《Voglio raccontarti una cosa.》questa fu la frase che ruppe la calma in cui mi ero rifugiato, stretto fra le tue braccia. Pochi minuti erano trascorsi, mi avevi fatto scostare e trascinato di lato, avvolgendomi più saldamente, come quella notte di molti giorni prima, quella in cui ero scappato dai miei pensieri per poi ritrovarmi, dopo una vergognosa sbronza, esattamente alla loro origine: tu.
Il tepore del tuo corpo vicino al mio, il terreno freddo, le tue mani su di me, ricordo quella sensazione: piacevole e terrificante, mi dava protezione.
Ma non esistevano vere barriere, tu non potevi proteggermi da me stesso, neanche se, come sembrava, lo desideravi tanto. L'illusione si presentava come unica soluzione, fittizia e spregevole, forse le dovevo permettere di ingannarmi e farmi sentire riparato dalla tua stretta quel che bastava per far sì che l'ultima lacrima mi abbandonasse.
Sarebbe stata la decisione giusta?
《Prima...》inspirasti 《...ho detto che è stata colpa mia. Non ti ho dato la risposta che volevi Kacchan, per tutto questo tempo non l'ho fatto e ho lasciato che le settimane passassero veloci senza far nulla.》prendesti ad accarezzare la mia chioma ribelle ed io mi crogiolai nel piacere che mi dava quel gesto. Tremavo ancora.
《Era una promessa Kacchan, lo ricordi ? Ci saremmo aspettati a vicenda, chi prima, chi dopo ed io non ho potuto fare altrimenti, dopo oggi dovevo dirtelo.》
Da chiusi che erano, i miei occhi si spalancarono, vidi solo il tuo petto, la stoffa che lo ricopriva era scura, il suo calore mi parve improvvisamente distante.
《Ti amo. Non posso ritirare ciò che ho detto, lo sai, quindi ascoltami.》mi stringesti ed io decisi di sollevare un poco la testa, mi misi vicino al tuo collo, il mio respiro rallentò e mi sentii pronto a seguire le tue parole anche se quelle gocce non osavano arrestare la loro discesa lungo il mio viso. Erano diventate più lente, ma non erano scomparse.
《Sono stato sul punto di dirtelo tante volte, ma sono felice di aver sopportato l'insistenza di queste parole, sento che adesso posso farlo senza esserne spaventato. Non da settimane, ma da mesi le tenevo nascoste nella mia testa, ci credi? È stato stupido da parte mia pensare che fossero facili da pronunciare. Ho iniziato a pensarlo inconsciamente e piano piano la cosa si è trasformata in un tormento. Lo è diventata perchè tu stavi lì, con il tuo fare riservato, il solito atteggiamento e non accennavi a notare quanto insistentemente cercavo di reprimere me stesso. Tuttavia, sei stato il terribile protagonista dei miei pensieri a partire dal primo giorno di rientro dalle vacanze estive, un caldo afoso aveva invaso la scuola e alcuni erano stati assenti, anche Kirishima. Per questo tu eri solo e non osavi rivolgere l'attenzione ad altri se non al quaderno sul quale prendevi appunti su appunti, pareva che fosse più una distrazione per te che un dovere che ogni studente dovrebbe rispettare. Non ti avevo rivolto parola, ma ricordo che, dal banco dietro al tuo, il mio, ti osservavo involontariamente di tanto in tanto. Allora stavo cercando di capire come affrontare la mia parte razionale, la quale mi diceva di dovermi dare una svegliata e di lasciare che quella sensazione di formicolio che mi pervadeva ad ogni tuo movimento passasse. Così a fine giornata mi sentivo frastornato, confuso più del solito stavo camminando verso l'uscita della U.A.. In quelle settimane mi ero sentito vuoto; non avevo nessun pensiero insistente nella mia testa e la cosa mi infastidiva senza alcun motivo apparente. Piano piano, non so come, parlare con Iida e gli altri era diventato più difficile, tutto, persino i passi che dovevo percorrere fino alla nostra classe parevano portarmi affanno. Cosa sentivo? Cercavo un motivo inconsistente o forse inesistente per ogni cosa. Il nulla, lo sentivo in me. Questa sensazione mi attanagliava, faceva smuovere strani pensieri. Anche oggi gli hai rivolto il solito sguardo senza senso? Perché lo fai? Sempre le stesse domande, si sono susseguite ininterrottamente per troppo tempo.
Come stavo dicendo, quel giorno cambiò qualcosa, ma, diversamente da ciò che potresti pensare, fu qualcosa di semplice e ancora adesso mi interrogo sul come io possa aver dato tanto importanza ad un fatto come questo. Sei stato meschino con me, te ne rendi conto?》
Mi cingesti meglio e sbuffasti. Ancora con il viso volto verso il tuo petto, provai ad immaginarti intento ad osservare il cielo sopra di noi. Guardare quella maestosa volta ci conferiva una tale banalità, tuttavia credetti che a te desse conforto il saperti così secondario rispetto ad essa perchè rilassasti lievemente i muscoli.
《Ormai era chiaro a te: io stavo cambiando in un Izuku sconosciuto. Da quando siamo alla U.A. è sempre stato inevitabile il notarlo e tu mi davi l'impressione di prestarvi più della dovuta attenzione. Ciò mi dava brividi di terrore. Quel pomeriggio, con il tuo sguardo sprezzante nitido in testa, ti vidi seduto sui gradini della scuola.
Ricordo la tua espressione corrucciata mentre guardavi il viale d'entrata vuoto. Molti, se non tutti gli studenti si erano ormai incamminati verso casa, ma tu no. Non sapevo perchè fossi lì, ma fatto sta che non mi avevi notato. Lì, alle tue spalle, mi chiedevo cosa fare, improvvisamente nervoso.
Ti guardai confuso e, pensando che quella fosse l'unica via possibile, iniziai a camminare, superandoti e prima che potessi rendermene conto avevo già svoltato l'angolo diretto verso la stazione. Solo allora, fermo in attesa del treno, sentii il mio respiro pesante: lo avevo trattenuto. E il battito? Aumentato. Il mio stomaco? Si contorceva su se stesso. E il mio corpo? Lo sentivo galleggiare.
Pensando, senza indecisione, ti figurai di nuovo seduto su quei gradini, ma questa volta cambiai prospettiva ed immaginai di rivolgerti uno sguardo da lontano, non da dietro, ma da davanti. Qual'era la differenza? Beh...ho solo pensato che, se anche tu mi avessi prestato attenzione invece di ignorarmi, mi sarei sentito felice.》
Questi sentimenti...mi hanno colto impreparato. Immaginai che dovesse essere questo il finale del tuo discorso e, rincuorato tutto d'un tratto, presi coraggio e ricambiai la tua stretta nuovamente. Narravi una storia contorta, ma che a me pareva chiara e diretta.
《Poi quella sensazione mi ha sopraffatto, anche se non eri con me, ti vedevo ovunque. A differenza tua, non ho cercato alcun rifugio, ho solo atteso, tuttavia entrambi abbiamo ancora così tanto da capire. Perciò mi sento pronto ad amarti, perchè anche tu sarai pronto ad amarmi un giorno e mi mette in imbarazzo il fatto che, forse, tu stai affrontando quello che io ho desiderato: una storia complicata, capace di sconvolgerti. Sento che per me sarà diverso ed odio il fatto di essere, ancora una volta, un passo più avanti. Lo comprendi ora? Comprendi di non essere solo nel soffoco delle tue emozioni?》Ti muovesti e mi allontanasti in modo da vedermi in viso, indugiasti nel mio sguardo e infine afferrasti le mie mani. L'ultima lacrima osò strabordare e la mia guancia la accolse su di sè.
《Sono fredde.》avvolgesti con le tue dita le mie ed io ti guardai incapace di parlare.
Sdraiato su un fianco, i capelli che andavano di qui e di là, occhi stupendi, di quel verde particolare che tanto mi piaceva, timido nei gesti, mi incantasti.
Infine, ne ebbi il coraggio e mi voltai verso il cielo.
Rabbrividii.Una promessa, sì, quella.
"Quando saprai dirmi ti amo?" Che illogica domanda. Presto? Tardi? Non lo sapevo, ma ci sarei riuscito, per te.《Dovresti esprimere un desiderio.》affermasti quando l'ennesima cometa passò davanti ai nostri occhi.
《Non ne ho bisogno.》risposi convinto.
《Perchè?》
《Prima ho desiderato riuscire a risponderti, ma non è successo. Sono troppo lontane per ascoltarmi, non credi? E poi...sei qui con me, non ho altro da chiedere.》Lo spettacolo andò sfumando, le lunghe scie luminose svaniro poco a poco, passarono i minuti e, quando ormai mi ero perso nell'oscurità di quella visione, il suono di un treno in lontananza mi risvegliò bruscamente. Sollevai il busto di fretta, tu facesti lo stesso guardandomi stranito.
《Che ore sono?!》velocemente tirasti fuori il cellulare e, dopo una veloce occhiata, girasti lo schermo verso di me. Avevamo cinque, no, il numero cambiò, quattro minuti per raggiungere la stazione.
Corremmo, con l'ansia che ci accompagnava, ma che presto si trasformò in risata quando ci precipitammo nel vagone ancora ansanti, appena in tempo, prima che le porte si chiudessero.
Mi lasciai cadere sul primo sedile che raggiunsi e tu su quello di fianco. Buttai la testa all'idietro e abbassai le palpebre.
《Sei...lento.》dissi divertito tra un respiro e l'altro.
Le tue nocche si scontrarono con la mia spalla. Mi avevi forse dato un pugno per rimprovero?
《Sei partito prima, non è valido.》mi accusasti.
Ti osservai di sottecchi.
Eri imbronciato.
Non potevo prendere sul serio quell'espressione, proprio no.
《Hey, Deku?》
Bofonchiasti qualcosa che non capii e ti facesti più piccolo contro lo schienale, volevi fare il finto offeso, eh? Bene, non te lo avrei impedito.
Ghignai quando sbadigliasti tradendo la tua messa in scena.
《Vieni qui...e non farmelo ripetere.》
Incerto, ti accostati sempre più ed io ti colsi di sorpresa trascinandoti addosso a me. Finisti sulle mie gambe, il fianco contro il mio petto, le ginocchia piegate, i piedi sul posto che occupavi fino a pochi istanti prima.
Sorpreso, non sapesti che fare oltre a fuggire dal mio sguardo andando a chinarti contro la mia giacca che avevo slacciato per star più comodo.
Non cercai di farti sollevare il volto, sapevo che, anche se a disagio, ti piaceva starmi vicino.
Non provasti a spostarti e ti rilassasti completamente, magari preso dalla stanchezza, e ti accoccolasti tra le braccia che ti avevano circondato.
Strofinasti il naso sul tessuto della mia maglia e appoggiasti, allungandoti, la testa vicino alla mia spalla.
L'ambiente era deserto, silenzioso, mi diede l'occasione di potermi concentrare solo su di te.
Pregai che non vi fosse un controllore in giro per il treno, non tanto perchè avrei dovuto cercare nelle tasche i nostri biglietti, ma per il semplice motivo consistente nel fatto che ti avrebbre disturbato. Nulla doveva farlo, pensai imbarazzandomi da solo a tale considerazione. Certo che mi stavi facendo ammattire.
Sospirai una volta che il treno partì.
Dal finestrino si vedeva il cielo, cosparso di innumerevoli puntini luminosi, mi sembrarono trasmettere una certa calma.
Mentre guardavo fuori e avvertivo il tuo calore addosso, iniziai a sentirmi strano. Era quella la sensazione di cui ho letto tante volte nei libri, quella che si prova con qualcuno di estremamente importante?
Ma in quelle pagine che avevo sfogliato non vi era definizione corretta, erano tutte approssimative, piene di termini inconclusivi.
Non si può descrivere una cosa del genere e credo che quel vuoto non vuoto che sentii in me non meriti di essere descritto, perchè l'indefinito, secondo me, è ciò che vi assomiglia maggiormente.
Semplicemente ti tenevo stretto a me e tutto pareva seguire un'illogico senso.
STAI LEGGENDO
EVEN IF (Bakudeku / Katsudeku)
FanfictionL'autunno è stato un osservatore silenzioso, l'inverno un freddo accompagnatore, l'ho imparato a mie spese: il mio animo non può liberarsi, sarà legato al tuo indipendentemente dal mio volere ed esso racchiuderà per sempre i sussurri dei nostri cuor...