Capitolo Ottantasette

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L'intero esercito degli Yksan aveva attaccato Magastor. Si trattava di Solean e di circa un migliaio di altri soldati. Zena ne aveva molti di più, ovviamente, ma non avrebbe fatto in tempo a mandarli lì, per quando loro avrebbero conquistato il fronte.

In effetti, avevano trovato la via libera. I Tesrat dovevano essere più concentrati a nord, dove i mostri stavano attaccando e Vinczel stava creando scompiglio. Temevano di più per il fronte del Vuoto, per il fronte Sud, e persino per Fersenvar, ma non per Magastor. Su quello si sentivano sicuri. Ed era proprio questo il punto di vantaggio di Solean.

Soltanto il portale era malamente difeso da una decina di giovani Tesrat, che non fecero neanche in tempo a dare l'allarme alle truppe che si trovavano alla base prima di essere sbranati dalle illusioni delle belve più feroci in possesso degli Yksan, delle quali Solean aveva pensato bene di circondarsi. I soldati di Noomadel avevano poche munizioni a disposizione, e le avrebbero risparmiate per quando avrebbero avuto bisogno di una gittata maggiore. Fino a quel momento, avrebbero utilizzato le loro illusioni. E, dopo mesi o addirittura anni di addestramento, le sapevano usare molto bene.

Solean ordinò di avanzare compatti per la piana di Magastor. Il fronte era pressoché deserto, e non vi era altro suono che il fruscio delle loro uniformi e lo scrocchiare della neve. Magastor, d'inverno, non era altro che una pianura bianca, pessima per condurre un attacco a sorpresa. Ma il loro numero avrebbe fatto la differenza, contro quello pressoché nullo dei Tesrat stanziati lì, insieme alla tecnica degli attacchi simultanei.

Conquistare il fronte fu facile. Gli Yksan accerchiarono il campo base, prima di tutto. Chi controllava le illusioni volanti prese il controllo delle cinque torri rimaste dopo il crollo della Quinta e della Settima, tutte inutilizzate dai Tesrat da quando era vietato ai Djabel prendere parte ai combattimenti - sarebbe stato più saggio demolirle, ma i Tesrat non avevano immaginato che gli Yksan sarebbero un giorno riusciti ad avanzare tanto da raggiungerle.

Solean stava finalmente portando a compimento il proprio destino - conquistare Magastor. L'Imperatore lo aveva avvisato, oltre vent'anni prima, che portare Magastor nelle mani degli Yksan sarebbe stato il suo compito. Solean non aveva garanzie su ciò che sarebbe avvenuto più tardi, ma nemmeno gli importava. Tutto ciò che aveva in mente era una promessa, una fatta al suo più caro amico tanto tempo prima. Così tanto tempo prima che i contorni del suo viso cominciavano a farsi sfocati, nella sua mente.

Era accaduto al fronte del Vuoto, ed era stata l'ultima volta che lo aveva incontrato. Fersenvar per Magastor, gli aveva detto, gli aveva promesso, ma la sua era suonata come una minaccia, tanto che Larenc aveva indietreggiato, spaventato da quello che non aveva riconosciuto come il suo migliore amico.

Ma aveva promesso. Non aveva stretto la sua mano, ma non ce n'era stato nemmeno il bisogno. Solean si fidava di lui. E fu felice, non appena fu sicuro che nessun Tesrat era rimasto al fronte di Magastor. Sentì un peso in meno sullo stomaco. Riuscì a sospirare di sollievo, dopo tanto tempo.

E alzò lo sguardo al cielo, al nulla, al luogo al quale tutti gli Ember rivolgono lo sguardo, quando ricercano i loro cari, che non si trovano da nessuna parte, sulla loro misera terra. Guardano il cielo per esclusione.

E pensò a Larenc. Non all'eroe nero di Fersenvar. Non all'ultimo erede della famiglia Endris. E non al traditore che non era mai stato.

Pensò a Larenc. Al suo migliore amico.

E, una volta che fu issata la bandiera del Lupo d'Argento sull'accampamento e sulla torre più alta, di nuovo si rivolse a lui, con quelle stesse parole, che non erano più una richiesta, né un ordine, ma un ricordo. Un ricordo che Solean avrebbe sempre custodito. «Fersenvar per Magastor.»

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