III

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La mia vita procede tranquilla, come sempre, come se nulla fosse cambiato. Ho diminuito le ore di lavoro per stare più tempo a casa e riflettere, ne avevo bisogno. Elena dice che sembro rinata, che forse era quello che mi serviva per riscoprire me stessa e io le do anche ragione. Solo che mento. Mento perché in realtà sto male, sono venti giorni che non ho notizie di Diego e venti giorni che ogni giorno mi prometto di parlargli ma poi non lo faccio. Sto male, malissimo. Mi manca ogni attimo e sento di non potercela più fare senza di lui.
"Penso di volergli parlare" dico una mattina, mentre io ed Elena siamo sedute al bar a fare colazione. Sgrana gli occhi e mi guarda come se fossi pazza.
"Perché? Stai così bene ora..."
"Non sto bene Ele, non davvero" chiarisco e lei sembra colpita dalle mie parole.
"E cosa vorresti dirgli?"
"Che mi manca" rispondo in un sospiro perché è l'unica cosa che vorrei realmente che lui sapesse.
"Che ti manca? E basta?" Incrocia le braccia sotto al seno e mi guarda di sbieco.
"Questo di sicuro, poi non so..."
"Ancora con questi non so? Fede, stammi a sentire: gli devi parlare quando sei sicura di ciò che provi per lui. Non basta che ti manca, devi andare da lui quando saprai dirgli 'sì, ti amo' oppure 'no, non ti amo'. Lo vuoi capire questo?"
"Lo so bene, non trattarmi come una cretina. Volevo solo fargli sapere che mi manca, è sbagliato?"
"Sì, è una cosa da egoisti. Vuoi fargli sapere come ti senti tu ma non pensi a come potrebbe sentirsi lui nel rivederti senza avere risposte concrete da te"
"Tu dici?"
"Io dico. Non lo devi ancora vedere, chiaro?"
"Mhmh" annuisco e abbasso la testa.
"Fede..." Mi prende un braccio e mi smuove. "Me lo prometti?" Mi guarda negli occhi e io faccio di sì con la testa.
Andiamo al negozio e per tutta la mattina non ho un attimo per pensare ad altro che non sia il mio lavoro. Poi però, all'una e mezza, tutto cambia.
Torno a casa, con Ghost che fa le fusa accanto a me sul divano, e il cervello inizia ad andare a ruota libera.
Elena ha ragione? Sì. Lo so che ha ragione, il suo ragionamento è giusto e so che dovrei mantenere la promessa ma la testa continua a dirmi di fare altro, di alzarmi, vestirmi e trovare un modo di parlare con lui. Vedo dall'Instagram del Napoli che ha da poco finito l'allenamento della mattina e scatto subito in piedi per andarmi a preparare. Metto un pantalone nero con una felpa che mi ha regalato lui e prendo le chiavi del nostro appartamento che non gli ho più restituito. Mi infilo in auto e corro da lui: parcheggio dove non può vedere la mia auto e salgo in casa. Dire che rientrare lì è un colpo al cuore, è dire poco. Non si è mosso nulla dall'ultima volta che sono stata qui, ci sono ancora le nostre foto e tutto il resto. C'è un po' più di disordine e piatti che riconosco essere della signora Anna che sicuramente lo starà accudendo. Vedo sul forno il vassoio dove avevo messo la crostata alla ciliegia, lo prendo per curiosità e ci trovo la crostata ancora intera all'interno e mi sembra strano. Non l'ha neanche assaggiata, perché? La riposo e vado a mettermi sul divano.
Più passa il tempo più mi sale l'angoscia perché so che sto per rivederlo. Bonnie dopo le feste iniziali si è accovacciato ai miei piedi e lo accarezzo cercando di rilassarmi con lui.
E dopo cinque minuti, ecco il rumore della porta che lentamente poi si apre. Bonnie corre dal suo padrone, io resto immobile seduta sul divano. I suoi occhi incrociano i miei e si blocca anche lui, chiudendo poi la porta con un piede. Mi sento come un macigno sullo stomaco, sto andando a fuoco e i suoi occhi che non mi lasciano un attimo non fanno che esasperare la situazione.
"Ho ancora le chiavi" dico per prima cosa, facendogli vedere le chiavi riunite da un portachiavi con la maglia numero 4 del Napoli e il suo cognome.
Le guarda, annuisce e non dice nulla.
"Sapevo che eri agli allenamenti stamattina, perciò sono venuta direttamente qui" spiego e lui ancora annuisce e si toglie il giubbotto e restando in piedi di fronte a me, a due tre metri di distanza.
"Non dici niente?" Mi alzo e faccio qualche passo, lui sembra spaventato e finalmente dice qualcosa.
"Tu sei qui per dirmi qualcosa di nuovo?" Era ovvio che me lo chiedesse, sarai una stupida se avessi pensato che venire qui avrebbe risolto tutto. So che non è così.
"Mi manchi, Diego, davvero..." Gli rispondo, avvicinandomi ancora. So che non è proprio quello che voleva sentirsi dire ma spero gli faccia piacere sentirselo dire.
"Ti manco? Sei venuta qui per dirmi questo?"
"Sì per ora sì. Non potevo?" Allargo le braccia e mi sporgo verso di lui che scuote la testa.
"E' ovvio che io ti manchi, ho fatto parte della tua vita per tanto tempo e ora senza di me ti senti sola e spaesata. Giusto?"
"Sì" è la verità e non voglio mentire.
"C'è una volta, una volta Fede, una sola volta che non pensi a te? Come si può essere così egoisti?"
"Non sono egoista, volevo solo farti sapere che mi manchi, che sto male e che ho bisogno di te.."
"Ti manco, stai male, hai bisogno di me, tu, tu, tu.. La situazione è sempre la stessa a quanto vedo. Non sei qui per dirmi nulla di nuovo"
"Io ti manco o no?"
"E' ovvio che mi manchi, io ti amo! Mi manca tutto di te ma questo non vuol dire che mi faccio convincere da due paroline dolci a fare di nuovo lo stesso errore. Sai che voglio altro"
"Lo so ma io per ora so dirti solo questo"
"Che ti manco?"
"Sì" annuisco e trattengo le lacrime, non voglio essere debole anche stavolta.
"Quando avevo sette anni avevo un criceto, si chiamava Felix. Era il mio migliore amico e passavo i pomeriggi solo con lui. Un bel giorno, dopo sette mesi, morì. Io ci stetti male, piansi, mi dimenai. Mi mancava, mi mancava tanto. Poi arrivò il Natale e i miei mi regalarono un altro criceto..." si interrompe perché vede me fare di no con la testa e poi dopo qualche secondo, continua. "Lo chiamai Felix e mi scordai praticamente dell'altro. Mi era mancato? Sì. Ma l'avevo sostituito facilmente e Fede, come hai detto tu una volta, l'amore è un'altra cosa..." Conclude con gli occhi lucidi e pieni di rabbia.
"Non puoi fare questo paragone Diego, non te lo permetto. Non ti so dire ancora se è amore e mi dispiace aver detto così l'altra sera, non lo penso minimamente.."
"Ma l'hai detto e hai detto tante altre cose che io ricordo benissimo e che ogni notte non mi fanno dormire. Quindi, per piacere, torna quando avrai le idee più chiare e quando il tuo unico problema non sarà che ti manca qualcuno con cui dormire la notte"
"Mi manchi tu, non qualcuno e non voglio sentirtelo dire più"
"Dammi le chiavi"
"Le chiavi?" Questo non me lo aspettavo, inizio a non sentirmi più le gambe e il macigno sullo stomaco è ormai arrivato anche ai polmoni e non riesco a respirare regolarmente.
"Questa è casa mia, poi un domani si vedrà. Dammi le chiavi" ripete e allunga una mano verso di me. Le prendo e gliele lascio cadere sul palmo della mano che tira subito via, attento a non sfiorarmi nemmeno con un dito.
"Sai qual è la strada per la porta, non mi sembra ci sia altro da dire" si fa da parte e mi indica l'uscita.
"Ci rivedremo presto, non è un addio" dico asciugandomi gli occhi con il dorso del maglione.
"Ci rivedremo quando avrai qualcosa di serio e nuovo da dirmi. Buona giornata" mi accompagna alla porta e non appena metto piede fuori la chiude.
Scendo velocemente le scale e attraverso la strada allontanandomi dal suo palazzo. Mi affaccio dal muretto che dà sul mare e cerco di calmarmi un po' perché così non posso guidare.
Mi sento il cuore in ebollizione, mi tremano le mani e non riesco a concentrarmi su nulla che non siano i suoi occhi quasi disgustati dal mio comportamento.

Elena aveva ragione, non dovevo venire, ho solo peggiorato la situazione.

Sogna con me // Diego DemmeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora