, assaporiamo e cediamo. Ti dono un bacio nel silenzio e vorrei che lo ascoltassi anche tu, potresti trovarvi qualcosa di sorprendente.Hai ragione, ho perso qualcosa quel giorno. Ma non mi devi guardare a quel modo, come se nulla potesse andare a posto, perchè anche se così fosse, saresti con me, no? ...sì, mia madre non può più sorridermi, ma quando l'ho persa lei sapeva che avessi te; perciò ti prometto che sarò bravo, mangerò, dormirò, sorriderò di più, solo non pretendere che accada tutto adesso, non aver fretta. Lo farò, tuttavia non posso andare contro al vento insistente di questi giorni, non senza di te.
Come quando si aspetta un pullman all'ora più tarda della sera, immersi nelle luci di una città sconosciuta, un vento gelido fra i capelli e la sensazione di appartenere a questo luogo da tempo immemore. Come una visione in un sogno ormai dimenticato, cadere e non sapere dove si arriverà.
È un casino quest'inadeguatezza, ma unicità al contempo, perchè diamo importanza a certi momenti, assenti e tristi ricordi ci abbandonano per poco e riesco a scorgere la leggerezza dei nostri passi. Non sto bene e forse è lo stesso per te, forse entrambi non siamo pronti alla confusione che ha portato dicembre, forse siamo rimasti indietro ed il tempo ci ha preceduti, qualcosa resta tra noi e lui, non la distanza, ma i sentimenti. Bagliori in una notte solitaria, poi neve nel vento ed infine spaventosi accompagnatori, avanzano, respirano con noi, per proteggerci e, conosciamo la verità, anche per ferirci.Mi soffoco contro il tuo petto.
《Voglio un abbraccio.》mugugno avvertendo le tue mani accarezzarmi.
《Anche io, Deku.》物の哀れ Mono no aware: composto dai kanji di "cosa" e "tristezza, pietà, compassione", è un sentimento dolceamaro simile alla malinconia, che nasce dalla consapevolezza di essere impotenti di fronte all'impermanenza delle cose.
Eccoci alla fine, vi è piaciuto?
Fatemi sapere e, magari, un giorno potrei ripresentare un capitolo del genere.Anche se molti leggeranno la storia più tardi, sogni d'oro a tutti, ormai è tardi e devo dormire...della serie "insonnia portami via".
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EVEN IF (Bakudeku / Katsudeku)
FanfictionL'autunno è stato un osservatore silenzioso, l'inverno un freddo accompagnatore, l'ho imparato a mie spese: il mio animo non può liberarsi, sarà legato al tuo indipendentemente dal mio volere ed esso racchiuderà per sempre i sussurri dei nostri cuor...