DICEMBRE 1851
L'aula si alza in piedi al completo. Ogni sedia si rovescia leggermente mentre i deputati, sorpresi dalla presenza del Re, si affrettano a mostrare il loro rispetto. Il Re, accompagnato dal suo aiutante di campo, avanza con passo deciso. I suoi occhi incontrano i miei, e con un gesto del capo mi invita a proseguire.
Mi alzo lentamente, cercando di calmare il cuore che batte con forza. Prima che possa parlare, un funzionario della Corona si avvicina con una busta. Il silenzio cala sulla sala come una cappa. La busta viene aperta, e la voce ferma del funzionario inizia a leggere:
«Sua Maestà il Re, in virtù delle eccezionali doti dimostrate dal Conte Alessandro Crepuett e dal Signor Michael Stone, riconosce a entrambi il collare dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata. Con questo gesto, essi sono ufficialmente elevati al rango di Cugini del Re. Inoltre, al Signor Michael Stone, per le sue origini nobiliari e per aver più volte servito la Corona e la dignità della nostra persona, viene conferito il titolo di Conte di Torino.»
Un mormorio attraversa l'aula. Volti sorpresi, ammirati, o, in alcuni casi, contrariati. Io, però, rimango immobile, il peso delle parole che mi risuonano nella mente. Il collare dell'Annunziata... Cugino del Re. È un riconoscimento che non solo eleva la mia posizione ma consolida un equilibrio delicato.
Il funzionario conclude, e il Re mi fa cenno di parlare. Respiro profondamente, consapevole della gravità del momento.
«Maestà, Onorevoli Colleghi,» inizio con voce ferma, «le parole che ho appena udito non sono solo un onore, ma un richiamo alla responsabilità. Sono grato a Sua Maestà per la fiducia riposta in me e nel Conte Michael Stone, un uomo che considero non solo un fratello ma un amico fidato della mia famiglia. Questo riconoscimento dimostra che la lealtà, la dedizione e il servizio alla Corona vengono sempre riconosciuti.»
Faccio una pausa, lasciando che il silenzio si faccia carico delle mie parole.
«Con il consenso della mia famiglia, ho deciso di rinunciare al titolo ducale inglese. Sarà affidato al mio parente più prossimo, legato maggiormente alle tradizioni della Corona britannica. Questo gesto non è un distacco, ma un ponte: un segno della volontà di rafforzare i legami tra l'Inghilterra e la nostra amata patria. Due nazioni che, unite, possono costruire un futuro di pace e prosperità. Sempre con il rispetto della mia Casata e del mio Re, annuncio che mi assenterò per un periodo imprecisato dagli affari del Regno mantenendo costanti rapporti di amicizia, lealtà, fedeltà e intese.»
L'aula ascolta in silenzio. Tra i volti riconosco quello della mia madre, la Contessa Matilde. Anche il suo sguardo glaciale sembra incrinarsi leggermente.
«Non posso ignorare ciò che vedo intorno a me. Questo è un tempo di cambiamenti, di sfide e di grandi responsabilità. Il nostro Statuto Albertino è il faro che guida questa nazione, e io, come deputato, ho combattuto per difendere le poche libertà che ci ha concesso. Ma oggi vedo con sgomento un'Italia che si avvia verso un futuro incerto. La mia anima è smarrita. Tuttavia, è proprio in questo smarrimento che trovo la mia forza: continuare a credere che il progresso e la giustizia siano possibili.»
I miei occhi si spostano sul Re. «Maestà, il gesto che avete compiuto oggi non è solo un atto di magnanimità, ma un segnale al mondo. Dimostra che anche nella nostra società, il servizio e la dedizione possono coesistere con il dovere e l'onore. La vostra protezione, concessa a noi come cugini del Re, è un simbolo di fiducia e speranza.»
Con un respiro profondo, continuo, il tono che si fa più personale.
«A mia madre, qui presente, devo rendere tributo. Nonostante le sue rigide aspettative e il peso del giudizio, ha tenuto saldo il nostro casato attraverso tempeste e sacrifici. È da lei che ho imparato cosa significa mettere il dovere al di sopra di tutto.»
I miei occhi si posano ora su Michael, seduto tra il pubblico. La sua presenza è discreta ma significativa. Con poche parole, decido di mettere in luce ciò che conta davvero:
«Il Conte di Torino, il mio stimato cugino e amico, è un esempio di coraggio e integrità. Il suo servizio alla Corona è stato instancabile, e sono certo che il suo contributo continuerà a essere inestimabile per il nostro Regno.»
Mi fermo un attimo, la voce che si fa più solenne: «Il nostro casato, i Crepuett, sarà per sempre fedele alla Corona. È una promessa che oggi rinnovo a voi, Maestà, e a questa Camera.»
Alzo il foulard regalato dal Re, stringendolo tra le mani. «Questo dono, simbolo di amicizia e protezione, sarà per me un monito costante. In nome della libertà, della giustizia e della pace... Viva il Re!»
L'aula esplode in un fragoroso «Viva il Re!», e tutti si alzano in piedi. Il Re annuisce con un'espressione di approvazione, mentre Michael mi guarda con occhi pieni di orgoglio, la discrezione perfetta per il ruolo che ormai ricopre. Mentre la sala si riempie del clamore, una certezza si radica in me: ho trovato il mio posto, non solo come nobile, ma come uomo.
Mentre il Re si alza, i suoi passi decisi risuonano nella sala. Accanto a lui, quasi nascosto dalla figura imponente del padre, noto il piccolo principe Umberto, il futuro della Casa Savoia. Ha appena sei anni, ma i suoi occhi sembrano già scrutare con attenzione il mondo che lo circonda.
Sorrido involontariamente. È una scena che colpisce per la sua semplicità e per il suo significato. Mi chiedo se quel bambino, un giorno, comprenderà il peso delle responsabilità che grava sulle sue spalle.
Il Re, intuendo forse il mio sguardo, accenna un lieve sorriso. «Il mio Umberto è ancora giovane,» dice sottovoce, «ma sono certo che un giorno sarà all'altezza del suo compito.»
Faccio un leggero cenno del capo, ma dentro di me mi chiedo quale Italia erediterà questo bambino. Un'Italia in cammino verso il progresso o una nazione ancora divisa da contraddizioni e pregiudizi?
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HO DETTO AMORE - Il ciondolo segreto -
RomanceTorino, 1850. Può un amore sopravvivere quando il mondo lo condanna? Può un sentimento bruciare senza essere mai pronunciato? Alessandro Crepuett, giovane aristocratico, ha sempre saputo qual era il suo posto: erede di una famiglia potente, cugino d...