Capitolo Ottantaquattro

36 8 120
                                    

La Comandante Fenice è qui!

Solean rivolse un rapido sguardo a Vinczel, il quale annuì. Avrebbero ripreso le trattative più tardi.

Allora, l'uomo uscì dalla stanza, con l'intento di precipitarsi giù dalle scale, e abbracciare Rozsalia, congratularsi per la sua brillante idea di racimolare uomini dai villaggi sulle montagne, e di chiederle quanti fossero effettivamente, quanti avrebbero potuto combattere.

La trovò che stava già salendo due gradini alla volta, in fretta e furia. «Solean!» lo chiamò lei, gettandogli le braccia attorno al collo.

L'uomo rimase immobilizzato. Il suo tono non sembrava per nulla trionfante.

«Non può funzionare.» continuò a ripetere lei, con voce piangente, sconsolata, mentre Solean la trascinava verso lo studio, nel quale Vinczel era rimasto. Cercava di consolarla, tentando di convincerla a spiegare, a esporre il problema con calma.

«Non può funzionare, ti dico! I popoli delle montagne non ci sono più.» disse lei, «Non ci sono più! Capisci?»

Solean spalancò gli occhi, incredulo.

Vinczel captò quel poco che poteva del loro dialogo, mentre i due rimasero in corridoio. La porta era aperta, per metà, e Vinczel poteva vedere le ombre dell'uomo e della donna, parzialmente, proiettate sulla libreria che aveva di fronte a sé.

«L'Impero è intervenuto.» continuò Rozsalia, ancora abbracciata a Solean, la testa appoggiata alla sua spalla, «I villaggi sono deserti. Alcuni persino distrutti. Bruciati.»

Come Herenthel, pensò Solean. Ora l'aveva allontanata, e aveva preso a passeggiare avanti e indietro, lungo il corridoio, nervoso, mentre si teneva la barba stretta in un pugno. Vinczel poteva vedere tutto ciò, e sembrava un teatro di ombre.

«Avete cercato superstiti?» chiese Solean.

Rozsalia annuì. «E abbiamo trovato solo cadaveri.» i suoi occhi si riempirono di lacrime.

«Forse pensavano che foste uomini dell'Impero di Zena, e sono rimasti nascosti.» ipotizzò Solean, «Hai provato a usare la Fenice, per richiamarli?»

«Sì, ma nessuno è venuto.» disse Rozsalia, «E se davvero qualcuno è vivo, non è abbastanza. Se l'Impero è dietro a tutto questo, avrà fatto in modo di eliminare chi poteva esserci d'aiuto.»

Solean annuì. Se anche fossero sopravvissuti dei bambini, non avrebbe avuto senso portarli a Noomadel. Sarebbero stati solo altre bocche da sfamare. E il loro Impero era già sull'orlo della crisi.

«Siediti, prima.» la invitò Solean, aprendo la porta completamente, e accompagnandola oltre, facendo cenno alla sedia sulla quale era stato seduto fino a un momento prima.

La donna obbedì, il suo sguardo basso.

«E guarda chi hai di fronte.» continuò Solean, facendo cenno verso Vinczel.

Il giovane, nel mentre, stava cercando segni della condizione di Rozsalia. Non vedeva il minimo rigonfiamento, sotto la sua uniforme invernale, grigia e pesante. La fine della guerra non poteva attendere tanti mesi.

«Vinczel,» mormorò la donna, asciugandosi una lacrima, «Che cosa...» balbettò, «Che cosa ci fai qui?» domandò.

«La guerra deve finire.» disse lui, prima che Rozsalia potesse fargli altre domande, «Domani.» aggiunse.

Solean e Rozsalia si scambiarono uno sguardo, poi spostarono gli occhi verso Vinczel, entrambi allibiti. «Domani?» ripeterono, in coro, increduli.

«So come fare.» premise Vinczel, mettendo le mani avanti, «E io sarò al vostro fianco, o come minimo al tuo, zia.» specificò, con un lieve sorriso, che Rozsalia ricambiò, «E nessuno di noi si farà del male. Ne usciremo vivi, ma non vittoriosi.»

DjabelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora