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Le vacanze natalizie erano terminate, e dopo pochi giorni fummo costretti a lasciare la mia città di origine e tutti i miei familiari, rivedendoli nel giorno del mio matrimonio. Mancava davvero così poco. Tutto era pronto. Avevo curato ogni cosa nel minimo dettaglio, e ci tenevo che quel giorno fosse speciale e soprattutto memorabile. Ma mancava ancora una cosa. La più importante per una donna nel suo giorno speciale: l'abito da sposa. Ancora non avevo trovato quello giusto ed ero più che disperata. Però in quel preciso momento, il mio pensiero era diretto ad un'altra cosa. Erano passate parecchie settimane dall'inzio dell'anno....forse anche qualche mese. Erano gli inizi di marzo quando lasciammo il nostro appartamento nel pieno della città di Georgetown per trasferirci nella nostra bellissima casa in periferia.

<<no....così non va bene....spostalo più a destra>> gesticolai con le mani in diverse direzioni per fargli capire come doveva posizionare, nel modo corretto, quel quadro. Lo spostò di nuovo, e finalmente, dopo parecchi tentativi, la nostra bellissima foto sulla Calgary Tower ai cui piedi si estendeva la bellissima città, fu dritta sul caminetto in mattoncini del salotto. Applaudii con un gran sorriso sulle labbra e baciai sulla guancia il mio adorato fidanzatino. Nel frattempo, dalla porta di casa, uscivano ed entravano diversi ragazzi che lavoravano per la ditta di trasloco che avevamo scelto, portando con loro gli enormi scatoloni che contenevano tutta la nostra roba. I mobili erano già stati sistemati, adesso toccava solo abbellire ancora di più la nostra bellissima casetta.

Erano passate circa tre ora da quando il camion uscii dal vialetto, lasciandoci da soli con diecimila scatole in giro per casa da sistemare. Essendo passate tre ore, il lavoro non era proprio a metà ma sicuramente a buon punto. Però fummo costretti a fermarci perchè le nostre pance brontolavano troppo per la fame. Ero stesa sul divano, con i piedi gonfi poggiati su un cuscino, e le mani che sorreggevano il ventre. Spencer era semidisteso su una delle due poltrone difronte a me e sonnecchiava, quando il trillo del campanello lo fece balzare in piedi. Si stropicciò gli occhi ed andò ad aprire la porta: le pizze erano finalmente arrivate. Non era il massimo da consumare al pranzo ma in un momento del genere era anche troppo. E così mi alzai con lentezza e fatica e seguii Spencer in cucina, mano nella mano. Mi sedetti su uno dei tre sgabelli dell'isola mentre il mio moroso cercava di sgombrare il piano in marmo dalle scatole vuote che avevamo già svuotato, poggiandole a terra. Venne accanto a me e cominciammo a mangiare con voracità le nostre pizze rosse, e, ad ogni morso che davo, la fame veniva sempre meno.

<<è stupendo questo colore, non trovi?>> domandò da sopra la scala, mentre tinteggiava con il rullo la parete. <<si...è davvero azzeccato>> risposi io con un sorriso, mentre ondeggiavo da una parte all'altra il pennello negli angoli che formava la stanza. Continuammo a pittare in silenzio, quella stanza che ben presto sarebbe diventato il covo rosa della nostra bellissima bambina. Era un colore delicato che esprimeva calma e tranquillità. Non era affatto uno di quei rosa accessi o rosa confetto. Era davvero stupendo e adatto ad una piccola principessina. <<che ne pensi?>> esclamò Spencer asciugandosi la fronte e scendendo dalla scala. Mi girai e guardai l'ultima parete che doveva essere dipinta. Poggiai il pennello nel barattolo di vernice e andai verso l'uomo che amavo, cingendo con le braccia il suo collo e stampando un bacio sulla sua guancia. <<è perfetta>> sussurrai al suo orecchio con un gran sorriso sulle labbra. Ricambiò il sorriso e rimanemmo ancora un po' abbracciati nella cameretta della nostra bambina....di nostra figlia.

Quella era la nostra prima notte nella nuova casa. Eravamo nella camera matrimoniale, a dormire abbracciati l'uno all'altro pacificamente. Era scoccata la mezzanotte da pochi minuti, quando mi svegliai di soprassalto per uno strano fastidio. Mi sedetti sul materasso, mi stropicciai gli occhi e subito dopo passai una mano sulla testa, spostando dalla fronte quei ciuffetti rossastri ribelli. Scostai la coperta dalle gambe per alzarmi ed andare in bagno, quando all'improvviso, mi trovai in un mare di sangue. Il panico prese il controllo, lasciando spazio all'irrazionalità e al caos più totale. Ero lì, immobile, seduta, con lo sguardo fisso su quella chiazza rossastra sulle lenzuola bianche. Con la mano tremolante e gli occhi pieni di dolore, toccai violentemente il braccio di Spencer, con l'intento di svegliarlo. Dopo svariati colpi, mugugnò qualcosa con gli occhi ancora chiusi, e quando si alzò a sedere, guardandomi con occhi assonnati e ingenui, indicai la chiazza sul lenzuolo. I suoi occhi si spalancarono e subito drizzò in piedi. Il panico si impossessò anche di lui, che iniziò a correre da una parte all'altra della stanza, rovistando tra gli scatoloni e cercando qualcosa da indossare. Io ero ancora seduta sul letto, con le mani che stringevano forte il pancione e le lacrime che scendevano dagli occhi, con la gola serrata e la voce che non aveva forza di uscire. Non appena Spencer indossò un paio di jeans e una maglietta rossa, mi prese in braccio e corse giù per le scale, portandomi dritta in ospedale.

Il tragitto era stato silenzioso, pieno di tensione e paura. Fianlemente arrivammo in ospedale, al pronto soccorso. Non ricordo molto bene quei momenti. Avevo la mente offuscata e gli occhi annebbiati. Rammento che alcuni medici mi caricarono su una barella, portandomi non so dove. Stringevo forte la mano di Spencer, e ripetevo in continuazione questa frase: "non voglio perderla. Arrivati in un corridoio, i medici obbligarono a Spencer di restare fuori, mentre mi portarono dentro una stanza buia e fredda. Avevo bisogno del mio ragazzo. Lui era l'unica ancora a cui potevo aggrapparmi in quel mare di paura e panico. Non potevano allontanarlo da me. Passarono minuti....ore. Le infermiere mi stavano accanto e cercavano di tranquillizzarmi. I medici parlottavano tra loro e rimanere all'oscuro di tutto non faceva altro che alimentare la mia ansia e la mia preoccupazione. Dovevo sapere cosa mi stava succedendo.....cosa stava accadendo alla mia bambina. E dopo altri infiniti minuti, vidi Spencer entrare nella stanza, baciarmi la fronte e stringerti forte la mano. Questa fu l'ultima immagine che vidi prima di addormentarmi in un profondo e lungo sonno.

Biblioteque in love~Spencer Reid ❤️Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora