La Starbucks in cui lavoravamo io e Brad era abbastanza piccola rispetto alle altre sparse per Georgetown e Washington. Ed anche quella sera, era strapiena di ragazzi di tutte le età. C'erano coppie innamorate che si scambiavano baci, nonni con nipotini che tornavano bambini, genitori allegri con figli felici, amici che ridevano e scherzavano. Era questo quello che osservavo dal mio bancone mentre lavoravo. Era impossibile prendersi una pausa, soprattutto in locali come questi che andavano a ruba. Fare la barista era faticosi. Eri sempre in movimento, lavoravi sottopressione con la gente che ti urlava oppure che si lamentava per il suo frullato non ancora pronto. Però è anche vero che se non avessi accettato questo lavoro, non avrei mai frequentato la Pre-Medical School e non avrei vissuto in un appartamento assieme alla mia migliore amica. Volevamo essere autonome dalle nostre famiglie economicamente, così l'unica soluzione per pagarsi le tasse universitarie e allo stesso tempo pagare l'affitto di una casa, era questa. Lavorare come barista. In fondo questo lavoro non era poi così male. Mi metteva a contatto con la gente e la cosa non mi dispiaceva affatto. E poi mi divertivo tanto a sentire i discorsi idioti di Holly e di Brad sui diversi ragazzi che entravano dalla porta. Holly era una delle tante nostre colleghe. E quella sera stava facendo compagnia a me e Brad. Era stata assunta un anno fa, e subito c'è stato del "feeling" tra di noi. In realtà andavo d'accordo con tutti i miei colleghi, erano simpatici e allegri. Anche nelle giornate no riuscivano a strapparti un sorriso. Inoltre avevo anche catalogato come in una scaletta i diversi clienti, ovviamente solo quelli abituali. C'erano i "non ho l'età", ovvero le persone che andavano dai quaranta ai sessanta anni. Erano persone anziane che venivano spesso qui e si sedevano tutti nel lato est della sala. Gli uomini discutevano riguardo la politica del nostro Paese, mentre le donne parlavano di parrucchiere, estetiste, ecc. Poi c'erano i "studio ma sempre troppo" che erano la versione moderna dei secchioni. Erano ragazzi e ragazze che occupavano tavolini doppi ma erano sempre da soli. Avevano sempre la testa sui libri e un po' li capivo, anche perché io ero così. Infatti mi rispecchiavo in quella categoria, ma anche un po' in quella "invisibilità portami via" ovvero, i poveri ragazzi goffi e impacciati che avevano l'ansia per ogni cosa che facevano. Mi facevano pena, però quando li guardavo mi chiedevo sempre se anche io fossi così. Camminavano a testa bassa, con lo sguardo fisso in un punto nel vuoto. Parlavano a voce bassa e quasi sempre si mordicchiavano le unghie. Cercavo di essere il più cordiale possibile con loro. Poi c'erano le "spie", ovvero, gli uomini d'affari sempre in giacca e cravatta. Non so perché ma gli ho sempre paragonati alle spie che vedevo nei film di quando ero bambina. Le giacche ma soprattutto gli occhiali mi ricordavano quest'ultimi. E dulcis in fundo "tutti muscoli e niente cervello" che consisteva in quella categoria di ragazzi palestrati che facevano di tutto per mettere in mostra i loro perfetti bicipiti, ancora peggio se sopra ci fossero stati disegnati tatuaggi o roba del genere. Ricordo che qualche anno fa un ragazzo che apparteneva a questa categoria, poggiò il braccio sul bancone pur di farsi vedere un serpente orribile che era disegnato sopra. Lo guardai con faccia schifata e preparai quello che aveva chiesto. <<scusami potresti prepararmi un caffè?>> mi girai visto che stavo asciugando le ultime tazze che prima avevo insaponato e sciacquato quando vidi lui. Anche lui aveva lo sguardo basso perché stava controllando qualcosa nella sua famosa borsa, e quando alzò gli occhi, incontrai quelle iridi color cioccolato che mi avevano catturato ormai una settimana fa. Mi drizzai sulle gambe e cercai di aggiustare la mia coda mezza fatta e decisamente orrenda. Mi sentivo in imbarazzo, perché doveva vedermi in quelle condizioni? Ma soprattutto, perché era venuto proprio quel giorno? Un sorriso comparve sulle sue labbra sottili e rosee semplicemente perfette. <<Brook>> esclamò lui stupito. <<ciao Spencer>> ricambiai io esitante. Ero orribili in quelle condizioni. Avevo la camicetta bianca tutta stropicciata e il grembiule nero tutto sporco. Volevo sprofondare in quel momento. Nel frattempo feci il caffè. <<non pensavo lavorassi qui>> disse lui poggiando le monetine sul bancone. <<bhè, in qualche modo devo pur pagare le tasse universitarie>> un leggero sarcasmo trapassò la mia voce. Aprì la cassa e infilai le monetine che mi aveva dato all'interno. Poi gli porsi la sua tazza di caffè. <<e da quanto tempo lavori qui?>> domandò prima di sorseggiare il liquido. <<tre anni ormai>> risposi io mentre mi asciugai le mani sudate per l'ansia sul grembiule. Stava per dire qualcosa quando Brad poggiò il vassoio sul bancone dicendomi il nuovo ordine. Poi si girò e guardò Spencer. <<ehi>> salutò il ragazzo con un cenno di mano. <<ciao>> rispose lui con altrettanto gesto. Lui riportò lo sguardo su di me e disse. <<forse è meglio se ci vediamo un'altra volta>> posò la tazza ormai vuota e <<ciao Brook>> mi sorrise. Dio, le gambe non riuscivano a reggermi. Il solo sorriso mi mandava in tilt, tant'è che avevo già dimenticato l'ordine che Brad mi aveva comunicato poco prima. <<ciao Spencer>> lo salutai ricambiando il sorriso. E così, lo vidi uscire dal locale e poi camminare non so per dove. Sospirai e <<quel'era l'ordine?>> dissi io spaesata, come se fossi appena tornata sulla terra. <<due caffè e una brioche>> rideva. <<perché ridi?>> chiesi io come se non lo sapessi già, ma in realtà una minima idea già ce l'avevo. <<niente>> fece spallucce. <<allora è lui il famoso ragazzo per cui hai perso la testa>> si intromise ironizzando Holly, una nostra collega che quella sera ci faceva compagnia. Sospirai di nuovo. <<eh già, ma non penso che la "cotta" sia corrisposta>> mimai le virgolette. Non avevo la minima idea se anche Spencer fosse "innamorato" di me. Non so, ero confusa. E' come se quella situazione mi avesse portato in un pianeta parallelo alla terra, in cui c'eravamo io e l'amore in generale. Forse l'amore era Spencer.....o forse no. Forse lui mi vedeva solo come un'amica, anzi, come una conoscente e niente di più. Ci eravamo appena conosciuti. Per me era stato amore a prima vista, ma non so se il famoso "colpo di fulmine" avesse colpito anche Spencer. Non era certa di nulla, eccetto il fatto di dover studiare per l'esame che avrei dovuto dare la settimana successiva. Ma come avrei fatto se la mia mente era concentrata solo ed esclusivamente su Spencer? Mi portai le mani sulla fronte e scossi il capo disperata.
STAI LEGGENDO
Biblioteque in love~Spencer Reid ❤️
ChickLitEra andata in giro per il mondo in cerca dell'amore, quando la sua anima gemella era sempre stata lì