Capitolo Uno

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4 marzo 1603

Annekha raggiunse il refettorio, insieme all'amica Mariljn e ad alcuni altri studenti del duecentonovesimo corso, a soli due minuti dal suono della campana che annunciava l'inizio della sesta ora all'Accademia di Neza.

Era un martedì, uno dei giorni più stressanti della settimana. Troppo lontano dal sabato per poter dire di starvisi avvicinando, e troppo vicino al lunedì, troppo simile a esso. Annekha era infatti di ritorno dalle tre ore di addestramento mattutino alle quali partecipava tutti i giorni della settimana ad eccezione del venerdì.

La giovane sospirò, agguantando un vassoio e cominciando a caricarlo con diverse vivande – una zuppa di verdure, un piatto di carne, un frutto, e un dolce.

Fece per prendere il secondo dolce, una scintillante fetta di torta al cioccolato, che ben si sarebbe abbinata al budino che aveva già posato sul vassoio, tra la zuppa e la mela, ma Mariljn la fermò, posando una mano sulla sua.

«Sai che puoi prenderne uno soltanto» la ammonì, quasi con fare saccente. In realtà voleva solo il suo bene, ed esigeva il rispetto delle regole.

Annekha lo sapeva, ma questo non la trattenne dal mostrare i suoi occhi più teneri ed espressivi. La loro forma sottile si arrotondava fino a farla sembrare un'altra persona, e il loro colore sembrava passare da quello dell'ambra a quello del miele, quando lo faceva. E sapeva che per Mariljn risultava essere pressoché irresistibile.

La ragazza, infatti, arrossì, e distolse lo sguardo. «Anche se lo prendi ti fermeranno, alla cassa» aggiunse, sempre senza guardarla, e rivolgendo la sua attenzione alla frutta tra la quale poteva scegliere, ancora indecisa.

«E se lo prendi tu?» propose Annekha.

Mariljn le rivolse lo sguardo, e fu sul punto di dire di no, ma l'amica la ammaliò, sbattendo più volte le palpebre, ostentando innocenza.

Mariljn sospirò, e acconsentì. La reazione di Annekha fu un enorme sorriso, e un'esultazione soffocata, insieme a un grazie. Lo avrebbe urlato, se non le fosse importato delle persone che aveva attorno.

Mentre erano in coda alla cassa, parlarono della giornata, dei corsi ai quali avevano partecipato, e di ciò che le attendeva. Annekha ribadì, per l'ennesima volta, quanto avrebbe preferito avere le lezioni di teoria alla mattina, e l'addestramento al pomeriggio, sostenendo di non riuscire a trovare la concentrazione, dopo il mezzogiorno.

«E poi, odio questo periodo dell'anno.»

«Perché?» chiese Mariljn, sistemandosi un boccolo castano che era scivolato oltre la sua spalla.

«Perché cambiano gli orari del refettorio, e mangiamo un'ora più tardi del solito!» rispose Annekha. «Non riuscirò mai ad abituarmici...» Sospirò, massaggiandosi lo stomaco, che sentiva vuoto, alla disperata ricerca di cibo.

«Be', guarda il lato positivo» disse Mariljn, sorridendo. «Almeno Djric può tenerci il posto a tavola.»

Fece cenno con il mento al ragazzo dalla pelle ambrata che si dondolava su una sedia.

Annekha annuì, consolata, ma solo in parte.

Djric era il fratello di Mariljn, maggiore di lei di due anni e mezzo. Apparteneva quindi al duecentoquattresimo corso, un corso pari, che durante la prima metà dell'anno, fino a giugno, pranzava al refettorio alla quinta ora, dalle dodici alle tredici. Non avendo corsi durante la sesta ora, attendeva la sorella e l'amica al refettorio, riservando loro due posti su una delle lunghe tavolate.

Tuttavia, Annekha non riusciva a controllare la sua fame, e rimpiangeva la seconda metà dell'anno, durante la quale i turni al refettorio erano invertiti per i corsi pari e dispari, e lei non doveva quindi aspettare fino all'una per mangiare, ma poteva aver finito entro le dodici e mezzo. Da luglio a settembre, invece, erano Annekha e Mariljn a ricambiare il favore a Djric, e a tenere una sedia occupata per lui.

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