Capitolo Sei

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Dalla linea dell'orizzonte facevano capolino delle sagome scure, che Rozsalia sapeva essere il profilo della città di Herenthel. Era un luogo segreto agli abitanti dell'Impero, ma a esso subordinato, come ogni angolo di Zena. Era collegata tramite un portale onirico ad Azuda, città fantasma di collegamento tra il regno di Noomadel e l'Impero di Zena, e tramite una lunga strada asfaltata alle prigioni di Gejta, sempre sotto il controllo dell'Impero.

A Herenthel venivano mandati i Djabel che avevano ricevuto sfregi cerebrali irrecuperabili ma che non avevano perso le capacità motorie di base, o che comunque avrebbero ancora potuto combattere. Ed erano questi Djabel, dopo un periodo di assestamento e di vero e proprio lavaggio del cervello, a costituire l'esercito degli Yksan.

Herenthel era infatti una sorta di copia distorta della città di Neza. Conteneva l'Accademia, il quartiere militare di Fogad, e una riproduzione fedele degli altri tre quartieri – Residenziale, di Wedenak, e Imperiale. Vi era persino una copia in miniatura del Palazzo Imperiale. Rozsalia non aveva mai scoperto che cosa si trovasse all'interno, però. E non l'avrebbe mai saputo.

Lo scopo di Herenthel era abituare i Djabel sfregiati al passaggio dal fronte di Zena a quello di Noomadel, per il quale avrebbero presto cominciato a combattere. Il periodo alla falsa Accademia della Guerra serviva per convincerli di essere tornati a casa dopo il tempo passato alla clinica di Wedenak, dove venivano trattati per l'appunto i Djabel che avevano subito sfregi più o meno gravi.

Nel giro chi di qualche settimana, chi di qualche mese, i Djabel venivano mandati al fronte. Ma non era vero. Venivano inviati a Noomadel, spesso tramite una strada che attraversava le pianure, le colline, il fiume e le foreste, e altre volte tramite un doppio passaggio attraverso i portali onirici, prima per raggiungere Azuda, e poi per raggiungere Noomadel.

Così i Djabel diventavano Yksan. Cambiavano nome, ma la sostanza rimaneva il più possibile inalterata. Era anche vero che a Herenthel, mentre i Tesrat fedeli all'Impero li addestravano convincendoli di combattere per la loro patria, alcune squadre di Megert si occupavano dei soggetti più problematici. Chi non si piegava alla tortura psicologica, quindi, veniva manipolato in qualche altro modo. Tutte le apparecchiature si trovavano nel falso quartiere di Wedenak. Nemmeno lì Rozsalia aveva mai messo piede. Non ne aveva mai davvero avuto il coraggio.

Tuttavia, sapeva di dover eseguire l'ordine che le era stato dato dall'Alto Imperatore, proprio come facevano tutti i Tesrat e tutti i Megert che si trovavano a Herenthel. Tutti stavano contribuendo alla guerra, che non era uno spreco di vite umane quanto un sacrificio necessario, per mantenere l'Equilibrio tra le due forze – entrambe poi diramazioni del potere dell'Impero – poiché conservare lo stato di guerra era l'unico modo per dare agli Ember un motivo per continuare a vivere.

Rozsalia aveva impiegato molto tempo ad accettare, e a capire, ma ora era convinta di ciò che stava facendo. Ora era in grado di sorvolare la sofferenza di tutti quegli Ember, perché vedeva un bene più grande, per tutti loro, una luce in mezzo a tutto quel buio. E spiccava notevolmente, tanto che, quando i pensieri della vecchia Rozsalia tornavano a infestare la sua mente, era rapida a cacciarli via, e si chiedeva come avesse fatto a non vedere la verità, per tutto quel tempo.

La realtà era che da quella luce Rozsalia era stata semplicemente accecata. Non vi era alcun bene in quella guerra. Non vi era alcun bene nella morte. E non vi era alcun bene nella vita. Era tutta una bugia, ma era troppo allettante credervi. Era l'unico modo di restare in vita senza soccombere alla follia.

Forse anche Rozsalia lo sapeva. Forse tutti lo sapevano. Ma una coscienza troppo forte, una voce troppo alta, non avrebbe giovato a nessuno. Rendersi conto che ciò che stava accadendo su Zena non era il bene degli Ember equivaleva a rendersi conto che il bene degli Ember non sarebbe mai potuto accadere, perché il bene di un Ember è il male di un altro. Si sarebbe ricaduti nelle antiche morali, che gli Ember avevano impiegato così tanto tempo a superare, per abbracciare una nuova religione, una nuova bugia, e affidarsi all'Alto Imperatore.

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