Let's go- 62

207 9 0
                                    

E dopo infinite settimane di preparativi per le nozze. E dopo infinite settimane tra scatoloni, mobili e cucine, e dopo infinite settimane di shopping per il nascituro, finalmente era arrivato il momento più atteso dell'anno, sia dai bambini che dagli adulti di tutte le età. Il Natale era alle porte, e come tradizione, ci trovavamo all'aeroporto per imbarcarci sul volo diretto a Lincoln. Dopo tanto, insomma, potevamo tornare a casa; non vedevo l'ora di riabbracciare i miei genitori e il piccolo Mike, dando loro la notizia di aspettare una femminuccia!

E dopo un paio di ore di volo, trascorse la maggior parte in un sonno profondo, atterranno nella cittadina in cui ero cresciuta....la città che portavo nel cuore da quando l'avevo lasciata. Scendemmo dall'aereo e ritirammo i bagagli da quell'odioso rullo che girava in continuazione e che mi metteva addosso una certa ansia. Il perché, però, non lo sapevo. Una volta usciti, cercammo con lo sguardo i volti di mio padre e di quello di Brad tra la folla e la confusione della gente. A un certo punto, dopo interi minuti di sguardo felino sulla preda, trovammo i nostri rispettivi genitori, che si sbracciavano per farci cenno con la mano. Ridendo per la simpatica scenetta a cui stavamo assistendo, corremmo incontro loro, abbracciandoli forte a noi, almeno io per quel che potevo visto che avevo una pancia abbastanza ingombrante. Mio padre, alla mia vista, sorrise e poggiò una mano sul pancione, dopodiché ci ritirammo in macchina per tornare a casa.

Le nevicate erano state molto più copiose rispetto agli altri anni. Metri di neve erano accostati ai lati delle strade asfaltate, e piccoli fiocchi bianchi ricadevano sul nero del bitume. La campagna era completamente innevata, e con fatica ci si riusciva a guidare. Riuscimmo ad arrivare a destinazione, nostante gli abbondanti mentri di neve che avevano ricoperto l'intera città. La casa non aveva particolari addobbi natalizi all'esterno. C'erano solo delle lanterne accese accanto alla porta, che emanavano una luce calda che riusciva ad illuminare gli scalini che precedevano l'ingresso dell'abitazione. <<fate attenzione...questa notte ha fatto una gran gelata e si può scivolare facilmente>> esclamò mio padre aprendo il bagagliaio della macchina per trarne le valigie. <<grazie per l'avvertimento, papà>> risposi ironicamente. Mi fermai a pochi centimetri dal primo scalino, feci un respiro profondo e, visto che ero una ragazza "facile alla caduta", pregai con tutta me stessa che quella volta non avrei fatto nessun capitombolo per poi finire a sedere per terra. Tral'altro ero anche incinta, quindi dovevo stare il doppio attenta. E così, con una mano sigillata alla ringhiera, e l'altra sul pancione, riuscii a scalare quei tre gradini, che però equivalsero alla scalata dell'Everest. Sentii mio padre e Spencer ridacchiare alle mie spalle, e mi trattenei dal fargli un gestaccio. <<che cosa ridete voi due? Voglio vedere che cosa farete quando dovrete portare i bagagli dentro casa!>> esclamai con un sorrisetto soddisfatto sulle labbra. Mi avvolsi di nuovo lo scialle, che prima era scivolato, sul collo con un gesto teatrale, e entrai in casa, anche perché stavo andando in ipotermia lì fuori.

Ma tutto quel freddo glaciale che era penetrato fin dentro le ossa, si sciolse immediatamente non appena misi piede in quella casa, nella mia casa. Una luce calda, data dalle candele, illuminava il piccolo ingresso nella quale mi trovavo. Un bellissimo albero di Natale si alzava fin sopra il tetto nel salotto. Era perfettamente addobbato, con palline, cuoricini in stoffa scozzese cuciti a mano, candele rosse e bamboline di pezza appese qui e la. Mi avvicinai e subito fui invasa dal forte, ma allo stesso tempo piacevole, odore di cannella, che proveniva dalle stecche appese agli stessi cuoricini. Le calze bianche con il nome ricamato in rosso sopra erano tutte appese al caminetto, dalla quale si sentiva la legna umida crepitare. Quest'anno, appese al caminetto, c'erano altre due calze, oltre le nostre cinque. Una grande con scritto sopra il nome "Spencer" e l'altra, grande quanto un piedino di un neonato, con un punto interrogativo sopra. La presi tra le mani. Era così piccola e soffice. Poco dopo, sentii un calcetto bello forte da parte della mia piccolina. Poggiai una mano delicatamente, proprio da dove veniva quel calcetto, e subito dopo ne seguii un altro. Mi vennero le lacrime agli occhi, assieme a un sorriso ebete sulle labbra. <<è carina....non trovi?>> sussultai quando sentii una voce familiare alle mie spalle. Mi girai e vidi mia madre sullo stipite della porta, con un vassoio colmo di dolcetti natalizi tra le mani. <<si....è stupenda>> dissi singhiozzando e al tempo stesso, mi asciugai gli occhi con le dita tremolanti. Mia madre si avvicinò a me e mi porse un fazzoletto, abbracciandomi forte a se. <<grazie...>> sussurrai flebilmente, tra le sue braccia. Sorrise ancora. Anche lei aveva gli occhi lucidi, proprio come me. Abbassò lo sguardo sulla mia pancia, e il suo sorriso si accentuò di più. Non appena poggiò anche lei una mano sul pancione, si sentii un altro calcetto. Entrambi ridemmo felici e entusiaste. <<è fantastico....>> sussurrò lei. <<sono davvero contenta per te...per voi>> mi abbracciò di nuovo forte a sé. <<questa è la cosa più bella che possa mai capitare nella vita. Questo piccolo esserino ti cambierà completamente. Con lui crescerete ancora di più, maturerete sempre di più e soprattutto, capirete che nella vita non si finisce mai di imparare>> oramai ci eravamo sedute sulle piccole poltroncine in stoffa verde chiaro a righe, e stavamo chiacchierando. Ancora non le avevo comunicato di aspettare una femminuccia, ma lo avrei comunque fatto a breve. Le cose che aveva detto erano così vere e così reali che si ampliò ancora di più il mondo nella quale io e Spencer ci stavamo avventurando, assieme a quella piccola creatura che sarebbe nata di lì a poco. Ed io ero lì, seduta accanto alla donna che mi aveva messa al mondo, cresciuta ed amata, ed ascoltavo le sue parole con orgoglio e entusiasmo. Ma il nostro momento fu interrotto dall'arrivo dei "maschietti" di casa. Fecero così il loro ingresso Spencer, mio padre e il mio fratellino Mike. Corse subito ad abbracciarmi, e rimase abbastanza "impressionato", se così si può dire, dall'enorme pancia che mi era cresciuta. <<wow, è davvero.....>> rimase lì, a fissare il mio pancione, sbalordito e senza parole. Wow, non credevo di fare questo effetto. <<stupendo>> disse alla fine, con un sorriso divertito sulle labbra. <<d'accordo, adesso ognuno fa i propri compiti!>> esclamò mia madre con voce squillante e ironica. Drizzammo tutti sull'attenti e ci dirigemmo chi in cucina per cucinare, chi ad apparecchiare la tavola in sala da pranzo e chi fuori a riflettere sulla sua vita. Infatti, dall'enorme finestra della cucina che affacciava sul porticato, vidi Micheal seduto sulle sedie in vimini, con una sola felpa addosso e fumo che usciva dalle sue labbra.

<<hey>> uscii di casa e mi diressi verso il mio fratellino, esposto al vento e al freddo, senza una coperta calda addosso. Mi sedetti accanto a lui, sui cuscini morbidi ma allo stesso tempo gelati. Rimase in silenzio, con la testa abbassata. <<tutto ok?>> domandai poggiandogli una mano sulla schiena. Scosse la testa e con un gesto disperato si rifugiò sulla mia spalla. Cinsi le sue braccia con lo scialle abbastanza grosso da coprirci entrambi. Lo sentii sospirare sulla spalla. <<allora...cos'è successo?>> domandai alzando gli occhi al cielo. Era sempre stato difficile parlare con il mio fratellino. Aveva ereditato le cose peggiori da me e mio fratello, e questa ne era una tra le tante. Nessuna risposta. Così, mi buttai su vecchi ricordi.....ricordi di quando eravamo piccini. <<rammenti quando eravamo ancora piccoli...e spesso, nelle mattine fredde ma non troppo, di primavera venivamo qui fuori, proprio su questa veranda, e ci sedevamo su queste stesse sedie, osservando l'alba sorgere all'oriente>> parlavo con i ricordi, le immagini di quei momenti memorabili di quando eravamo bambini. <<e tu eri piccolino, avrai avuto si e no tre anni, e ti rintanavi sempre nelle coperte, affianco a me, e mi abbracciavi forte, mentre ci coprivamo sotto le stesse coperte....un po' come adesso, no?>> sorrisi e abbassai lo sguardo sul mio fratellino, che proprio come non molto tempo fa, era nella stessa posizione di quel preciso momento. Il suo volto era inespressivo, però molto più rilassato rispetto a qualche secondo prima. Sospirai e rinunciai con l'insistere con le domande, tanto non sarebbero servite a niente. Non aveva voglia di parlarne. Però il fatto che io fossi lì, accanto a lui, lo rassicurava, in qualche modo. E improvvisamente, la sua mano si spostò dalle tasche alla mia pancia. Era immobile, però era lì. Un calcetto si sentii al suo tocco. La sua espressione, da triste e infelice, si trasformò in stupita. Spostò con fretta lo sguardo da me alla pancia, e poi, un sorriso si spanse sul suo viso. <<bello....vero?>> chiesi io emozionata. Lui si limitò ad annuire, ancora leggermente intontito ma contento.

<<allora tesoro, hai scoperto il sesso del nascituro o avete deciso di scoprirlo alla nascita?>> oramai si era fatta notte fonda. La cena buonissima preparata da me e la mamma era terminata con gran successo, e così ci eravamo spostati tutti il salotto per una degustazione di amari preparati direttamente da mio padre e mia madre con grande amore. Il discorso relativo al matrimonio e a tutti i suoi infiniti preparativi si era concluso, e l'attenzione si spostò sulla piccolina che cresceva dentro di me. La domanda fu gentilmente posta da mia madre con immensa allegria, e sia io che Spencer, dopo uno scambio di sguardi con le mani intrecciate tra loro, rispondemmo con altrettanta felicità e all'unisono <<è una femminuccia!>>. Un gran boato si innalzò nel piccolo salotto. Mia madre urlava e piangeva dalla gioia, mio padre abbracciava e tirava pacche sulla schiena di Spencer sussurrando al suo orecchio <<congratulazioni figliolo>> e mio fratello Mike, depresso a causa della fine della breve relazione con la sua ragazza di nome Summer, che credeva "la donna della sua vita", mi abbracciò forte a sé, sussurrandomi un flebile <<sono contento per voi>>. 

Biblioteque in love~Spencer Reid ❤️Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora