Capitolo Nove

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Neza era una città molto più inquinata di quanto Rozsalia ricordasse. La coltre di fumo che vi aleggiava era tanto densa da permeare nelle strade, e negli edifici. Ingrigiva qualsiasi cosa toccasse.

Il quartiere Imperiale, perlomeno, si trovava più distante dalle fabbriche del quartiere di Fogad, nel quale si producevano gli armamenti. Rozsalia aveva mandato alcuni membri dell'avanscoperta proprio lì, quel giorno, per racimolare informazioni ed equipaggiamento, e per distrarre le autorità nel caso in cui qualcuno avesse notato l'arrivo degli Yksan a Wedenak. Si sarebbero tutti concentrati sul gruppo che era andato a Fogad, ignorando che la Comandante Fenice si era in realtà recata proprio nel cuore della città.

Ma Rozsalia non si trovava lì per colpire l'Impero. Non direttamente, almeno. Non avrebbe avuto senso attaccare il Palazzo Imperiale, ad esempio. L'Alto Imperatore sarebbe stato pronto, e avrebbe avvertito gli Halosat e l'intero esercito preventivamente. Combinando un attacco al fronte Sud con l'invasione di Fogad, invece, Rozsalia poteva considerarsi un elemento ignorabile nel grande sistema che era la guerra.

Si mischiava con facilità tra la gente più benestante dell'Impero di Zena, gli Halosat Guerrieri Maggiori e le loro famiglie appartenenti alle Alte Case. L'unico elemento che avrebbe dato nell'occhio, di tutta la sua figura, sarebbero stati i suoi capelli rossi, ma poteva dirsi abituata a essere osservata per quella sua caratteristica. Certo, i suoi vestiti non erano appariscenti, e questo, nel contesto del quartiere Imperiale, la rendeva un corpo estraneo, e quindi più vistosa di tutti gli altri. L'unico granello di sabbia in mezzo alla polvere d'oro.

Tuttavia, nessuno sembrò davvero notarla. Dovevano averla scambiata per un'abitante del quartiere Residenziale che aveva preso il treno sbagliato e stava cercando la via per la stazione centrale. E nessuno l'avrebbe aiutata, perché era inferiore.

Camminò con passo svelto, e il più possibile deciso, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé, verso il suo obiettivo. Sapeva dove andare. Doveva raggiungere la residenza di Khilents Chayon e di Lanes Kerol. Trattandosi della famosa Djabel del Dragone era stato abbastanza facile, per Rozsalia, ricevere notizie su di lei dagli sfregiati che erano arrivati a Noomadel molto tempo prima. Rozsalia era sempre stata in possesso di quelle informazioni, ma non le erano mai davvero tornate utili, fino a quel giorno.

In molti, tra gli Yksan, avevano parlato della Battaglia dei Tre Dragoni, durante la quale Lanes Kerol aveva utilizzato le sue tre illusioni realistiche per eliminare un intero esercito che marciava nella sua direzione. Un esercito composto da più di seicento soldati.

Da quel punto in poi, le versioni cambiavano. Vi era chi diceva che lo aveva fatto perché ormai schiava della follia, altri perché obbligata dal disertore Endris Larenc, altri ancora perché era sempre stata fedele a Noomadel, e mai all'esercito di Zena.

Ma Rozsalia conosceva la verità. Sapeva che Larenc e Kerol volevano fuggire, e che Kerol aveva rischiato tanto solo per lui. Sapeva che aveva messo in conto di vivere con così tanti cadaveri sulla sua coscienza – perché, sepolta da qualche parte, anche Lanes Kerol aveva una coscienza – guidata solo ed esclusivamente dal suo cuore.

E sapeva anche che Larenc non l'avrebbe mai obbligata a fare nulla che lei non avesse voluto, ma che al contrario, con tutta probabilità, in quel momento le stava urlando di fermarsi, e che anche lui aveva agito per amore.

Ma Rozsalia sapeva anche che non c'era posto per l'amore, nella guerra. Ed era proprio per questo che si trovava a Neza.

Alzò la sciarpa per coprire il suo naso, nascondendo le lentiggini che costellavano le sue guance, e si avvicinò a quello che sapeva essere il grattacielo in cui vivevano Khilents Chayon e Lanes Kerol.

Alzò la sciarpa per coprire il suo naso, nascondendo le lentiggini che costellavano le sue guance, e si avvicinò a quello che sapeva essere il grattacielo in cui vivevano Khilents Chayon e Lanes Kerol

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