Era una giornata particolarmente soleggiante nella cupa Georgetown. Dopo mesi di pioggia e nebbia, finalmente il cielo si era schiarito mostrando quei raggi splendidi di sole. L'estate era finalmente arrivata. Non appena aprivi le finestre, la casa veniva inebriata di quell'aria fresca e frizzante assieme al profumo di margherite e violette. Tutta quella luce ti metteva una positività incredibile. Bastava vedere le luci del giorno spuntare dalle persiane e già sorridevi ad un nuovo giorno, bello o brutto che fosse stato. Eppure, per me non esistevano più giornate "no".
Pettinavo i miei lunghi capelli ramati davanti lo specchio sulla quale riflettevano le luci del sole, sulle dolci note del canto degli uccellini. Guardai l'orologio che avevo attaccato al polso. Le 10:30 erano appena scoccate. In mezz'ora dovevamo stare lì. Il solo pensiero mi faceva venire la pelle d'oca ma anche tanto emozione. E mentre posavo la spazzola nell'apposito contenitore, sentii lo scricchiolio del porquet e subito dopo il passo pesante di Honey che in meno di un secondo era già vicino alle mie gambe volenteroso di coccole. Accarezzai il suo capo mentre la sua coda scodinzolava da una parte all'altra. <<buongiorno>> Spencer mi cinse i fianchi con le sue mani morbide e mi lasciò un tenero bacio sul collo. <<ciao, sei pronto vero? Sono le dieci e mezza e non vorrei tardare già il primo giorno>> pronunciai velocemente io. Lui annuì e mi prese le mani tra le sue. Tremavo leggermente ma pensavo che fosse normale davanti la prima volta. <<stai tranquilla....vedrai che andrà tutto bene...>> sussurrò con voce calma baciandomi la fronte. Annuì e feci un lungo respiro. <<pronta?>> domandò lui. <<pronta>> sussurrai io dopo pochi secondi. E così lasciammo l'abitazione dirigendoci verso quella nuova avventura.
Lo studio era a dir poco claustrofobico e troppo "ben schematizzato". C'era bianco dappertutto e nulla contrastava con quest'ultimo. Poltroncine bianche, divanetti bianchi, tavolini bianchi e perfino i portariviste erano bianchi! Tutto quel bianco mi stava mettendo più agitazione di quanto ne avessi. L'unica cosa a rassicurarmi in quel bianco fluo era la mano di Spencer, legata alla mia. Entrambi eravamo spaventati...anzi, forse più che spaventati eravamo agitati ma allo stesso tempo felici. L'adrenalina stava ardendo dentro di noi e non vedevamo l'ora che quella dannata porta di colore bianco si aprisse per farci finalmente accomodare. E come per magia, mentre lo pensavo, questo si avverò. Dalla stanza uscì una simpatica coppia, marito e moglie; lei aveva una pancia davvero grande ma aveva un certo suo fascino. E pensare che tra qualche mese, anche la mia sarebbe diventata così. <<Brook, dobbiamo entrare>> e come al solito mi persi nei miei pensieri, e a risvegliarmi dal mio stato di trance fu proprio la mia dolce metà. <<si...>> ci alzammo contemporaneamente e, sempre mano nella mano, entrammo accompagnati da una simpatica infermiera vestita, ovviamente, di bianco, nella stanza che ci avrebbe mostrato, per la prima volta, la nostra piccola creaturina.
<<buongiorno, molto piacere di conoscervi. Io sono la Dottoressa Freeman>> una donna di mezza età ci accolse. I capelli brizzolati e laccati, dalle punte rosa le davano leggermente l'aria da "punk", ma il suo sorriso brillante e sincero accompagnato da teneri occhi azzurri che spiccavano dalla carnagione olivastra, rassicurarono le mie sensazioni. <<tu devi essere Brooklyn, e suppongo che questo giovincello accanto a te sia il tuo compagno>> ironizzò lei sedendosi dietro la grande scrivania che ci separava. Annuì e sorrisi. <<allora, Brook, da quanto hai scoperto di essere incinta?>> chiese lei cominciando a rovistare tra le carte disordinate sul bancone. <<l'ho scoperto qualche giorno fa ma sia le analisi che il test che ho fatto, fanno risalire la mia gravidanza a quattro settimane>> risposi io leggermente insicura. Prese le analisi che avevo portato con me e le sfogliò leggendo ogni singolo e minimo dettaglio. Dopo qualche minuto distolse lo sguardo dalla carta e si rivolse a noi sempre sorridendo. <<bene, adesso procediamo con una semplice visita>>. Ecco. Il momento tanto atteso era arrivato. Mi alzai e la seguii. <<accomodati pure qui>> indicò con il dito dipinto di un rosa acceso il lettino che era alle mie spalle. Annuì e mi stesi del tutto. <<adesso scopri il ventre fino al petto>> eseguii i suoi ordini, dopo di che mi ritrovai con un gel azzurrino e appiccicaticcio sul ventre e una strana "sonda" che lo spargeva di qua e di la. Spencer si avvicinò e mi strinse la mano. Eravamo entrambi agitati ma come non esserlo. Per la prima volta, stavamo vedendo il nostro piccolo bambino. <<eccolo qui>> sospirò la dottoressa indicando un puntino a malapena visibile ad occhio nudo sullo schermo. <<quello è il vostro piccolino>>. E come se per un momento, tutto si fermò. C'eravamo solo noi tre. Io, Spencer e quel fagiolino microscopico che aveva riempito le nostre vite. Non nego affatto che qualche lacrimuccia mi scappò alla vista di quel semino piccolo piccolo su quell'enorme schermo, e non nego nemmeno che scappò anche a Spencer. Era un'emozione unica, pazzesca. Un'emozione che non avevo mai provato prima e che, prima di quel giorno, non avrei mai potuto provare. Quella non era di certo la prima ecografia a cui avevo assistito, però vedere mio figlio è stato sicuramente diverso dal vedere quello degli altri. Quando l'ho visto per la prima volta, tutto è diventato reale. Prima, alla visione del solo test, ci credevo ma era un po' tutto astratto. Ed invece, quando ero lì, distesa su quel lettino, con un'emozione incredibile sulla pelle, realizzai davvero quanto potesse essere bello portare in grembo quella piccola creaturina che stava crescendo in me, ed essere consapevole che era mia....nostra...ed era semplicemente perfetta.
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Biblioteque in love~Spencer Reid ❤️
ChickLitEra andata in giro per il mondo in cerca dell'amore, quando la sua anima gemella era sempre stata lì