Sei sicuro di voler partire?

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Ovviamente, com'era prevedibile, non si fece vivo a casa mia. Quella sera preparai le valigie per la partenza del giorno seguente: ormai avevo dato conferma della mia presenza al matrimonio e quindi non aveva senso tirarmi indietro. Inoltre ora il motivo del mio malessere non erano di certo Sophie e Lorenzo, che sembravano essere diventati così insignificanti in confronto a tutto il resto. Per questo credevo avrei potuto affrontare la cosa senza problemi.
"Sei sicuro di voler partire?" mi chiese Ivy, la mattina seguente, vedendo la valigia già pronta accanto alla porta.
"Perché non dovrei? L'hai detto anche tu... se non ci vado poi potrei pentirmene."
"Lo so, ma l'ho detto prima di vederti ridotto in quello stato sul divano di casa mia."
"Nostra." precisai.
"Sì, scusa, nostra. Il punto è che se ti fa soffrire così tanto, forse non ne vale la pena."
"Ormai ho detto che sarei andato e così sarà. Tranquilla, non farò stupidate, te lo prometto." dissi, mettendomi la giacca, pronto ad andarmene.
"Lo spero." disse, gettandomi un'altra occhiata preoccupata. "Allora buon viaggio." aggiunse poi, dandomi un tenero bacio sulla guancia.
"Ci vediamo presto."
Il viaggio in treno fu interminabile. Non c'è cosa peggiore al mondo di farsi ore e ore di treno da soli, con una playlist infinita di canzoni tristi, poco dopo una rottura. Così tanto tempo per pensare, per riflettere, per rimpiangere. Rimorso e sensi di colpa mi divoravano completamente.
Arrivato a Roma, in stazione mi stavano già aspettando mia madre e mio padre.
"Mi siete venuti addirittura a prendere? Lo sapete che non ho dieci anni, sì?" urlai, andandogli incontro.
"Sta' zitto e fatti abbracciare!" rispose mia madre, stringendomi immediatamente tra le sue braccia. "Ci sei mancato così tanto!"
"Ah sì, davvero?" dissi, scettico, guardando mio padre.
"Un po'." disse lui, ironicamente, abbracciandomi a sua volta, sempre non molto affettuosamente. Non gli era ancora andato del tutto giù il fatto che non avessi accettato il lavoro nell'azienda di famiglia.
"Hai fame? Dirò a Silvia di preparare una bella carbonara, come piace a te." disse mamma.
"D'accordo, d'accordo."
Arrivammo all'auto e ci dirigemmo verso casa. Era davvero strano e imbarazzante vedere come da quando ero arrivato tentassero entrambi di evitare di parlare del motivo per cui ero a Roma.
"Allora... cosa ne pensate di... insomma... di tutta questa situazione?"
"Di che parli, tesoro?"
Come al solito mamma cercava sempre di fare la finta tonta davanti ad argomenti scomodi.
"La tua nuova nuora, mamma. O meglio, non così tanto nuova."
"Sai che Sophie mi è sempre stata molto simpatica." disse, sorridendo leggermente.
Ma io, ovviamente, non riuscii a rispondere a quel sorriso.
"... ascolta, stiamo parlando di te e di tuo fratello." continuò allora. "Mi dispiace, non posso essere di parte. Voglio solo il meglio per entrambi. E se loro si amano davvero, forse è giusto che sia andata così."
"È solo che mi sembra tutto così strano!" esclamai. "Insomma... Lorenzo non è mai stato uno da storie serie. Di solito si stanca dopo qualche mese di relazione. Trovo così assurdo che abbia deciso addirittura di sposarsi..." esitai un istante, temendo che mia madre potesse fraintendere tutte le mie parole. "In ogni caso, non mi importa più nulla di Sophie, mamma. A dir la verità non so neanche perché ho accettato di venire." aggiunsi poi, come per chiarire la mia posizione.
"L'hai fatto perché in cuor tuo vuoi bene a tuo fratello, e vuoi essere presente in uno dei giorni più importanti della sua vita."
"Sì, certo, ma... mi chiedo solo: perché fare tutto così in fretta?"
"Evidentemente perché ne sono convintissimi."
"Oppure semplicemente perché la loro storia dura da molto più tempo di quanto noi tutti pensiamo. Comunque, ripeto, non mi interessa più nulla di loro due."
"Allora cos'è quel muso lungo? E poi, non avevi detto che saresti venuto con qualcuno?"
"Sì... volevo portare Ivy, ma ha avuto un impegno improvviso e non è potuta partire." mentii.
"Ah. E io che pensavo mi avresti fatto conoscere la tua nuova fidanzata!"
"Non c'è nessuna fidanzata, mamma." terminai immediatamente quel discorso.
Arrivati a casa, Silvia, la nostra storica domestica (che era stata praticamente quasi una seconda madre per me) venne ad aprirci.
"Jack, che bello rivederti!" disse, abbracciandomi.
"Silvia!" esclamai, stringendola anch'io tra le mie braccia.
"Ma mangi a Milano? Ti vedo così sciupato!" disse, preoccupata, prendendomi il volto tra le mani. "E hai un viso così pallido."
"Non sono stato tanto bene in questi ultimi giorni, è solo per questo. Tranquilla, mangio anche più del necessario." la tranquillizai.
"Il pranzo è già in tavola, signora Nicholson." disse poi, rivolgendosi a mia madre.
"Bene."
Entrammo in salone, poi ci incamminammo verso la sala da pranzo. E, a mia grande sorpresa, la coppia di quasi novelli sposi era già seduta a tavolo.

Ma a mia madre non è passata neanche minimamente per la testa l'idea di avvertirmi?

"Jack..." disse Sophie, vedendomi.
"Lorenzo, Sophie." dissi con tono freddo. "Scusate, vado a posare le mie cose in camera." aggiunsi poi, come per dileguarmi velocemente dalla stanza. Non ero pronto per quel confronto.
Raggiunsi la mia camera al piano di sopra, che in quelle poche settimane era stata chiaramente utilizzata da qualcuno come studio, dal momento che la scrivania era piena di scartoffie e libri mai visti dal sottoscritto.
Pensai al da farsi, anche se effettivamente non c'era molto a cui pensare. Non potevo mica restare rinchiuso in camera tutto il giorno? Non era certo da me essere così vigliacco, cioè... forse lo era. Ma insomma...
I miei pensieri vennero interrotti da qualcuno che bussò alla porta della mia camera.

Avrei dovuto aspettarmelo...

Presi coraggio ed aprii la porta, ritrovandomi Sophie davanti.
"Hey. Posso entrare?" disse con tono basso, quasi provasse vergogna.

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