Capitolo Sessantanove

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«Non vai ad Azuda?» Djric chiese ad Annekha, dopo un incalcolabile, prolungato silenzio.

«No, non ho intenzione di morire oggi» rispose lei, lo sguardo ancora fisso fuori dalla finestra. «Se ci sono rinforzi, saranno ad Azuda. È meglio aspettare che vengano qui a cercare la loro Comandante.»

«E se non lo facessero?» ipotizzò Djric.

«Lo faranno» disse Annekha, sicura di sé. «Rozsalia è sempre molto ben organizzata, e soprattutto paziente.»

«Voglio dire, se andassero direttamente dal loro Comandante?» riformulò il ragazzo. «O se ci andassero prima di tornare qui?»

«Allora i miei uomini li avranno uccisi, nel momento in cui si sono voltati verso il portale per Noomadel invece che quello per Telei» risolse il dilemma Annekha.

«Hai già mandato qualcuno ad Azuda?» si sorprese Djric.

La ragazza sogghignò. «Pensi che abbia organizzato questo piano in una giornata?» Scosse la testa.

L'attenzione dei due venne all'istante catturata da un fioco bagliore di un arancione biancastro – il portale si stava illuminando. Qualcuno lo stava attraversando.

Annekha sbirciò per una frazione di secondo, prima di abbassarsi fin sotto il profilo della finestra.

«Non sono i nostri» dedusse Djric, copiandola nell'abbassarsi a terra.

«Ne ho visti due» lo informò Annekha, estraendo la propria pistola dalla fondina, e caricando sei colpi. «Avanscoperta» aggiunse, poi, perché anche Djric si preparasse al tipo di scontro nel quale si stavano per gettare.

Djric annuì, caricando a sua volta la pistola.

Annekha fu la prima a uscire dal nascondiglio, sbirciando di nuovo dal vetro della finestra. I due dell'avanscoperta reagirono, senza dubbio vedendola, forse persino riconoscendola. Non avrebbero potuto creare alcun diversivo – la Comandante Fenice era stata già portata via, e i suoi capelli del colore del fuoco erano inconfondibili. Nessuno su Zena avrebbe potuto fingersi Netis Rozsalia.

Annekha aprì la porta, ma rimase al riparo dietro il legno scricchiolante, mostrando solo il braccio, e la canna della pistola. I bersagli erano due – dei ragazzini, uno alto e biondo, e l'altra più bassa e più giovane, dalla pelle scura.

Il primo colpo andò a vuoto, ma il secondo a buon fine. Ferì il ragazzo biondo alla spalla.

Ora che era quasi immobilizzato, Djric aggiustò la mira, per colpirlo di nuovo, alla testa. Cadde a terra senza più muoversi, e rimase disteso sulla neve per quel poco che bastò a creare un'enorme macchia rossa, prima di trasformarsi nell'illusione di un corvo, e volare verso sud, fuggendo nel Vuoto.

Annekha non era in una posizione che le permettesse di puntare verso il secondo bersaglio.

Djric, dall'altro stipite della porta, cercò di mirare alla ragazza, ma anche dopo tre colpi non era riuscito a fare altro che sfiorarla al braccio sinistro. Si muoveva troppo velocemente. Rotolava, evitava le pallottole, e contrattaccava.

Annekha fece appena in tempo a rotolare verso sinistra, in direzione della cucina del rifugio, mentre Djric rimase sulla porta, concedendosi due soli secondi per prendere la mira.

Ma quei due secondi furono abbastanza per Laniya. Sparò, forse mirando alla testa, o forse al petto, e sbagliando di quel tanto che bastava per non condannare Djric a morte – lo colpì all'addome.

Il giovane cadde all'indietro, e urlò dal dolore.

«Djric!» Annekha sembrò dimenticarsi della ragazza dell'avanscoperta. Puntò la pistola nella sua direzione, il suo sguardo deciso, solo per quel poco che le bastò perché la giovane si spostasse verso destra, e sparisse dalla sua vista. Ma non sparò. La sua pistola era scarica, ormai.

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