Grandma and granddaughter- 70

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Era passato un mese. Un mese da quando la piccola Juliet era entrata a far parte delle nostre vite, completandole. L'arrivo di quella creaturina era proprio quello che ci serviva per unirci ancor di più e per essere finalmente felici....felici per davvero. Quello era stato un mese difficile, sicuramente ne fu il primo di tanti altri, ma in quei trentuno giorni, crescemmo tanto, più dei nostri ventiquattro e ventisette anni. Passammo nottate insonni, appresso a pappe, pannolini e pianti infiniti. Il giorno ci trascinavamo stacciati in giro per casa, e a malapena tenevamo gli occhi aperti. Ormai andavamo avanti a caffè. Spencer aveva ripreso a lavorare, ma nonostante questo, era sempre presente sia per me che per la piccola. A volte però, mi sentivo sola e abbandonata. Trascorrevo il tempo a piangere, mentre guardavo la piccola e le chiedevo scusa se non ero una buona mamma. Molte volte, quando il sonno mancava di ore e ore, mi passava per la mente il terribile pensiero di lasciare, abbandonare tutto e scappare via. Ma non appena gli occhietti dell mia bimba....di mia figlia incontravano i miei, mentre la tenevo tra le braccia, tutti quei pensieri orripilanti scappavano via. Preoccupata di ciò che mi passava per la testa, ne parlai con mia madre, che in quel mese mi aveva aiutato tanto con consigli e supporto morale, e mi disse con la sua solita calma di parlarne semplicemente con il mio partner. E così feci, parlai a Spencer delle mie paure e delle mie insicurezze da mamma. Mi rispose con una frase saggia, proprio come lui "genitori non si nasce....ci si diventa" aggiunse, inoltre, che tutti quei pensieri erano normali, e disse che era anche un po' colpa sua, visto che trascorreva ore e ore a lavoro, e che avrebbe preso una settimana di tregua da passare con la sua nuova famiglia. E così, da quel giorno, le cose andarono meglio. Mi sentii più sicura sia come mamma che come persona, ero molto più indipendente e riuscivo a gestirmi tra la casa, la bambina e il mio maritino da lì a breve alla perfezione. E durante quel mese, imparai una cosa importante: non importava quanto fosse alto il tuo quoziente intellettivo. Non importava quanto tempo trascorressi a leggere libri su come comportarsi con un bambino. Tutti quei libri andarono persi, perchè ciò che veramente ti faceva diventare un genitore era l'esperienza....l'avventura che stavi vivendo con la tua piccola creatura. E bisognava godersela tappa per tappa, perchè non sarebbe più tornata indietro.

Erano circa le otto e mezzo del mattino. Il sole stava alzandosi nel cielo azzurrino, e i suoi raggi cominciarono a sorgere da dietro la collinetta sulla quale affacciava la nostra bellissima casa. Il chiarore del sole traspariva dalla tendina grigia della finestra della cameretta, dove io e la piccola Juliet eravamo. Le avevo appena finito di fare il bagnetto, e adesso, avvolta nell'asciugamano, era stesa sul fasciatoio e le mie carezze sulle guance le conciliavano il sonno. In quel mese Juliet era cresciuta davvero tanto. Aveva messo su qualche chilo, e delle guanciotte davvero paffutelle. Aveva cominciato a sorridere, e aveva ereditato quelle adorabili fossette dal suo papà. In realtà, era la fotocopia del suo papà. Stesso sguardo....stesso colore degli occhi....stesso sorriso adorabile che ti riempie il cuore. Sulla sua testolina stavano crescendo degli adorabili capelli castano chiaro, che adoravo pettinare con la spazzolina dalle spatole morbide. E lei adorava quando la tenevo fra le braccia e l'accarezzavo, cullandola e tranquillizzandola, mentre le spazzolavo quei ciuffi sulla testa grande quanto una mano. Quando fu vestita e profumata, la presi e la poggiai sul petto, passando la mia mano avanti e dietro sulla sua schiena. Questo movimento delicato parve cullarla, tant'è che crollò nelle braccia di Morfeo in men di un secondo. Adoravo tenerla fra le braccia, sentire il suo respiro, il suo calore, il suo profumo. So che se l'abituavo a stare in braccio, sarebbe stato sempre più difficile farla addormentare in culla o da qualsiasi altra parte....di fatti, i miei genitori spesso rimproveravano me e Spencer poichè ce l'avevamo sempre stretta tra le braccia, e spesso ci litigavamo per chi doveva tenerla per prima o sulla quantità di tempo trascorso avendola sul petto. Ma in fondo, una sola volta erano così piccoli, così fragili e così indifesi. Poi sarebbero cresciuti e quei momenti non sarebbero più ritornati, quindi, meglio godersi quei momenti nel modo più profondo possibile.

Biblioteque in love~Spencer Reid ❤️Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora