Capitolo Sessantasette

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L'unico Paranx rimasto le si avvicinò. Non era un Ricognitore, ma un Esploratore. Insieme a un altro, si trovava lì per aiutarli a rintracciare Rozsalia, se fosse riuscita a scappare nel Vuoto o semplicemente se si fosse diretta lì dal principio, ignorando la luce accesa. Non era stato necessario. La Comandante Fenice era stata abbastanza stupida da cadere nella trappola.

«Perché ti interessa?» chiese Annekha, ancora senza guardarlo. Non voleva più pensare a lui come a un amico. Non voleva più nemmeno pensare al suo nome. Voleva concentrarsi solo e soltanto sulla sua prossima mossa. Sul suo destino. Voleva che tutto finisse in fretta. Voleva solo saldare il suo debito, e andarsene in pace.

Erano passati tre mesi dalla morte di Mariljn, e uno dalla morte dei suoi genitori. Annekha era sola, e stanca. Non aveva più una famiglia, non sentiva di averne una, e sentiva di non averne mai avuta una. E allontanava da sé le uniche due persone che le stavano ancora vicine - Mikhay e Djric.

Dopo che era stata sfrattata, come tutti gli altri Djabel, si era rifiutata di vivere in una bettola del quartiere Residenziale, e aveva chiesto di avere una residenza all'Accademia. Con sua grande sorpresa, aveva scoperto che anche lì, ora, i Djabel erano relegati in un angolino - il dodicesimo e ultimo piano dell'ala sud-est dell'Accademia.

Non che vi fossero molti Djabel che ancora si iscrivevano ai corsi. La carriera militare era ormai per loro una condanna a lavori d'ufficio. Solo chi aveva già una posizione aveva potuto mantenerla, ma non era così semplice.

Annekha era stata una degli ultimi Djabel ad avere il diritto di salire di grado, ed era diventata, a dicembre, una Paranx Ricognitrice. Suo padre non lo aveva mai saputo - Annekha non aveva fatto in tempo a comunicarglielo, prima di conoscere l'esito dell'esame, che era giunto lo stesso giorno in cui era stato celebrato il funerale per entrambi i coniugi Khilents.

Annekha aveva allontanato tutto e tutti, nonostante le fossero rimaste soltanto due persone davvero care. Mikhay si era rassegnato, e aveva deciso di lasciarle il suo spazio, ma non era tornato a Parthoz - l'avrebbe servita, in quanto figlia di Khilents Chayon, fino a che non sarebbe più stato utile.

Annekha era stata tentata di licenziarlo, ma la realtà era che aveva troppa paura di rimanere completamente sola. Mikhay era la sua unica sicurezza, e non era mai stato invasivo, nei suoi confronti. Lo apprezzava proprio per questo.

Djric, al contrario, era sempre stato un testardo. «Questo atteggiamento fa più male a te che a lei.» la avvertì, i suoi occhi castani fermi, decisi a scontrarsi contro l'ambra dei suoi.

Ma, quando accadde, vacillò. Annekha le scoccò uno sguardo offeso. «E tu che ne sai?» gli chiese, senza alzare la voce, ma piuttosto abbassandola a un sussurro. Il risultato fu ancora più inquietante.

«Lo vedo.» rispose Djric, coraggioso, facendo cenno verso di lei, «E ti giuro, Anne, non ti ho mai vista così.» disse, il suo tono ora più profondo, mentre scuoteva la testa, «Ed è spaventoso vedere come sei cambiata.»

«Non ho avuto scelta.» si giustificò lei, ora superandolo, e avviandosi verso le scale di legno marcio che portavano al piano superiore, ma che forse, visto il loro stato, non l'avrebbero riportata al piano inferiore, «L'alternativa sarebbe stata annegare nelle illusioni, come hai tentato di fare tu.» lo accusò, il suo tono ora più acido, il suo sguardo più penetrante, nonostante fosse solo un'occhiata lanciata da sopra la spalla, mentre sfiorava il corrimano e saliva le scale, «E, dimmi, ha funzionato?» lo sfidò, alzando il mento.

Djric fu costretto ad abbassare lo sguardo. Senza aprir bocca, aveva già detto tutta la verità.

«Non morirò come hanno fatto loro.» disse Annekha, in un sussurro, udito solo da Djric, nel silenzio del rifugio, mentre la polvere, sollevata dal loro passaggio, ricadeva come neve sul pavimento, sul tappeto e sulle scale, «Non morirò come hai fatto tu.»

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