Il villaggio è avvolto da un silenzio innaturale, rotto solo dal lamento sommesso di chi giace ammalato nelle case di pietra. L'aria è densa, carica di un odore acre di umidità e di erbe bruciate che le donne del villaggio hanno iniziato a usare per disperazione, sperando di tenere lontano il male. Un'aria pesante aleggiava sulle strade vuote, mentre il sole del mattino lottava per dissipare la nebbia che sembrava avvolgere ogni cosa. Da giorni, una febbre sconosciuta si diffondeva senza pietà, lasciando il villaggio in uno stato di ansia e paura.
Mi asciugo la fronte sudata con la manica e cerco di mantenere la calma. Il bambino davanti a me è immobile, la pelle bollente al tatto e le labbra secche. La madre, in piedi accanto al letto, non dice una parola, ma i suoi occhi implorano una risposta che non sono sicuro di avere. Sono chino su un bambino, la pelle del piccolo arrossata dalla febbre. La madre osserva con occhi pieni di lacrime, trattenendo il respiro mentre esamino il respiro affannoso del figlio.
Le mie mani si muovono con calma, ferme ma delicate, mentre esploro il collo del paziente con la punta delle dita. Per un attimo, un ricordo lontano si affaccia alla mia mente: il medico di corte a Racconigi, nel 1925, curava Pietro con la stessa precisione. Ricordo come osservavo attentamente ogni suo gesto, il modo in cui controllava i linfonodi e interpretava ogni segnale del corpo con un'intuizione quasi sovrumana. Quelle immagini, quei momenti, sembrano guidarmi ora, anche se non riesco a spiegare come. Ogni linfonodo che controllo è un indizio, ogni irregolarità un segnale da decifrare. Il bambino giace immobile, il suo respiro debole e affannoso riempie la stanza. La madre mi osserva in silenzio, il volto teso dalla preoccupazione.
«Il gonfiore è localizzato qui,» dico, indicando il lato destro del collo. Con la mano libera prendo un panno umido e lo passo delicatamente sulla fronte del piccolo, osservando il colore della pelle e delle labbra. Non è solo la vista a guidarmi: un odore dolciastro si solleva dal suo sudore, un segnale che mi riporta a un'altra epoca. Quel medico a Racconigi aveva notato lo stesso odore quando Pietro era debilitato, spiegandomi che poteva indicare uno squilibrio interno. Anche allora non avevo capito tutto, ma ora quelle informazioni si intrecciano con la mia esperienza presente.
Mi avvicino al tavolo su cui ho disposto i miei strumenti: una piccola lama sterile, garze pulite e alcune boccette di erbe preparate da me e Belladonna. Prendo un'ampolla contenente un infuso di salice bianco, noto per le sue proprietà antipiretiche, e lo verso con attenzione in una tazza di acqua calda. Mentre mescolo, il mio sguardo ritorna al bambino. Ogni gesto è misurato, ogni scelta ponderata.
«Il suo respiro è irregolare, ma non ci sono segni di congestione polmonare,» spiego alla madre, cercando di rassicurarla senza illuderla. «Deve bere questo decotto a piccoli sorsi. Aiuterà ad abbassare la febbre e alleviare il dolore.»
Michael, accanto a me, osserva in silenzio. Lo vedo annotare ogni mia mossa nel suo quaderno, i suoi schizzi precisi quanto le mie diagnosi. «Ale, l'odore dolciastro potrebbe essere un segnale di qualcosa di più grave?» mi chiede, la voce carica di preoccupazione.
«Sì, potrebbe indicare un accumulo di zuccheri nel sangue. Forse una disfunzione metabolica, ma non possiamo esserne certi senza altri sintomi,» rispondo, mentre mi avvicino di nuovo al bambino. «Tuttavia, non possiamo ignorarlo. Dobbiamo monitorarlo attentamente nelle prossime ore.»
Con precisione, controllo la temperatura corporea, i polsi e persino il colore delle unghie. Ogni dettaglio è importante, ogni segno una tessera del puzzle che sto cercando di risolvere. Quando mi chino per osservare meglio il suo volto, noto un leggero tremore nelle sue mani. Lo registro mentalmente, un altro dettaglio da tenere presente.
«Michael, prendi nota anche di questo,» dico, indicando il tremore. «Potrebbe aiutarci a capire l'origine del problema se i sintomi peggiorano.»
Belladonna entra nella stanza, il suo sguardo enigmatico che si posa prima su di me, poi sul bambino. «Hai già notato l'odore?» mi chiede, con un sorriso che tradisce la sua approvazione.
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HO DETTO AMORE - Il ciondolo segreto -
RomanceTorino, 1850. Può un amore sopravvivere quando il mondo lo condanna? Può un sentimento bruciare senza essere mai pronunciato? Alessandro Crepuett, giovane aristocratico, ha sempre saputo qual era il suo posto: erede di una famiglia potente, cugino d...