Capitolo Ventidue

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Dopo ciò che era accaduto con Djric, Annekha non gli aveva più parlato, e non intendeva più farlo, finché lui non si fosse scusato. Djric, dal canto suo, era convinto che Annekha lo odiasse, ora, e – anche se non lo avrebbe mai ammesso – aveva troppo timore di quella che sarebbe potuta essere la sua reazione, se si fosse presentato di nuovo al suo cospetto.

Mariljn aveva tentato di mediare tra le due parti, ma non era semplice. Entrambi erano maledettamente orgogliosi, e ognuno di loro pretendeva che la povera intermediaria dicesse che aveva ragione sulla questione, e che era stato l'altro a commettere un errore. Ed entrambi volevano ricevere questa conferma solo perché si sentivano in colpa, e sapevano di essere nel torto.

Mariljn aveva quindi accettato di passare il pomeriggio con Annekha, la quale aveva avuto un'idea che aveva lei stessa definito geniale. Era stanca di aspettare, perché proprio come le aveva scritto Vinczel, questo non era vivere, ma aspettare di vivere. Doveva agire.

Appena avevano finito le loro lezioni, erano salite entrambe sul Maglev in direzione di Wedenak. Scese alla stazione, avevano camminato verso nord, verso il portale onirico che conduceva ad Azuda, che si trovava in un edificio simile a quello che vi era a Fogad – una costruzione robusta ed essenziale, con pareti lisce e nere, che esprimeva forza e compattezza. Da lì, avrebbero raggiunto poi Noomadel, e quindi, secondo Annekha, anche Vinczel.

Sarebbe stato pericoloso, ma Annekha sembrava davvero pronta a qualsiasi cosa, e Mariljn si era lasciata convincere.

Ma, più che essersi lasciata convincere, aveva convinto se stessa che la causa di Annekha era giusta. Aveva convinto se stessa che la scelta dell'amica era saggia. Aveva convinto se stessa che sarebbe stata disposta a fare qualsiasi cosa, per lei. O forse era stato il suo cuore a farlo?

Poco importava, si disse. Nell'ultimo periodo, da quando Annekha era diventata più assente e distaccata, Mariljn si era resa conto di quanto fosse necessaria la presenza dell'amica nella sua vita. Quel suo diventare man mano sempre più irraggiungibile aveva reso l'attenzione di Annekha un evento raro, da ricordare, di cui essere grati, e Mariljn si era resa conto di tenere a lei più di quanto pensasse, più di quanto sperasse. Si era resa conto che Annekha era qualcosa di più di un'amica, per lei. O, perlomeno, avrebbe desiderato che lo diventasse.

Capì come doveva sentirsi Djric, con il cuore infranto dopo quel loro litigio. E non solo perché era suo fratello, non solo perché lo capiva, ma perché ormai Mariljn era convinta – o, ancora, si era convinta – di provare la stessa identica cosa, per Annekha.

Così, più o meno inconsciamente, aveva cominciato a vedere anche il suo stesso fratello come un concorrente nella corsa al cuore e alle attenzioni della Djabel del Dragone. E, di conseguenza, si era detta e si era resa disposta a fare qualsiasi cosa per lei. Anche se si fosse trattato di infrangere le regole, stare lontano dal fratello senza dargli una giustificazione diversa dall'essere uscita con Anne, e lasciarlo da solo a soffrire, Mariljn lo avrebbe fatto. Anche se si trattava di aiutarla mentre cercava di raggiungere quello che sembrava essere il suo solo pensiero e il suo unico interesse – Ilyun Vinczel.

Si chiese se sarebbe mai potuta essere qualcosa di più, per Annekha. Si chiese se lo era mai stata. Si chiese, forse per la prima volta, che cosa la sua migliore amica pensasse di lei, smettendo di dare per scontato che i loro sentimenti l'una per l'altra fossero reciproci e statici.

Perché il cuore di Mariljn stava cambiando, così come quello di Annekha, ma stavano prendendo direzioni opposte.

Non le sembrava di stare chiedendo molto. Solo uno sguardo. Solo un segno. Solo una conferma, di qualunque natura fosse. Anche un rifiuto avrebbe fatto meno male di quel vuoto. Essere ignorati è fastidioso – essere ignorati dalle persone che amiamo è insopportabile. Ha lo stesso sapore del tradimento.

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