Capitolo Quattordici

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Annekha chiuse la porta, e sospirò, facendo scivolare una mano sul vetro bianco.

In tutto quel tempo, Vinczel era rimasto in silenzio, le sopracciglia aggrottate mentre cercava di trovare un senso nelle parole di Lanes Kerol.

«Perdonala» disse Annekha, voltandosi di nuovo verso Vinczel. «Ogni tanto mia madre sostiene di sentire delle voci. Credo che il fatto di essere diventata cieca in seguito allo sfregio cerebrale le faccia percepire i suoni in modo diverso» cercò di giustificarla. «Oppure, chissà, magari il suo sfregio si è esteso ad altre zone del cervello. A volte si mette ad accusare papà di punto in bianco, mentre lui non è in casa...»

Camminò in direzione di Vinczel, ma non riuscì ad arrivare tanto vicina al letto quanto era prima, né tantomeno a sedersi sulla sedia lì accanto. Si sentiva troppo a disagio.

«Capisco. Non preoccuparti» le assicurò Vinczel, annuendo lievemente.

Annekha si avvicinò di un paio di passi.

«Ma questo Larenc di cui parlava...» abbozzò Vinczel. Chi è? Avrebbe voluto chiedere.

Ma Annekha intuì la sua domanda. «Un disertore» sminuì il tutto, abbassando lo sguardo.

«Quello di cui mi parlasti nel Vuoto?» chiese Vinczel. «Quello che tuo padre uccise vent'anni fa?»

Gli occhi di Annekha scattarono di nuovo verso l'alto, e puntarono quelli neri di Vinczel, solo per un momento. Fu abbastanza perché il giovane ricevesse la risposta.

Annekha distolse lo sguardo, e incrociò le braccia al petto, ora sulla difensiva.

«Perché ha avuto quella reazione?» chiese ancora Vinczel.

«Mia madre ha avuto... una brutta esperienza, con questo Endris Larenc» ancora, Annekha si rifiutò di rivelare la verità, e sputò quel nome come avrebbe fatto con un boccone amaro. Come suo padre aveva sempre fatto con il nome del suo rivale.

Vinczel si chiese se non la stesse spingendo a parlare di argomenti troppo dolorosi o personali, ma una parte di lui gli stava urlando che doveva sapere, e per una volta il ragazzo seguì i suoi istinti, invece che la sua mente razionale. «In che senso?» chiese infatti ancora. «Non erano partner, lui e tua madre?»

Annekha aggrottò le sopracciglia, e Vinczel fu sul punto di rimangiarsi la domanda, sicuro di aver toccato un tasto dolente.

Ma poi Annekha sospirò, e si sedette sulla sedia accanto al letto, preparandosi a raccontare. Prese a fissare il muro opposto.

Si schiarì la mente e la voce, e iniziò a parlare. «Non era stata una scelta di mia madre» rivelò. «Era stata costretta a diventare la sua partner. E lui... È stato lui a ridurla così.» Fece un cenno con il mento in direzione della porta, dietro la quale sua madre era sparita.

La sua mente era brillante, un tempo, le avevano detto. La migliore stratega dell'esercito di Zena, una preziosa alleata e una temibile nemica. Ora una folle isterica, intrappolata in un mondo dietro ai suoi occhi, pieno di fantasmi che solo lei poteva vedere.

Persino quando era passata al comando dell'esercito degli Yksan era stata apprezzata, dal punto di vista tattico, ad esempio. Era pericolosa per l'Impero di Zena, e per questo l'avevano voluta indietro. E, come fosse stato per punizione, l'avevano costretta a diventare la partner dello spietato Endris Larenc, perché giustiziarla per essere una traditrice avrebbe pesato troppo negativamente sulla bilancia della guerra, a discapito di Zena.

Annekha guardò Vinczel negli occhi, e prese la decisione di raccontargli la verità. «Voglio che tu sappia che cosa è accaduto a mia madre.»

Vinczel ebbe un brivido, quando ricambiò lo sguardo di quegli occhi, del colore dell'ambra, che sembravano bruciare. Ma annuì, e lasciò che Annekha raccontasse.

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