L'OMBRA DI RACCONIGI

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La tempesta si avvicina. Le nuvole si addensano sopra la scogliera, il vento si insinua tra le crepe delle finestre e fa tremare la luce delle candele. Il suono del mare è costante, come un respiro profondo e inquieto. Mi affaccio alla finestra, osservando l'orizzonte scuro. In lontananza, le onde si infrangono furiose contro le rocce. Non riesco a capire se è la natura a riflettere il mio stato d'animo, o se sono io a vedere nella natura ciò che sento. Sono passati più di tre mesi dall'ultima notizia da Londra o Torino, e il peso di quell'assenza si fa sentire ogni giorno di più.

Michael si avvicina alle mie spalle, la sua presenza calma come sempre. Mi poggia una mano sulla spalla. «Alessandro, è solo un temporale. Non durerà per sempre.»

«Come noi?» ribatto, con un sorriso che non raggiunge gli occhi. Non mi risponde, ma il suo sguardo mi dice tutto. Lui crede in questa pace, in questa fuga dalla nostra vita precedente. Io voglio crederci, ma c'è qualcosa nell'aria stanotte che mi mette a disagio.

All'improvviso, il rumore di una carrozza che si avvicina interrompe il silenzio. Il suono delle ruote sulla ghiaia, il nitrito dei cavalli, il fruscio delle mantelle dei vetturini. Non ci aspettavamo nessuno. Mi irrigidisco e Michael percepisce la mia tensione.

«Aspetta qui,» mi dice. «Vado a vedere chi è.»

Ma non posso restare fermo. Lo seguo giù per le scale, il cuore che batte più forte ad ogni passo. La porta si apre, e una figura scende dalla carrozza. Indossa un lungo mantello nero che sembra assorbire ogni luce. Con sé ha solo un piccolo bagaglio a mano e una cassetta di legno semi aperta, dalla quale intravedo boccette di vetro colorate e un mazzo di carte vecchissimo. La donna alza lo sguardo verso di noi, i suoi occhi freddi e penetranti si posano su di me, e per un momento mi sento come se sapesse tutto di me, come se avesse già letto ogni segreto che cerco di nascondere.

«Ma sei Belladonna,» dice Michael con un tono sorpreso, ma non del tutto ostile. «Non ti aspettavamo.»

Lei sorride, ma è un sorriso enigmatico, che non lascia intravedere le sue intenzioni. «Non sempre la vita segue i piani, mio caro. Posso entrare? Noto con piacere che non tutto è stato dimenticato! Il vento è piuttosto pungente.»

Michael esita per un istante, ma io faccio un passo avanti. «Cosa ti porta qui, Belladonna?» chiedo, cercando di mantenere la voce ferma.

Lei mi osserva attentamente, come se stesse valutando ogni sfumatura del mio tono, ogni dettaglio della mia postura. Prima di rispondere, un lupo bianco e nero si avvicina silenzioso dalla carrozza. Mi guarda per un istante e poi appoggia il muso sulle mie ginocchia. Rimango immobile, sorpreso da quel gesto, ma c'è qualcosa di rassicurante in quella creatura.

«Demian,» mormora Belladonna, come per richiamarlo, ma il lupo non si muove. «Sono qui per aiutare,» risponde infine. «La Cornovaglia può sembrare un rifugio sicuro, ma non tutto è come sembra. Ci sono ombre che si allungano nel tempo, Alessandro. E alcune di esse risalgono al 1811, quando questa terra ha visto già troppo dolore.»

Le sue parole mi lasciano un senso di inquietudine, ma non posso ignorare il modo in cui le pronuncia. Michael la invita a entrare, e io la seguo con lo sguardo mentre attraversa l'atrio. La sua presenza cambia l'atmosfera della casa, come se avesse portato con sé un pezzo della tempesta che infuria fuori.

«Questa casa è... interessante,» commenta, guardandosi intorno. I suoi occhi si soffermano sugli arazzi alle pareti, sui candelabri, sulla disposizione dei mobili. «Ha un'energia particolare.»

Michael la guida verso il salotto, ma io rimango indietro per un momento, osservandola. C'è qualcosa in lei che mi spaventa, ma allo stesso tempo mi affascina. Non so se fidarmi, ma sento che la sua presenza qui non è casuale.

La tempesta continua a infuriare fuori, ma adesso sembra un sottofondo distante rispetto al turbinio di pensieri nella mia mente. Belladonna si siede su una poltrona, incrocia le gambe e si toglie il cappuccio, rivelando un volto segnato dal tempo ma ancora austero, come se quegli anni fossero stati testimoni di segreti e dolori mai confessati. I suoi occhi brillano di una luce che sembra contenere un mondo intero di esperienze.

«Vorrei sistemarmi nella villa vicina,» dice con tono tranquillo. «Era di tua madre, credo che sarebbe più opportuno. Non voglio disturbare la vostra quiete.»

Michael annuisce, ma io noto un lieve sorriso che le sfiora le labbra mentre i suoi occhi si soffermano su di noi. C'è comprensione, forse anche un po' di complicità, nel modo in cui osserva il nostro amore. Mi mette a disagio, ma allo stesso tempo mi fa sentire compreso.

Il suo sguardo si sposta su una mensola del salotto. Si avvicina lentamente e solleva un'ampolla contenente erbe essiccate. «Interessante,» commenta. «Non mi aspettavo di trovare qualcosa di simile qui.»

«Le raccolgo io,» rispondo, con una punta di orgoglio. «I pescatori spesso si feriscono durante il lavoro, e queste erbe sono utili per curare piccole ferite.»

Belladonna annuisce, un'espressione di rispetto che non mi aspettavo. «Una nobile abitudine, saper controllare il tempo. Non molti comprendono il valore di questi rimedi semplici.»


Si dirige verso la porta, il mantello che si solleva leggero nel vento che filtra dall'ingresso. Non so cosa mi spinga a parlare, forse la tensione che mi porto dentro da settimane. Faccio un passo avanti e, con un nodo in gola, le urlo:

«Se avessi davvero il controllo di quel tempo, lo avrei usato già allora! Per costruire qualcosa di mio, lontano dagli intrighi e dalle aspettative che hanno sempre segnato la mia esistenza!»

Lei si ferma sulla soglia, il suo profilo appena illuminato dalla luce delle candele. Il rumore del vento sembra calmarsi per un istante. Si volta leggermente verso di me, il volto in parte nascosto dall'ombra.

«Forse non è troppo tardi, Alessandro,» dice con una voce che vibra come un arco nei tuoni. 

Più tardi, nella quiete della villa vicina, Belladonna apre la sua borsa di cuoio. Con mani ferme ma decise, estrae un vecchio disegno fatto da sua nonna, Teresa Giovanna. Raffigura un intricato schema del quadrato esoterico che collega Racconigi, Torino, Lione e Praga. Accanto al disegno, un ciondolo antico con una pietra trasparente. Belladonna lo appoggia delicatamente sul disegno.

Un bagliore misterioso riempie la stanza, mentre le candele tremolano e creano disegni spettrali . Chiude gli occhi, lasciandosi guidare dall'energia che emana dall'antico schema. Poi, una visione. Due giovani uomini, intrappolati in un tempo che non sembra loro. Una fitta le attraversa il petto, come se il loro dolore si riflettesse in lei. Apre gli occhi di scatto, il respiro pesante.

«Sono loro,» sussurra, il suo volto illuminato da una luce mista di paura e determinazione. «Devono essere protetti.»

HO DETTO AMORE  - Il ciondolo segreto -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora