12 Novembre
L'aria è frizzante e continuo a essere percossa da brividi lungo la schiena. Dal condizionatore esce aria fredda e non capisco proprio perché la mia macchina abbia deciso di farmi congelare proprio stasera. Gli altri dovrebbero essere già a letto a quest'ora, perché mi sono attardata più del solito, quindi spero vivamente di avere le chiavi in borsa perché altrimenti non saprei proprio come entrare e svegliare una delle mie coinquiline potrebbe essere pericoloso per la mia incolumità. Stasera a casa ho rivisto la puntata con la mia famiglia e Charles, che a quanto pare è una presenza fissa ora. Sembra un brav'uomo e tra mamma e lui sta andando tutto bene, quindi credo che possa anche piacermi, ma un giorno di questi lo prenderò da parte in cucina e gli metterò in chiaro che se dovesse farle qualcosa dovrà vedersela con me. Insomma, aver imparato a sparare dovrà pur servire a qualcosa. Ho imparato per autodifesa l'anno scorso, quando Bryan mi perseguitava dopo che lo avevo lasciato, ma la cosa potrebbe tornarmi utile in qualsiasi momento, così come la kickboxing. Per fortuna stasera non c'era la figlia. Ecco, lei la brucerei volentieri sul rogo subito stante, come le streghe. Ultimamente mi sento particolarmente violenta, e non riesco a capire a cosa sia dovuto. Sento vibrare il cellulare da dentro la borsa e so che non si dovrebbe fare, ma con una mano lo cerco e butto l'occhio per vedere almeno chi mi ha scritto. È un numero che non conosco. La cosa non mi stupisce. Da quando sono al programma mi arrivano un sacco di messaggi da gente della quale non ho il numero, ma che stranamente ha il mio ed è pronta a consigliarmi, farmi i complimenti o insultarmi. È una cosa un po' inquietante, ma dopo una settimana ci si fa l'abitudine. Non leggo il messaggio e ributto l'iPhone in borsa. Vedo dallo specchietto l'auto dei miei cameraman che mi segue. Anche questo è inquietante. Mancano solo un paio di quartieri e poi potrò cercare le chiavi e andare a dormire. Mi dispiace che loro non possano andarsene fino a che io non vada a letto perché sicuramente sono stanchi e seguirmi ovunque non deve essere per niente divertente. Entro nella mia stradina e posteggio la macchina davanti al marciapiede. Vedo qualcuno seduto all'ombra sulla panchina lì vicina. È tutto buio, la lampadina del lampione deve essersi bruciata, di nuovo. Dovrei scendere e tornare in casa, ma chiunque sia su quella panchina è un uomo, si vede dalle spalle larghe e dal portamento, e mi sta guardando. O almeno, sta guardando verso di me, verso la mia macchina. Controllo che ci sia il camioncino dei miei cameraman. C'è. Prendo il cellulare, ignoro il messaggio che mi è arrivato e cerco invece il numero di Scott. Sapevo di aver fatto bene a chiederglielo l'altra mattina. Lo chiamo e aspetto. Uno, due, quattro squilli e poi, grazie a Dio, risponde.
-Pronto.-
-Scott, sono io.-
-Belle?-Sembra incredulo e stupito. Sicuramente non si era segnato il mio numero lui.
-Sì. Lo vedete anche voi quell'uomo giusto?-
-Dove?-
-Sulla panchina.-
Aspetto un minuto. -Oh, sì, visto.-
-Io scendo, ma scendete subito anche voi, okay? Se volesse farmi qualcosa dovrei sapermi arrangiare, ma preferisco non essere sola.-
-Vuoi chiamare la polizia?-
-No! Cioè, magari è solo un vicino.-
-Allora quando apri la portiera, scendiamo anche noi.-
-Perfetto, a tra poco.- Rimetto il cellulare in borsa e mi tolgo la giacca perché, se necessario, sarò più libera di difendermi senza impedimenti. Guardo ancora una volta l'uomo, raccolgo il mio coraggio e apro la portiera. Faccio kick da qualche anno ormai, e, non per vantarmi, ma sono davvero brava, e ho seguito delle lezioni di autodifesa. Non mi era ancora capitata una situazione del genere e sono agitata, ma devo solo mettere in pratica quello che so, giusto? Scendo dall'auto, ma non sento aprirsi la portiera dietro di me. Alzo la testa e mi incammino con fare deciso verso il mio condominio. I miei cameraman non sono ancora scesi e non capisco proprio cosa li stia trattenendo. Magari quest'uomo è qui per rapirmi e i suoi scagnozzi sono saliti sul furgoncino e hanno immobilizzato i miei amici. Aumento il passo, e vedo un'ombra affrettarsi dietro di me. Okay, è il momento. Rallento e aspetto che l'uomo si avvicini. Pian piano lo sento sempre più prossimo, finché mi coglie preparata quando mi tocca la spalla con la mano. Sono pronta. Faccio un passo indietro verso di lui, piegandomi gli tiro una gomitata nello stomaco, poi mi giro e senza pensarci due volte alzo il ginocchio decisa a castrarlo a vita. L'uomo, o meglio, il ragazzo, fa un verso davvero strano e poi si piega in due e inizia a ansimare. Faccio per correre via, quando mi sembra di riconoscere il tono di voce con cui mi chiama. Sa il mio nome? Mi fermo di colpo e spero davvero di non aver appena fatto ciò che penso di aver fatto. Guardo i riflessi bronzei della luce lunare sui capelli del mio "aggressore" e poi mi avvicino un po'. Mi abbasso, per vedere se il mio intuito ha ragione e purtroppo la ha.
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