VII

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Guardo l'orologio appeso al muro del mio studio che segna le ore venti in punto. Sento i passi di Giancarlo, sta per bussare.
"Fede, resti anche stasera fino a tardi?" Mi domanda quando mi vede ancora indaffarata al computer. Annuisco e lo fa anche lui.
"Sì, devo finire questo report" spiego e lui si passa una mano tra i capelli facendo di sì con la testa.
"Se vuoi ti faccio compagnia, sono da solo a casa stasera, ordino le pizze e le mangiamo qui insieme" propone e mi fa sorridere.
"No, Gian, grazie sei gentilissimo ma devo davvero finire qui. Un'altra volta volentieri"
"Okay, a domani allora, buona serata"
"Buona serata a te" ci salutiamo e va via. Non appena sento la serranda calarsi mi rilasso. Sfilo le scarpe, sbottono la giacca del tailleur e lego i capelli con una pinzetta.
Passo più tempo che posso in ufficio anche se non è vero che ho così tanto lavoro urgente da sbrigare. A casa non ho nessuno che mi aspetti, quindi o me ne sto qua o vado in un posto che amo e che da poco ho potuto riabbracciare.
Ne approfitto per cercare un corso di aggiornamento che vorrei fare, è da tanto che non seguo corsi e vorrei tornare a farlo perché era la parte che più amavo del mio lavoro ed è da un po' che l'ho abbandonato. Cerco un po', seguo vari link, guardo vari video di introduzione ai master e sto per spegnere tutto senza aver concluso nulla quando mi si illumina il display del cellulare.
'Sei al negozio?' Una semplice domanda che però mi lascia di stucco. Ci metto un po' per elaborare, poi rispondo di sì. Poco dopo sento battere con le nocche della mano sulla serranda e mi alzo per andare ad aprire. Me la ritrovo di fronte, mi sembra passata una vita dall'ultima volta. Mi sorride ma non è un sorriso vero, è triste, vuoto.
"Vieni" la faccio entrare e lei mi segue nel mio studio. "Come mai da queste parti?"
"Passo spesso qui fuori quando torno a casa dal lavoro e vedo sempre le luci accese. Stasera ho trovato il coraggio di scriverti"
"Hai fatto bene" le sorrido e allungo una mano stringendo la sua. "Dove lavori adesso?"
"Mio padre mi ha presentata ad un suo collega avvocato, faccio la segretaria nel suo studio tre volte a settimana" spiega.
"Ah bene" annuisco e la guardo meglio, non ha per nulla una bella faccia. "Va tutto bene Ele?"
Forse non siamo più amiche, ma non farò finta di non vedere il grido d'aiuto che i suoi occhi mi stanno lanciando da quando è seduta qui di fronte a me.
Alza lo sguardo, mi fissa per un po', poi si sbottona il cappotto e resto a bocca aperta.
"Tu che dici?" Mi mostra il pancino tondo e sodo che preannuncia una gravidanza già bella inoltrata.
"Oddio Ele, che bello! Auguri" La abbraccio ma lei non sembra per niente felice. "Che c'è?" Chiedo, notando il suo stato d'animo.
"Il padre non vuole né me né questo" si indica la pancia e trattiene le lacrime.
"Che dici? Chi è il padre?"
"L'avvocato per cui lavoro. Sposato con tre figli, ha detto che al massimo mi dà un aumento, non vuole sapere altro"
"Ma che stronzo, e tuo padre che dice?"
"Mio padre non lo sa, mi ammazza"
"Non dire così, non è vero. Devi dirglielo"
"Non posso" si sbraccia e si passa le mani sul viso.
"Che può farti? Non sei una bambina, sei adulta. La vita è tua"
"Lo so ma è un suo collega e ho fatto un casino, non me lo perdona, già lo so" scuote la testa sempre più disperata.
"Non puoi nasconderglielo per sempre"
"Lo so ma finché posso lo farò"
"Conta su di me per qualsiasi cosa" le stringo ancora le mani, lei sembra commossa.
"Davvero? Anche dopo tutto quello che ti ho fatto?"
Ha gli occhi talmente rossi e tristi che in confronto i miei problemi mi sembrano nulla.
"Non ce l'ho con te e nemmeno con lui, sono cambiate tante cose in questi mesi, sembra passata una vita"
"Già, lo so. Ma voi siete tornati insieme?"
"Non sai nulla?" La guardo di sbieco, è possibile che non abbia saputo niente?
"No, mi sono tolta dai social e ho cambiato quartiere. Non so nulla. Cosa è successo?"
"Wow.. è una lunga storia, però te la riassumo: l'ho fatto stancare, mi ha definitivamente lasciata, è tornato con Alina, gli ho detto che lo amo la sera prima del suo matrimonio ma si sono sposati lo stesso, due mesi fa a Capri" dico tutto d'un fiato, con lei che ad ogni parola spalanca un po' di più la bocca.
"Ma lui era pazzo di te, glielo si leggeva negli occhi... non può essere..."
"Ho tirato troppo la corda e ora che sono sicura di rivolerlo con me, è lui che non mi vuole"
"Ti ha detto che non ti ama più?" Mi chiede, sporgendosi un po' verso di me.
Scuoto la teste e sorrido amaramente.
"Mai, non ci riesce perché sa anche lui che non la ama e che ama me, solo che ha troppa paura di tornare con me"
"Dio mio, che casino... e io che credevo che vi trovavo innamorati e felici" scuote la testa.
"Magari" sospiro.
"Dopo il matrimonio vi siete più visti?"
"No" abbasso lo sguardo per poi continuare. "Non ho più voluto infierire, non voglio portargli problemi" concludo.
"Capisco... hai finito qui? Che ne dici se andiamo a bere qualcosa?" Mi domanda e io subito le sorrido.
"Per me va bene, andiamo" annuisco e mi alzo ma poi ripenso a ciò che ha appena detto e la guardo fulminandola.
"Io solo analcolici, tranquilla" mi sorride alzando le mani in segno di innocenza e la abbraccio.
Usciamo verso le dieci e con la sua auto andiamo al Miranapoli, e la testa mi riporta a quella sera con Diego e Dries. Quanto vorrei poter tornare indietro e non rovinare tutto quanto...
"Dai, non pensare a nulla ora. Ci siamo noi e dobbiamo brindare al futuro" alza il suo drink con zero alcol e lo faccio anche io con il mio whisky. Ci provo a pensare ad altro, al futuro, a tutto quello di cui sta parlando Elena da quando ci siamo sedute qui ma proprio non riesco a fare a meno di tornare al passato e a quella serata qui. Bevo ancora e ancora, sono poco lucida, brilla.
"Dai andiamo, ti accompagno a casa" Elena mi aiuta ad alzarmi e anche se barcollo un po', riesco ancora a camminare da sola. Entro nella sua auto e prima che possa partire le stringo un polso e lei mi fissa.
"Che c'è?" Chiede, non capendo il mio comportamento.
"Portami a monte, al parco residenziale" dico e lei mi guarda sempre più stranita.
"Perché?"
"Portami lì" non le do altre spiegazioni, lei annuisce e mette in moto. In pochi minuti arriviamo e io scendo dall'auto. Lei mi guarda dal suo posto e non riesce ancora a capire nulla.
Busso al citofono che sapevo di trovare e dopo qualche attimo di troppo di attesa, Kalidou risponde.
"Chi è?" Mi guarda dalla telecamera e aspetta la mia risposta.
"Sono Federica, non so se ti ricordi.."
"Federica di Diego?" Chiede, con una ingenuità e semplicità che mi disarma. Magari fossi ancora di Diego, magari.
"Sì" annuisco.
"Dimmi"
"Mi potresti aprire?"
"Diego non c'è?"
"Non lo so, non volevo bussare lui..."
"Ah... okay. Ti apro allora, buonanotte"
"Grazie mille e buonanotte a te" mi apre il cancelletto e io mi volto verso Elena.
"Abita Diego qui?" Mi domanda sporgendosi con la testa fuori dal finestrino. Io annuisco e lei continua. "Non è con la moglie?"
"No, lei non c'è, è in Germania. Ci sentiamo domani, okay?"
"Sei sicura? Se vuoi ti aspetto qui..."
"Non ti preoccupare, male che vada chiamo un taxi" la saluto con la mano e lei annuisce.
"Va bene, ciao fammi sapere poi"
"Certo, buonanotte" la saluto e spingo il cancelletto chiudendomelo poi alle spalle.

Cammino nel vialetto e guardo i cognomi fuori ad ogni villa, finché non trovo quella che cerco.
Mi prendo qualche secondo per calmarmi, ma l'alcol in circolo non mi aiuta per niente. Non sono ubriaca ma nemmeno sobria, forse se non avessi bevuto ora non sarei qui.
Busso e aspetto.
"Chi è?" La sua voce mi arriva potente e diretta, come un pugno in faccia da Mike Tyson. Resto in silenzio qualche secondo, poi lui apre la porta e mi vede.
"Federica" dico solo e il cancello si apre.

Sogna con me // Diego DemmeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora