Capitolo 9.

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Quando io e Riccardo ci mettiamo a tavola, riesco a sentire un pizzico d'imbarazzo varcarmi il viso. Ho realmente paura che tutto possa andare male proprio come ieri sera. Mi piacerebbe tantissimo cercare di avere un pensiero positivo, ma visto sotto questo punto di vista, è davvero poco probabile che io lo faccia.
"Riccardo, vieni in cucina! È tutto pronto!" Grido, cercando di farmi sentire. Non ottengo nessuna risposta, ma quando sento la porta del bagno chiudersi, ho la conferma che lui abbia perfettamente ascoltato le mie parole.
"Eccomi, sono qui"
Sorrido e distribuisco con calma l'insalata sui nostri piatti. Ci sediamo a tavola nello stesso momento, e mi prendo qualche secondo per ammirare ciò che indossa. Ha una maglia bianca, e la trasparenza che possiede riesce a rendere visibile ogni suo singolo muscolo. Invece, le sue gambe sono fasciate da una tuta di cotone di un nero molto intenso. I suoi capelli sono disordinati e posizionati confusamente proprio sulla fronte, riuscendo a regalargli quell'aria da cattivo ragazzo.
Inumidisce dolcemente le labbra con la punta delle lingua, un attimo prima di schiuderle e fissarmi. Fissarmi con un'intensità davvero assurda.
"Mi piace quest'insalata" Mi dice dopo qualche secondo, non appena manda giù il primo boccone. Io sollevo la testa verso di lui, notando quel leggero strato di olio rendere lucide e rosse le sue labbra.
"Beh, grazie. Direi che è molto semplice da cucinare" Rispondo, facendo spallucce. Lui accenna un piccolo sorriso, afferrando poi un tovagliolo di carta. "Ora puoi dirmi cos'avevi poco fa? Vuoi parlarne?" Gli domando. La mia voce è roca, ha quasi timore di uscire. Un leggero tremolio la attraversa, e penso che il motivo principale sia quella dannata ansia, che mi tiene compagnia praticamente sempre.
"Umh..." Mugola, puntando i suoi occhi su un punto indefinito proprio dietro di me. "Non ti arrendi mai, eh Federica?" Il mio nome pronunciato dalle sue labbra è ancora più bello.
"Beh no... come tutti, anche tu hai bisogno di dire ciò che ti succede a qualcuno"
È assolutamente vero, e di questa cosa ne sono più che sicura.
Lo vedo sospirare, ma quando sorride dolcemente, il peso immenso sul petto si dissolve all'istante, facendomi sfiorare la tranquillità.
"Penso che tu abbia ragione"
La trasparenza nei suoi occhi va' via, lasciando spazio a quel particolare luccichio, che riesce a regalare al suo viso una bellissima sfumatura di colore.
"Lo so che ho ragione" Mi vanto, soddisfatta di aver, almeno per una volta, raggiunto ciò che voglio. "Quindi? Sono tutta orecchie"
"Ti ricordi di quella chiamata a pranzo?" Io annuisco. "Ecco era un mio amico che conosco appena. Era ubriaco marcio e mi ha chiamato perché io lo andassi a prendere..." Borbotta. "Era in un dannato pub! Io sono andato a prenderlo per riportarlo a casa ed è stato più difficile del previsto fargli capire di andare via. Volevo davvero prenderlo a cazzotti, ma ho cercato di trattenermi. Lo conosco da due mesi, più o meno, eppure devo cercare di fargli capire quanto tutto ciò che fa sia sbagliato. Terribilmente sbagliato" Le sue parole mi colpiscono. Riescono forse a sorprendermi. Onestamente non lo so. So solo che il mio viso è riempito da un'espressione sorpresa e il mio cuore inizia a battere un po' più forte rispetto prima.
"Tu bevi?" Gli chiedo. Non so per quale motivo gli ho appena domandato una cosa del genere, ma in tutta sincerità, non voglio abbandonare la mia mente alla confusione più totale.
"Di solito sei sempre così ficcanaso?" Mi chiede, incrociando le braccia al petto e disegnando un simpatico sorriso sulle labbra. La mia dolce risata riempie le pareti, e sapere che la causa sia lui, mi rende davvero felice.
"Soltanto con chi mi sta particolarmente simpatico" Affermo, chiudendo gli occhi in due piccole fessure, per poi mangiare un altro po' di insalata.
Lui alza gli occhi al cielo, bevendo un sorso d'acqua fresca molto lentamente.
"Ottimo" Replica a voce molto bassa. "Comunque no, non bevo. Non più, almeno"
"Prima lo facevi?" Chiedo, attenta. Un altro tassello si aggiunge su tutto ciò che so su Riccardo. Piano piano sto riuscendo a ricostruire una parte della sua storia, e so perfettamente quanto ancora ci sarà da sapere. Probabilmente tante, troppe cose.
"Si, ho iniziato quando avevo circa sedici anni" Fa una smorfia. Forse, ricordare certe cose non gli fa bene. "Ho smesso soltanto tre anni fa"
Vorrei davvero sapere il motivo, ma non voglio apparire una ragazza curiosona ai suoi occhi, per cui rimango in silenzio, mordendomi la lingua lievemente. "Non mi chiedi il perché?" Mi stuzzica, sollevando un sopracciglio. Io ridacchio, colpendo amichevolmente il suo braccio.
"No. Se hai voglia di dirmelo, fallo"
"Si, che ho voglia" Deglutisce rumorosamente e poi continua "Ho capito realmente quanto fosse sbagliato tutto questo, soltanto dopo aver toccato davvero la situazione. Stavo per morire in un incidente... ed essere ancora qui è stata davvero una gran botta di fortuna."
"Oh" Questa è l'unica esclamazione che riesco a dire. Mi ha sorpresa. Sul serio. "Che tipo di incidente?"
"Uno schianto frontale. L'alcool mi ha annebbiato la vista e non sono riuscito a vedere la macchina che correva verso la mia direzione" Mi spiega brevemente. Nei suoi occhi riesco a vedere solo tanta tristezza e la cosa che mi colpisce moltissimo è il fatto che non riesca assolutamente a guardarmi negli occhi. "Quando mi sono svegliato in ospedale, mi sono promesso di non toccare più nessun drink e sono riuscito a farlo. Avevo realmente paura di tutto, ogni cosa mi preoccupava, e ovunque io mi girassi vedevo soltanto il buio. Solo questo"
Riesce a sfiorare la corda più profonda della mia anima molto lentamente, infatti sento i miei occhi inumidirsi.
Ecco di che tipo di errori parlava... adesso ho capito tutto.
"Adesso è tutto finito" Non so cosa si dica in questi casi, ma penso che questa sia la frase più sciocca che io abbia pronunciato. È un avvenimento che lui non dimenticherà mai, neanche in un giorno più lontano.
Questo ricordo rimarrà ancorato a Riccardo per tutta la vita. "Scusami, non avrei dovuto farti parlare di questo inci-"
"No, ogni tanto mi fa bene parlarne. Stai tranquilla" Mi interrompe, rassicurandomi dolcemente. Io annuisco, non sapendo come gestirmi questa strana situazione. "Sono felice che tu lo sappia"
Cerco di cambiare argomento all'istante, e quando mi riesco, mi lascio sfuggire un lieve sospiro di sollievo. Parliamo maggiormente dell'università; lui mi racconta del suo primo giorno e tutti i dettagli divertenti che lo caratterizzarono.
Soltanto dopo cena, lo avviso di dover fare una doccia, per cui mi rinchiudo in bagno per rilassarmi un po'. È stata una giornata strana e stressante, e tranquillizzarmi un attimo è proprio quello che mi serve, no?
Sono fuori dieci minuti dopo, e raggiungo la mia camera soltanto con l'accappatoio stretto attorno al corpo, i capelli legati disordinatamente con un elastico, e il viso un po' umido. Indosso il mio pigiama velocemente e senza perdere altro tempo, m'immergo nello studio.
Riccardo fa irruzione in camera mia mezz'ora più tardi, spezzando del tutto la mia concentrazione e il mio equilibrio. "Cosa fai? Ti rinchiudi qui dentro e ti dimentichi di me?" La sua voce suona come se fosse quella di un tenero bambino ferito. Sollevo lo sguardo per guardalo, e non posso non notare i suoi occhi tristi, il labbro inferiore arricciato verso il basso, e quella piccola fossetta che sbuca al centro della guancia molto delicatamente.
Non so perché, ma quando questa scena si dipinge proprio di fronte ai miei occhi, scoppio a ridere sonoramente, facendo scoppiare di felicità anche il mio cuore.

Lo sbaglio migliore - Federica e RiccardoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora