36-Hate

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POV ALLY

Ero infuriata, viola di rabbia, avrei voluto urlargli contro tutti gli insulti di cui avevo memoria, ma decisi di stare in silenzio, almeno per quel momento.

Sapevo che qualsiasi cosa avessi detto sarei scoppiata in lacrime, di quelle che non si fermano facilmente.

Appena avremmo messo piede fuori, in qualsiasi maledettissimo posto in cui mi avesse portato, gliel'avrei fatta pagare, intanto però dovevo reprimere quel disperato bisogno di piangere e quel fastidioso tremolio che mi scuoteva dal petto allo stomaco.

Proseguimmo per una decina di minuti in silenzio, guidava velocemente, e non osava guardami dallo specchietto.
Era fin troppo tranquillo.

Già, dal tronde l'aveva appena avuta vinta no? Ed era il classico ragazzo abituato ad ottenere tutto ciò che voleva, quel suo modo pacato non faceva altro che farmi imbestialire di più.

Nei restando dieci minuti mi limitai a guardare in cagnesco tutto ciò che mi sfilava davanti dal finestrino,  e silenziosamente inspiravo ed espiravo cercando di tranquillizzarmi.

Capii che si stava dirigendo verso South Beach quando imboccammo il grande stradone su cui affaccia la nostra casa.

Bene, almeno non avrei dovuto farmela a piedi qual'ora si fosse fermato da un altra parte.

Quando arrivammo davanti all'entrata mi sfilai i tacchi, e scesi dalla macchina prima che si fosse completamente fermato, sbattendo la portiera con tutta la forza che avevo un corpo.

Mi avviai a passo svelto alla porta di casa, senza voltarmi. Lo sentii scendere e seguirmi, ma non fu abbastanza veloce da evitare che gli sbattessi la porta in faccia.
Accesi una lampada posizionata su un mobile all'entrata e scaraventai le scarpe al suolo in un punto non definito.

Adesso mi senti razza di stronzo egoista.

Aprì lentamente la porta e la richiuse con la stessa lentezza senza staccarmi gli occhi di dosso, studiando la mia figura.

Se un occhiata potrebbe incenerire, lui sarebbe già andato al fuoco, morto e carbonizzato.

Si avvicinò con una espressione soddisfatta sul volto.

Due lacrime mi rigarono le guance ma non mi scomposi, incrociai le braccia al petto guardandolo con tutto l'odio di cui ero capace.

"Domani mi ringrazierai." Esordì calmo.

Ditemi che non ha avuto la faccia tosta di pronunciare quelle parole.
Volevo prenderlo a schiaffi così tanto che lo feci davvero.
Era la prima volta che picchiavo qualcuno.

Il rumore sordo della mia mano che colpiva la sua guancia risuonò in tutta la stanza.

"Sei uno stronzo!" gli urlai addosso con tutta la frustrazione accumulata nelle ultime settimane.

Se avesse potuto, in quel momento sarebbe stato lui a incenerire me con uno sguardo.

"Non osare mai più immischiarti nella mia vita, sono stata chiara?" Ero fuori di me.

Il verde dei suoi occhi sembrava scintillare, l'avevo fatto incazzare, e anche parecchio constatai soddisfatta, e mi augurai di avergli fatto più male possibile, la mano mi formicolava dalla troppa forza che avevo usato per colpirlo.

In un lampo mi afferrò per un polso

"Ridotta in questo stato non vai da nessuna parte, sono stato chiaro?" disse riprendendo le mie parole.

Una sorriso malefico gli si dipinse sul viso.

"Se per fermarti dovrò caricarti in spalla, allora lo farò tutte le volte che lo terrò necessario."

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