Capitolo Ottantanove

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Le onde di Tenger sembravano più dense, ora che la nave era ferma. Non la cullavano nemmeno, ma la accarezzavano, e il cacciatorpediniere sembrava indifferente ai flutti.

Il sole stava ormai sorgendo, ma non riusciva a colorare il mare grigio di una sfumatura diversa da un rosa antico e smorto, come una peonia i cui petali fossero ormai sul punto di cadere, e marcire.

Il portale onirico era un cerchio nero, così distante da loro che era difficilmente visibile a occhio nudo. Banchi di nebbia lo oscuravano, di tanto in tanto, per poi spostarsi, senza mai rivelare altro che la struttura di pietra e metallo, circondata da un debole alone giallo, come un secondo sole.

Annekha respirò l'odore del mare, per quanto sgradevole, mischiato a quello del carburante e il fumo delle navi che stavano superando quella della Squadra 904. Poteva vedere vagamente le ombre dei sommergibili che procedevano in linea retta, sotto di lei, e che si avvicinavano al portale, spavaldi.

Poi, a poco a poco, il mare cominciò ad agitarsi. Le onde sembravano spingere la nave all'indietro, più lontana dal portale. Il portale che si illuminò, molto presto. E all'orizzonte cominciarono a intravedersi le navi nemiche. Gli incrociatori furono i primi a sbucare dalla nebbia all'orizzonte.

Djric poté fare gran poco per convincere i suoi uomini a non attaccare, ma tutti stettero ai suoi ordini. Il problema, per lui, era far capire agli altri di non sparare. Le altre navi, infatti, avevano ripreso ad avanzare.

Annekha poteva fare ancora meno di Djric. Si voltò, a cercare i suoi occhi, e lo trovò che scuoteva la testa. Non poteva comandare le altre navi. I loro capitani avevano preso un'altra decisione, e quasi nessuno era rimasto fermo. Aveva tentato di comunicare via radio, ma non era stato ascoltato, né preso sul serio. Ora il cacciatorpediniere 904 era in seconda linea.

Annekha poteva solo sperare che Vinczel avesse preso in considerazione questo dato di fatto, ossia che l'influenza che lei poteva avere era minima, e che era un miracolo che fosse riuscita a convincere anche solo Djric ad ascoltarla. Non poteva pretendere che una Djabel riuscisse a fermare un intero esercito dall'avanzare alla vista dei nemici. Eppure, in qualche modo, era esattamente ciò che Vinczel stava per fare.

Quando però Annekha vide i primi mostri marini fare capolino dal pelo dell'acqua, capì. La sua presenza a Revhely non era nemmeno necessaria. L'unico motivo per cui Vinczel le aveva chiesto di raggiungere il fronte, e implicitamente la nave di Djric, era per salvarlo.

Perché i mostri erano arrivati, e stavano facendo una strage delle navi dei Tesrat.

Squame, pinne, e tentacoli emergevano dalla superficie, e agitavano le acque grigie di Tenger sempre di più. Gli incrociatori che li avevano superati avevano cominciato a sparare, i sommergibili scaricavano i loro siluri sui mostri che si trovavano più in profondità. Ma nulla sembrava essere abbastanza.

Se Annekha non fosse stata lì, Djric sarebbe stato in prima linea, insieme a tutti i sommergibili e gli incrociatori e i cacciatorpediniere che ora i mostri stavano prendendo di mira, e stavano distruggendo.

Le navi degli Yksan, invece, rimasero indietro, a meno di un miglio dal portale. Procedevano lentamente, in modo che i mostri non attaccassero loro, ma la prima linea delle navi di Zena.

Come risultato, quasi tutti gli incrociatori dell'Impero erano andati distrutti. I mostri ripresero ad attaccare, ora puntando ai sommergibili, e dirigendosi verso la seconda linea - ma, ormai, la nave di Djric era in terza o forse quarta linea. Era l'unica a essere rimasta indietro. Era l'unica ad avere qualche possibilità di salvarsi.

Annekha capì che Vinczel doveva essere arrivato. Doveva essere su una di quelle navi. E aveva paura per lui. I mostri gli erano troppo vicini. Ed erano così tanti che nemmeno lui sarebbe riuscito a controllarli tutti.

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