Capitolo Quarantacinque

63 16 163
                                    

«Che significa?» domandò Annekha, per l'ennesima volta, ancora apparentemente inascoltata dagli Ilyun, che non avevano fatto altro che restare in silenzio o dare risposte criptiche alla sua domanda, che era chiara e semplice. Dov'è Vinczel?

L'avevano fatta entrare probabilmente perché, se fosse rimasta sulla porta, avrebbe infastidito tutto il pianerottolo, con quel suo tono di voce squillante.

Annekha aveva ignorato tutte le offerte di Hayna, dalla tazza di tè al semplice fatto di sedersi sul divano del soggiorno – alle sue orecchie, apparivano più come distrazioni. Era ancora in piedi, nell'atrio, a due passi dalla cucina, dove si trovavano gli Ilyun, e stava ancora indossando la giacca e la sciarpa. Aveva fretta di andarsene. Avrebbe solo dovuto capire dove si trovava Vinczel, e poi avrebbe ricominciato la sua corsa, verso di lui.

Non era a scuola, o almeno così le avevano detto. Era domenica, dopotutto. Non avrebbe potuto. Ma, ormai, Annekha stava cominciando a dubitare di tutto e di tutti.

A un certo punto, Hayna crollò, apparentemente senza motivo. Scoppiò in lacrime, che all'inizio Annekha valutò come false. Ma poi il pianto evolse in qualcosa di vero, e di doloroso, e la ragazza venne travolta dalla compassione.

Ma sapeva bene che non poteva lasciarsi coinvolgere. Doveva rimanere distaccata, e cercare le risposte di cui aveva bisogno.

Doveva osservare. Perché Marton Hayna stava piangendo? Prima di chiederlo, prima di ammettere di non saperlo, avrebbe dovuto farsi un'idea. Piangeva perché Vinczel non c'era, questo era abbastanza chiaro. Ma questo escludeva l'ipotesi che si trovasse davvero a scuola, ad esempio. Vinczel non era lì. Se n'era andato per non tornare mai più.

Forse era andato a Noomadel, ipotizzò Annekha. Forse ci era tornato con l'intento di combattere insieme ai suoi zii. E, se questo fosse stato il caso, Annekha avrebbe dovuto assolutamente evitare che accadesse. Avrebbe dovuto inventarsi un modo per convincere le guardie a lasciarle attraversare il portale per Azuda, rincorrere Vinczel fino a Noomadel, e mettere a repentaglio la propria e la sua vita. Ma non era detto che fosse andata così.

«Per favore,» cominciò a dire, per l'ennesima volta, rivolgendosi a Ilyun Gelarth, «Ditemi dove si trova.»

Si abbassò la sciarpa, scoprendo il suo volto. Le sue labbra erano una linea dritta, quasi severa. I suoi occhi sottili – un tratto che anche i suoi genitori avevano in comune – facevano sembrare il suo sguardo ancora più attento. E, combinati alle sue sopracciglia, che delineavano un'espressione decisa, sembrava quasi che Annekha stesse pretendendo qualcosa.

Ormai la sua non era più una domanda. Era diventato un ordine. Annekha aveva bisogno di sapere dove Vinczel si trovasse. L'attacco a Magastor sarebbe stato lanciato in pochi giorni. Doveva essere pronta. Doveva essere lì. L'aveva promesso a Mariljn.

Gli occhi di Gelarth erano freddi, e il suo tono di voce fin troppo controllato, quando finalmente rispose. «È morto.»

Hayna scoppiò in nuovi singhiozzi, e si avvicinò al marito, lanciando le braccia attorno alle sue spalle.

Gelarth ricambiò l'abbraccio, rassicurando la donna con delicate carezze. Alzò poi gli occhi, guardando in direzione di Annekha, come ad accusarla del dolore che stava causando a lui e a sua moglie.

Annekha rimase paralizzata, e prese a scuotere la testa. Non voleva credere a quelle parole. Non ne aveva ragione. Non ne aveva motivo. Perché ciò che Gelarth aveva detto non aveva assolutamente senso.

Fu rincuorata alla vista di tre tazze nel lavandino della cucina.

Proprio mentre il panico stava per avere la meglio, l'irrazionalità stava per prevalere nella sua mente, Annekha aveva cominciato a porre le sue domande all'ambiente che la circondava, e come non si era neanche permessa di sperare, l'ambiente le aveva risposto, con un messaggio quasi insignificante, e che, a quanto pareva, gli Ilyun non avevano nemmeno preso in considerazione.

DjabelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora