Guido io?

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Mi prese per il braccio e mi trascinò verso il bagno del bar, come cercando maggiore privacy.
"Cosa cazzo ci facevi ieri sera a casa mia?!" chiese, visibilmente incazzato, ma, allo stesso tempo, come sentendosi in colpa per ciò che gli avevo visto fare.
"Vuoi davvero saperlo, idiota?! In ufficio, mentre stavamo parlando, ho improvvisamente ricordato tutto della sera prima, tutto di... insomma... di noi due. È per questo che me la sono data a gambe levate! Ieri sera sono venuto da te perché volevo dirtelo, volevo dirti che..." esitai.
"Che? Cosa volevi dirmi?" chiese, come impaziente.
"... che anche io provo qualcosa per te." confessai, esitando ancora. Vidi i suoi occhi colmi d'ira rilassarsi all'istante, come sollevati, o forse increduli.
"... ma evidentemente a te non frega un cazzo del sottoscritto, visto quello che stavi facendo!"
"Cosa?! No, Jack, ti prego! Non pensarlo neanche... io... io non..."
Si passò nervosamente una mano nei capelli, cercando di evitare il mio sguardo, come preso da improvvisi sensi di colpa.
"Stavo cercando un modo per dimenticarti, per andare avanti. Ero convinto che non mi volessi, che avrei sofferto ancora a lungo per tutta questa storia. Ero deluso, arrabbiato. Non l'avrei mai fatto altrimenti. Ascolta..."
"E perché mai dovrei crederti? Eh? Dammi anche solo una ragione! Io non ti conosco, non so nulla di te. Per quel che ne so potresti solo volermi usare per una scopata come hai fatto con quel tizio per poi liberarti di me come spazzatura, e non mi va più di essere quel tipo di persona, davvero..."
"Jack, non farmelo dire, ti prego..."
"Cosa?! Che sei uno stronzo? Te l'ho detto mille volte e credo che dirtelo da solo ti farebbe solo bene!"
"Non intendevo questo..."
"Allora cosa? Che mi odi?! Lo sappiamo entrambi perfettamente."
"Come potrei odiarti?"
"Ancora con questa frase?! Basta! Suona così falsa! Io non mi fido di te, non mi fido e non potrò mai farlo, perché tu sei l'uomo più fastidioso, egoista, lunatico, presuntuoso, strafott- "
"Io ti amo." mi interruppe.
Sentii i miei occhi riempirsi di lacrime all'istante.
"Stai mentendo." dissi con un filo di voce. La mia suonava però più come una domanda che come un'affermazione.
"No, Jack."
"Non ti credo."
Mi prese il volto tra le mani, come volendo rassicurarmi.
"Io ti amo, stupido." ripeté, asciugandomi le lacrime con i suoi candidi baci.
"Dimmelo ancora, ti prego." dissi, incredulo, poggiando le mie mani sulle sue che mi accarezzavano il volto.
"Che sei stupido o che ti amo?"

Lo spinsi contro il muro e lo baciai con foga. Un bacio pieno di risentimento, passione, paura, sgomento, eccitazione.
Poi prese le redini della situazione e questa volta fu lui a stringermi saldamente contro la parete. Dopo qualche istante però cercò di riprendere il senno.
"Non qui. Qualcuno potrebbe entrare da un momento all'altro." disse, staccandosi da me.
"Che t'importa?" sussurrai.
Alzò un sopracciglio, eccitato dalle mie parole, poi mi baciò di nuovo con fretta, con rabbia, come avendo paura che quel bacio potesse essere l'ultimo, come avendo paura di potermi perdere da un istante all'altro.
"Dobbiamo tornare in ufficio." disse, affannato, staccandosi nuovamente da me, ma solo per quel tanto che bastava a permettergli di parlare. La sua fronte era ancora saldamente appoggiata alla mia, le sue braccia mi stringevano il corpo.
"Sì..." sussurrai.
Ci ricomponemmo e tornammo al nostro tavolo, dove, in silenzio, prendemmo le nostre bevande, facendo finta di nulla, ma tenendo saldamente lo sguardo l'uno sull'altro. Sguardi che volevano più di mille parole, di mille azioni, di mille baci.
Poi pagammo e uscimmo dal locale.

"E se..." cominciai a parlare dopo quel lungo silenzio. "Se non andassimo in ufficio?" chiesi, voltandomi verso di lui.
Al che lui si fermò sul posto, poggiando il suo sguardo sul mio.
"Hai qualche idea, per caso?"
"Casa mia è libera." constatai.
Sorrise.
"Ne sei sicuro?" chiese, capendo perfettamente dove volessi andare a parare. Perché da quando avevo sentito le sue mani su di me, non avevo fatto altro che pensarci. Gli sfiorai leggermente la mano con la mia, tentando sempre di non farci notare da nessuno.
"Forse è presto, hai ragione."
"Non ho detto questo. Jack, te lo assicuro, non c'è cosa che più vorrei al mondo." disse, arrossendo leggermente e guardando in basso in segno di imbarazzo. "Ma vorrei che tu ne fossi sicuro, che poi non te ne pentissi. Perché... insomma... so che non sei mai stato con un uomo e..."
"Cosa c'è, credi che abbia paura per caso?"
"No, credo di conoscerti abbastanza bene da sapere che una cosa del genere non ti spaventerebbe, anzi." disse sorridendo.
"E allora cosa stiamo aspettando?"
Non disse nulla. Iniziò invece a camminare.
"Dove stai andando?" chiesi, seguendolo.
Ma aspettarmi una risposta era fin troppo presuntuoso da parte mia.
"Sei impazzito o cosa?" chiesi ancora, seguendolo, non ricevendo ancora neanche una parola da parte sua. Svoltammo l'angolo e ci ritrovammo davanti alla sua auto, ma al volante non c'era più alcuna traccia di Winston.
Lo guardai, a tratti divertito.
"Guido io?" chiesi.
Mi fece un cenno di assenso. Salimmo in auto, poi accesi il motore e partii in direzione di casa mia.

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