La chiesa è fredda, le candele sparse lungo la navata tremolano sotto le correnti che filtrano dalle vetrate incrinate. Il silenzio è spezzato solo dal mio respiro pesante e dal lamento di mia madre, distesa su una panca di legno, avvolta in una coperta consunta. Il suo volto è pallido, segnato da una sofferenza che non riesco a ignorare.«Ale, dobbiamo muoverci,» dice Michael, il tono calmo ma fermo. «Non possiamo lasciarla qui.»
Belladonna entra con passo deciso, il mantello che sfiora il pavimento polveroso. Si avvicina a mia madre, il suo sguardo scrutatore che analizza ogni dettaglio. «Portatela alla villa. Subito,» ordina, la sua voce fredda come l'aria della chiesa. «Alessandro, tocca a te curarla. Io devo concentrarmi sugli antidoti per gli abitanti e per il pozzo. Questa è la tua responsabilità.»
Un nodo mi stringe la gola. Mia madre è immobile, il suo respiro debole, e io sento un'ondata di panico che minaccia di sopraffarmi. Michael si avvicina, posa una mano sulla mia spalla. «Ale, ci sei sempre riuscito. Non è il momento di dubitare di te stesso.»
Annuisco, ma le mie mani tremano mentre solleviamo mia madre e la portiamo verso la villa. Ogni passo è un tormento, ogni respiro affannoso di lei un richiamo al mio dovere.
Quando arriviamo nella stanza preparata per lei, la stendiamo su un letto pulito. Mi lavo le mani e prendo il necessario: una piccola lama sterile, garze, un decotto preparato in precedenza.
Belladonna mi osserva dalla soglia. «Alessandro, comportati da medicus, non da fanciullo piagnucoloso. Il panico non serve. Concentrati.» Le sue parole sono una frustata, ma mi rimettono in asse.
Inizio a controllare mia madre minuziosamente. Le mie mani scorrono sul suo collo, i linfonodi sono gonfi, e noto lividi inspiegabili lungo le braccia. Il suo respiro è irregolare, quasi affannoso, e la sua pelle emana un leggero odore dolciastro. Lo riconosco subito, un segnale che non posso ignorare. Il sangue è lento a coagularsi, le unghie hanno un leggero alone bluastro.
«Michael, prendi nota,» dico con voce ferma, mentre controllo i polsi e la pressione. «Linfonodi gonfi, odore dolciastro, lividi. Questo potrebbe essere legato a una condizione ematica. Forse emofilia, ma dobbiamo escludere altre cause.»
Michael annota rapidamente, il suo sguardo concentrato mentre segue ogni mio movimento.
«Ale, hai fatto tutto il possibile per adesso,» dice, posando il quaderno. «Ma dobbiamo aspettare di vedere come reagisce.»
Belladonna entra con un'ampolla in mano, osserva mia madre e poi me. «Hai capito qualcosa?» mi chiede.
«Forse. Ma devo avere conferme. L'odore dolciastro suggerisce un accumulo metabolico. Potrebbe essere legato a una disfunzione o a una malattia ereditaria del sangue.»
Lei annuisce, il suo sguardo impenetrabile. «Bene. Ora continua. E ricorda, Alessandro: sei un medicus, non un semplice figlio. Questo è il tuo compito. Fai quello che è necessario.»
La sua voce è dura, ma so che ha ragione. Mi volto verso mia madre, prendo un respiro profondo e continuo a lavorare, deciso a non lasciare che l'emozione intralci il mio dovere.La luce fioca delle candele getta i miei pensieri sulle pareti della stanza. Mia madre giace sul letto, il respiro debole e irregolare. Accanto a me, Michael prepara gli strumenti con mani ferme, ma il suo sguardo tradisce preoccupazione.
«Alessandro, dobbiamo agire in fretta», dice, porgendomi una siringa di recente fattura, con un cilindro di vetro e un sottile ago metallico.
Annuisco, cercando di reprimere l'ansia che mi attanaglia. «Lo so. Ho visto una procedura simile nel 1811, quando il lupo fu trattato per una condizione del sangue. Dobbiamo fare lo stesso.»
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HO DETTO AMORE - Il ciondolo segreto -
RomanceTorino, 1850. Può un amore sopravvivere quando il mondo lo condanna? Può un sentimento bruciare senza essere mai pronunciato? Alessandro Crepuett, giovane aristocratico, ha sempre saputo qual era il suo posto: erede di una famiglia potente, cugino d...