Capitolo Cinquantaquattro

52 14 99
                                    

Il vento scompigliava i capelli di Annekha, ma la ragazza strizzava gli occhi, e teneva lo sguardo fisso davanti a sé, verso sud. Tra le nuvole, già intravedeva il promontorio di Fersenvar.

Non aveva mai spinto il Dragone così in alto, e tantomeno era stata lei stessa a quella quota, ma doveva tenersi a distanza sufficiente dal suolo, soprattutto mentre sorvolavano il fronte Sud. Vinczel l'aveva avvisata che i droni e i robot presenti nell'area avrebbero potuto localizzarli, riconoscerli come nemici, e quindi tentare di abbatterli. Lo stesso valeva per i mostri volanti, che dovevano seguire il Dragone da vicino.

Vinczel era aggrappato più a lei che al Dragone. Perché tu sei vera, aveva detto.

Annekha aveva sorriso. Se avesse perso il controllo del Dragone, sarebbero caduti entrambi, quindi poco importava a che cosa Vinczel si fosse aggrappato. Ma non poteva dirglielo, o sarebbe stato terrorizzato.

Era già fin troppo spaventato, e stava facendo del suo meglio per controllare i mostri che li stavano seguendo da quando avevano lasciato il Vuoto. I mostri volanti, come Arpie e Grifoni, li avevano seguiti a distanza ravvicinata. Di questi era Annekha ad avere paura, soprattutto delle Arpie, ma Vinczel le aveva assicurato di avere il completo controllo su tutte loro.

Il loro viaggio, che sarebbe durato in totale qualche ora, era una prova di fiducia, in fondo. Dipendevano l'uno dall'altra, e da loro dipendeva l'esito della battaglia di Magastor. Da loro dipendeva il futuro dell'Impero di Zena. Cominciavano a capire di che cosa si trattasse.

Vinczel aveva radunato anche alcuni Ippogrifi - erano innocui, ma sarebbero serviti a destabilizzare gli Yksan, grazie al loro numero. Annekha aveva proposto a Vinczel di cavalcarne uno sulla via del ritorno, pensando che fosse una grande idea per ripercorrere quella distanza in poco tempo, ma Vinczel aveva dissentito. Se si fosse tenuto a una quota troppo bassa, sarebbe stato avvistato, riconosciuto, e molto probabilmente abbattuto. E Vinczel non avrebbe mai osato staccarsi da terra per più di una frazione di secondo. Non di nuovo.

Sarebbe tornato nel Vuoto a piedi. Ci avrebbe impiegato un paio di giorni, ma non avrebbe destato sospetti. E per calarsi nella voragine senza il permesso, avrebbe potuto accodarsi a una squadra di Paranx, come aveva tentato di fare la prima volta, studiando prima meglio i loro movimenti, i loro nomi, e i particolari della loro missione. Oppure avrebbe potuto creare un diversivo, con dei mostri, e poi utilizzare il discensore senza essere visto. O, ancora, avrebbe potuto resistere alle sue vertigini, e chiamare un Ippogrifo o anche un mostro ostile solo per coprire l'ultimo tratto di strada che gli rimaneva da percorrere.

Vinczel aveva ordinato ai mostri marini di seguire la costa, per raggiungere Revhely, e tutti gli altri - Manticore, Chimere e Barghest, ad esempio - li aveva impegnati al fronte del Vuoto, e al fronte Sud. Sarebbero serviti a spaventare, più che ad attaccare, gli Yksan appostati sui portali onirici, ma non avrebbero fatto del male a nessuno. Avrebbero semplicemente corso verso sud, evitando i colpi che i soldati di entrambi gli eserciti avrebbero indubbiamente sparato verso di loro, sprecando munizioni. E vi era una possibilità che, agitando le acque, scoppiassero altri conflitti, lungo la costa, tra Tesrat e Yksan.

Annekha guardò in basso - a differenza di Vinczel, lei non soffriva di vertigini - e vide tutta la costa di Tenger, da Fersenvar, dove si trovavano ora, fino a Magastor, in lontananza. Non riusciva però a vedere abbastanza bene da capire se le truppe fossero già scese sul campo. La foschia del mattino, unita alle nuvole più basse che stava attraversando, offuscava la sua visuale.

A Revhely le navi sembravano ferme, così come il mare grigio. Non vi erano scie a poppa, e il primo sole del mattino faceva scintillare l'acqua, increspata in più punti dai venti autunnali che spiravano da est verso la capitale.

DjabelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora