LA FUSTIGAZIONE

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La luce del mattino filtra dalle tende pesanti della stanza, illuminando il volto pallido di mia madre mentre siede al suo scrittoio. Ogni gesto è calcolato, ogni movimento misurato, nonostante la debolezza evidente che traspare nella piega delle sue labbra e nella lentezza con cui sigilla una lettera. Sul legno lucido giacciono due documenti: l'atto notarile della villa, trasferita al mio nome, e un documento che attesta un fondo anonimo, chiaramente orchestrato dal granduca.

Rimango sulla soglia, osservandola in silenzio. Ogni fibra del mio essere vorrebbe gridarle contro, ma le parole mi muoiono in gola. Alla fine, la tensione mi travolge. "Partirai davvero, madre?" chiedo, la mia voce spezzando il silenzio.

Lei non alza nemmeno lo sguardo, concentrata sul compito davanti a sé. "Non c'è più nulla che mi trattenga qui, Alessandro. Ho già dato istruzioni ai servitori. Domani mattina partirò."

Mi avvicino, indicando i documenti sullo scrittoio. "E questi? Una villa, un fondo anonimo... pensi davvero che bastino a compensare tutto ciò che hai distrutto?"

Finalmente alza lo sguardo, i suoi occhi taglienti come una lama. "Non è per compensare nulla," risponde fredda. "La villa vi darà un minimo di decoro. Almeno potrete sembrare rispettabili, persino vivendo in questo angolo dimenticato della Cornovaglia. Quanto al fondo, è per le vostre... azioni filantropiche, come le chiamate. Almeno farete qualcosa di utile con il tempo che avete scelto di sprecare."

Il sarcasmo nel suo tono mi fa stringere i pugni. Michael, accanto a me, posa una mano sul mio braccio per calmarmi. "Madre," dico con un tono fermo, ma carico di amarezza, "non hai mai fatto nulla senza un secondo fine. Perché ora?"

Lei inclina leggermente la testa, un sorriso privo di calore si dipinge sulle sue labbra. "Perché non posso permettermi che il nome della nostra famiglia sia associato alla miseria. Anche se hai abbandonato i tuoi titoli, Alessandro, resti un Crepuett. E ciò che fai ricade su di noi. Questo gesto non è per te, né per Michael. È per la nostra reputazione."

La rivelazione di Michael

Non riesco a contenere la rabbia. "Perché nessuno si è preso la briga di avvisarmi del matrimonio di Robert e del duca? E mia sorella, madre? Neppure un cenno da parte sua, nemmeno una lettera per farmi sapere di mio nipote?"

Lei appoggia la penna con calma, quasi irritata dalla mia insistenza. "Che differenza avrebbe fatto, Alessandro? Tu hai scelto di abbandonare tutto, di vivere qui, lontano dalla famiglia e dalle responsabilità. Sei tu che hai deciso di escluderti. Perché avrebbero dovuto avvisarti?"

Michael, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, si alza dalla poltrona accanto al camino. Il suo volto è teso, e la sua voce fredda. "Forse perché Alessandro ha il diritto di sapere. Ma lasciami aggiungere qualcosa, contessa. È ora che Alessandro sappia cos'hai fatto."

La mia mente vacilla. "Di cosa parli, Michael?"

Lui si volta verso di me, il dolore evidente nei suoi occhi. "Ale, tua madre è la ragione per cui ho perso tutto. È stata lei ad avvisare i miei genitori del nostro rapporto. E sai cosa è successo dopo? Mio padre mi ha fustigato. Pubblicamente, davanti ai servitori. È stato il suo modo di cancellare la vergogna che, secondo lui, avevo portato alla nostra famiglia. Poi mi ha cacciato e diseredato. E tua madre lo sapeva. L'ha voluto lei."

Michael si passa una mano sul volto, cercando di nascondere le lacrime che gli solcano le guance. La sua voce è spezzata mentre ricorda: "Mi hanno legato a un palo nel cortile, davanti a tutti. I servitori ridevano, alcuni per paura, altri perché trovavano divertente vedere il figlio del padrone umiliato così. Mio padre era lì, in piedi, con uno sguardo di ferro, come se stessi infrangendo una legge sacra solo per aver amato. E mia madre..." fa una pausa, il respiro tremante, "mi guardava. Immobile, fredda. Non c'era compassione in quegli occhi. Solo il compiacimento di chi ha ottenuto ciò che voleva, liberarsi di un orfano ."

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