I

315 27 24
                                    

Sono passati tredici giorni da quando mi ha lasciato, tredici giorni di confusione totale. Ho provato a chiamarla, ad andare al negozio, a casa sua, ma niente non vuole né vedermi e né sentirmi. L'ultimo messaggio l'ho mandato ieri e mi sono ripromesso di non mandarne più perché come al solito combatto in una guerra che mi vede già sconfitto. È palese che non vuole più saperne di me e io non voglio soffrire più di quanto non stia già facendo.
Come se non bastasse non aveva detto nulla al fratello che continuava a chiamarmi e ad invitarci a cena, agli aperitivi, alle colazioni. Ad un certo punto ho dovuto dirgli di chiamare la sorella e parlarne con lei perché ero stufo di dover continuare a mentirgli. Appena ha saputo tutto si è scusato e ha detto che per lui non è cambiato nulla e che restiamo amici come prima. Continuiamo a correre insieme, a volte ci vediamo per un aperitivo e cose così. Non abbiamo mai parlato di sua sorella ed evito di andare a casa sua, anche se lui non fa che invitarmi ma non mi sentirei a mio agio.

"Allora, novità?" Elif mi avvicina mettendomi un braccio intorno alle spalle e io faccio di no con la testa. Lui è un ragazzo giovane, giovanissimo, con un talento limpido e cristallino. È il nostro diamante ed è anche un gioiello di ragazzo. Insieme a Dries è sicuramente quello con cui ho legato di più, nonostante gli otto anni di differenza che ci separano.
"Non mi vuole più Eli, non c'è molto da aggiungere" dico e si accoda a noi anche Dries.
"Allora lasciala stare, che vuoi fare più?"
"Niente, basta. Le sono sempre corso dietro, fin dal primo giorno. Ora sono veramente stanco, voglio stare calmo. Ho bisogno di tranquillità"
"Hai ragione, purtroppo non è bello ma devi solo stringere i denti e superarlo"
"Sì devo" annuisco, basta piangermi addosso. "Stasera usciamo?"
"Apericena?"
"Alle dieci ti passo a prendere" indico Dries e poi Elif. "Alle dieci e un quarto passo da te" entrambi annuiscono e andiamo ognuno verso la sua auto.
Torno a casa, faccio l'ennesima doccia - oggi sarà la quinta, ma è l'unica cosa che mi rilassa leggermente - mi metto in tuta e sto con Bonnie sul divano. Negli ultimi giorni siamo di nuovo soli e lui sembra quasi triste quanto me. È sempre stato così tra di noi, fin dal primo momento che l'ho visto al canile, piccolissimo e abbandonato. Mi ha guardato negli occhi, io ho guardato lui e ci siamo subito capiti e innamorati. E ora è lui che mi resta, solo lui. Guardo la tv ma non le presto attenzione, non sento nulla. Mi sento solo uno stupido perché sono nella stessa situazione di qualche mese fa, la stessa. Stronza diversa, stesso coglione. Sì perché alla fine possono dire quello che vogliono ma chi sbaglia sono io. Dovrei essere uno di quei ragazzi bastardi, quelli stronzi che piacciono alle ragazze. Invece no, io sono troppo buono, troppo dolce, mi preoccupo, mi sacrifico. Ma purtroppo non riesco a cambiare, sono così e ne sono fiero.
Bonnie abbaia, mi fa spaventare. Mi riporta con la testa alla realtà e al campanello che suona. Raggiungo la porta e apro senza nemmeno chiedere chi è.
La signora Anna coi suoi capelli cotonati, gli occhiali sulla punta del naso e il sorriso che mi ricorda mia mamma, mi mette praticamente sotto al naso un piatto con una fetta enorme di polpettone e la accolgo subito con un abbraccio.
"Signora Anna, le devo fare una statua" le faccio segno di entrare ma lei fa di no con la testa.
"Perché non salite?" Domanda, indicando me e Bonnie. "Pasquale ci sta aspettando" conclude.
"Va benissimo, saliamo Bonnie" gli faccio segno di seguirmi e lui mi viene dietro. Prendiamo l'ascensore e saliamo al piano di sopra. Il signor Pasquale ci aspetta già a tavola, ci sediamo insieme e passiamo una serata spensierata insieme. O almeno, così cerco di far capire loro. Pasquale forse ci crede, si beve la mia farsa. Ma Anna, Anna no. Le donne hanno sempre qualcosa in più, capiscono tutto al volo. La trovo spesso a fissarmi, mi guarda e poi abbassa lo sguardo quando incrocia i miei occhi. Alla fine della cena, Pasquale si mette sul divano, io aiuto Anna a sparecchiare.
"Non avete più fatto pace?" Mi domanda quando siamo vicino alla lavastoviglie.
Nego con la testa e la maschera che ho portato per tutta la serata si disintegra, con Anna non posso fingere.
Annuisce, allunga una mano sul mio viso e mi accarezza lentamente una guancia, facendomi un sorriso dolce.
"Passerà" dice semplicemente ed è la cosa più sensata che mi abbiano detto in questi giorni difficili per me.
Ci mettiamo anche noi sul divano e dopo poco mi trovo con la testa sulle sue gambe e lei che mi accarezza i capelli come si fa con un bambino, con un figlio.
Devo fare resistenza per non addormentarmi e ci vado vicino parecchie volte. Il profumo di casa Contini, la pace che mi trasmette la signora Anna, la sicurezza del signor Pasquale, mi fanno sentire davvero a casa e vorrei poter restare qui per sempre. Ma non posso, ho un impegno e voglio rispettarlo. Ho bisogno di svagarmi e svuotare un po' la testa.
"Devo andare" dico alzandomi, verso le nove e venti.
"Va bene Diego, se vuoi venire pure domani non farti problemi, siamo felici di averti qua" mi dice Anna. Pasquale annuisce e si alza per stringermi la mano da vero uomo d'affari quale è. Bacio la signora Anna e dopo varie raccomandazioni e benedizioni, torno nel mio appartamento.
Faccio un'altra doccia, tanto per non cambiare, poi mi vesto e alle dieci meno cinque scendo. Passo da Dries, poi da Elif. Andiamo all'Ambasciatori a via Crispi, un locale nuovo e alla moda (almeno secondo Elif). Arriviamo lì e prendiamo un tavolo. La musica è quella giusta, le luci perfette, il posto è davvero bello.
Prendiamo un drink analcolico a testa e chiacchieriamo. Cerco di sembrare presente ed interessato ma la mia testa vaga. Vaga e non riesco a fermarla, non dipende da me. Penso a Federica, alle parole che mi ha detto e a tutte quelle che magari ha pensato e non ha avuto il coraggio di dirmi. Mentre io pensavo di essere sulla via dell'innamoramento, lei aveva dubbi da chissà quanto tempo.
"Diego.."
"Sì?" Guardo Dries come se lo vedessi per la prima volta stasera e lui sospira.
"Andiamo? Si è fatto tardi"
"Sisi andiamo, il sonno si fa sentire" guardo l'orologio, è mezzanotte passata ed è ora di tornare.
Li riaccompagno a casa e torno alla mia.
Ancora doccia, ancora pensieri, Bonnie e il mio letto. Spengo il cervello, chiudo gli occhi e cerco di dormire.
La mattina dopo mi sveglio presto, mi metto in tenuta da corsa, metto il guinzaglio a Bonnie e ce ne andiamo un po' in giro per il quartiere.
Alle nove meno un quarto torniamo a casa, mi preparo e vado agli allenamenti.
Cerco in tutti i modi di sfiancarmi, di concentrarmi solo sulla tattica e sugli schemi del mister. Alla fine sono distrutto, mi faccio la doccia e mi vesto per tornare a casa.
"Diego, c'è una ragazza per te alla reception" Tommaso, il magazziniere storico del team, mi avvisa che ho una visita sporgendosi con la testa negli spogliatoi.
Il cuore mi va subito a mille, guardo Dries, poi Elif che mi fanno segno di andare.
Resto immobilizzato per qualche secondo, poi faccio un respiro profondo ed esco dagli spogliatoi andando incontro al mio destino.

Sogna con me // Diego DemmeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora