Capitolo Cinquantuno

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Vinczel sembrava aver costeggiato la parete del Vuoto – Annekha aveva trovato i resti di un focolare acceso in una caverna rivolta verso nord. Doveva aver fatto del suo meglio per liberarsi delle tracce, ma non aveva avuto scelta – aveva bisogno di ripararsi dal freddo.

Il metodo che Annekha aveva utilizzato per calarsi nel Vuoto poteva dirsi alquanto singolare. Aveva dovuto infrangere più di un divieto per scendere nell'enorme cratere.

Djric, il quale era di turno al discensore, al contrario di ciò che aveva affermato Dasdany Jancsi, aveva tentato in ogni modo di fermarla, di farla ragionare. Le aveva parlato del divieto imposto ai Djabel di scendere nel Vuoto, e Annekha aveva ribattuto dicendo che questa esclusione era assurda, e di certo non poteva essere applicabile alla discendente della famiglia più importante dell'Impero di Zena.

Aveva scelto di non parlare di Dasdany e della sua lista nera – Djric ne era a conoscenza, oppure non le avrebbe creduto. Inoltre, Annekha era di fretta. Tremendamente di fretta.

Come si era aspettata che facesse, Djric aveva ribattuto dicendo che stava solo eseguendo degli ordini. Come se non fosse sua, l'idea di fermarla. Come se non fosse sua intenzione impedirle di andarsene. Come sempre.

Aveva giocato la carta di Mariljn, la quale era triste e depressa a causa della sua prolungata assenza. Aveva detto che si sentiva sola, e messa in disparte. E non aveva avuto nemmeno il coraggio di dire che così era come si sentiva anche lui.

Nulla era servito a smuovere Djric. Nemmeno la promessa, già fatta a Mariljn, che sarebbe tornata, e sarebbe stata sul campo di battaglia, il giorno del suo compleanno, il trentuno ottobre.

Così Annekha non aveva avuto altra scelta che usare il suo Dragone. Non per fare del male a Djric, ovviamente, ma per fuggire nel Vuoto. Lo aveva reso un'illusione realistica, spaventando Djric e tutti i Paranx sul margine del cratere, e infrangendo la legge. Poi era saltata in groppa all'enorme bestia, arrampicandosi dalla coda sul corpo squamoso e freddo. A quel punto, aveva ordinato al Dragone di sorvolare il Vuoto.

Non si era nemmeno voltata indietro, ma Djric aveva mostrato sicuramente, come tutti gli altri Paranx, un'espressione allibita e forse terrorizzata dipinta in volto.

Dopo aver adocchiato le cascate e aver calcolato quanta distanza Vinczel avrebbe potuto percorrere in un giorno, Annekha aveva fatto planare il Dragone, e aveva continuato il viaggio a piedi. Aveva infatti avvistato la caverna nella quale il ragazzo aveva dovuto passare la sua prima notte in solitudine nel Vuoto.

Ora il Dragone si era dissolto nel nulla, e Annekha continuava a camminare, i suoi passi scrocchianti sulla brina che ancora ricopriva e cristallizzava il prato. Nonostante la sciarpa alta sul suo viso, minuscole nuvole bianche si formavano ogni volta che la giovane donna espirava.

La sua borsa di provviste pesava sulle sue spalle, mentre tra le mani stringeva il fucile, già carico, la sua unica difesa contro i mostri che lei non riusciva a controllare.

Il bianco della brina e della neve rifletteva il sole, e Annekha era costretta a stringere gli occhi, o a portarsi una mano sulla fronte, per farsi ombra. In mezzo a tutto quel bianco, pensava sarebbe stato facile individuare Vinczel, ma a quanto pareva il ragazzo non aveva intenzione di farsi trovare.

Poco importava, si disse lei. Lo avrebbe trovato, con un po' di fortuna quel giorno stesso. Annekha credeva fermamente che la guerra dovesse essere vinta dai Tesrat, e che Vinczel fosse la chiave per la vittoria. Su questo non aveva dubbi.

Le importava gran poco del suo destino, poiché lo riconosceva come inevitabile, a differenza di tutti gli idioti, primo tra tutti suo padre, che combattevano disperatamente per tentare di cambiarlo o di ritardarlo. Tuttavia, Annekha sapeva che se non avesse agito si sarebbe sentita inutile, e per quanto il suo agire fosse già stato decretato dalle stelle o dallo stesso Alto Imperatore, lei ne sentiva il bisogno. Quindi, sentiva di capire anche suo padre.

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