Capitolo Quarantatré

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«In missione?» chiese Djric.

Vinczel annuì vigorosamente, accettando la bugia che il Paranx gli stava sventolando davanti al naso.

Aveva abboccato, come uno stupido pesce. Djric sorrise. Era a un passo dallo smascherarlo. «Squadra?» continuò con le domande.

Vinczel non poteva mentire. Non conosceva i codici di altre squadre che avrebbero potuto essere già nel Vuoto, o non esistere nemmeno. Doveva dare il nome della propria. Rivelare la propria identità non significa necessariamente rivelare anche le proprie intenzioni, e Vinczel poteva mascherare la sua fuga con la scusa di una missione. «I-11.» rispose, sincero.

«I-11.» ripeté Djric, ora quasi ridendo, «Ilyun.» scosse la testa, «Quanto sei stupido.»

Vinczel aggrottò le sopracciglia, unico segno di quanto si fosse offeso visibile a Djric.

«Pensi che non conosca il codice della squadra a cui appartiene anche Anne?» sospirò lui.

Vinczel abbassò lo sguardo. Era stato stupido. Non aveva curato il suo piano di fuga nei particolari, e non sapeva che proprio quel giorno Akilmas Djric sarebbe stato di turno. Ma non aveva altra scelta. Doveva fuggire, quel giorno. Non poteva aspettare ancora.

«E poi, non esistono squadre composte da una sola persona.» continuò Djric, «E finché non la vedo comparire insieme a un ordine o una lettera dell'Accademia o dell'Alto Imperatore in persona che mi dimostra che tu sei autorizzato ad andare lì sotto,» fece cenno al margine del Vuoto, a due passi da loro, «Tu rimani qui.»

Vinczel scosse la testa, e fece un passo verso Djric. «Ti prego,» cominciò a dire, la sua voce ovattata dalla pesante sciarpa che copriva il suo viso. Un paio di fiocchi di neve si posarono su di essa, una sorta di ridicola barba appena accennata, che si scioglieva ogni volta che il giovane uomo espirava attraverso la fibra sintetica.

Djric lo guardò fisso negli occhi, freddo. I suoi occhi, anche se di un castano caldo e accogliente, sembravano fatti di ghiaccio. «Non si può fare.» gli negò, spietato, «E poi, ai Djabel sarà vietato recarsi nel Vuoto, di qui a due giorni. Meglio cominciare ad abituarti ora.»

Vinczel rimase colpito, e senza parole con cui ribattere. Le intenzioni dell'Alto Imperatore nei confronti dei Djabel gli sembravano sempre più sospette. Vietare ai Djabel di recarsi nel Vuoto, probabilmente a causa del rischio che si tramutassero in mostri, significava anche privarli della possibilità di entrare a far parte dei Paranx Esploratori. E, avendo già eliminato il rango di Djabel dall'esercito, questa risultava essere solo un'ulteriore limitazione alla loro libertà di scegliere il proprio futuro e dirigere la propria carriera militare. Il prossimo passo, probabilmente, sarebbe stato impedire loro di diventare Halosat, con la scusa che non sarebbe stato affatto sicuro avere dei potenziali mostri così vicini all'Alto Imperatore. Come se non avesse saputo prevedere un pericolo alla propria incolumità con secoli di anticipo.

«Non deve importarti di dove sarò tra due giorni.» si rivolse a Djric, «E poi, io non lo sapevo.» disse ancora, alzando le spalle. I cittadini di Zena non avevano ricevuto questa comunicazione della quale solo Djric sembrava essere al corrente – vi era anche la possibilità che si trattasse di una bugia inventata dal giovane in quel momento, funzionale solo a tentare di dissuaderlo. Nessuno, tranne l'Alto Imperatore, dopotutto, avrebbe potuto provare che Djric sapesse dell'incombente divieto.

«Chi va lì sotto è responsabilità mia.» ribatté Djric, «Chi crepa lì sotto è sulla mia coscienza. Se vuoi farti fuori in qualche maniera fantasiosa, sali in cima alla torre della biblioteca e poi salta giù. È comunque un bel volo.»

«Non sono qui per questo.» anche Vinczel abbassò la sciarpa, e cominciò a rispondere a tono, ma sempre con il suo obiettivo chiaro in mente, nella sua mente sempre lucida. «E se volessi farla finita, non sarebbe di certo la tua faccia, l'ultima che vorrei vedere prima di andarmene.» aggiunse.

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