Capitolo 14 pt. 3

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-Ragazzi giriamo il camioncino e torniamo indietro?- Li sto supplicando. Ho mandato loro qualche segnale anche prima, sull'aereo, ma probabilmente non lo hanno colto. Voglio andare a casa. O meglio, non voglio vedere Spencer. Poi potremmo anche prendere un aereo per il Vietnam che mi andrebbe bene. Non so neanche io esattamente perché a dire il vero, però sono certo che l'ultima cosa che voglio fare in questo momento è vedere Spencer. Mi chiedo ancora perché la tengo, ma in realtà lo so benissimo il perché: è per mio padre. All'inizio del programma, dopo le prime puntate, mi ha chiamato per dirmi le sue impressioni su tutta la faccenda. All'inizio pensavo volesse urlarmi dietro, ma invece lui sembrava del tutto tranquillo, anzi, entusiasta persino, ed era stato durante quella telefonata che mi ha informato che, a quanto pare, il padre di Spencer è uno dei suoi possibili futuri clienti. Certo non intendeva farmi pressioni, ma involontariamente è come se mi avesse detto di fare attenzione con lei e, da li in poi, ho passato il mio tempo a rincorrerla e darle corda. Ora però il punto è che non so più se sono disposto a farlo ancora, perché se davvero voglio fare sul serio lei non è la ragazza adatta a me. Cosa dovrei dirle? Devo fingere che mi piaccia? Devo baciarla come al solito? La sola idea ora mi da un certo fastidio. Non che Spencer sia brutta, quello no, e poi la ho già baciata altre volte, ma stavolta sarebbe diverso.

-Vuoi davvero andartene Derek? Sai che se torniamo indietro dovremo dirlo alla redazione e in studio.- Mi risponde Jerico. Ha ragione e, infondo infondo, lo sapevo anche io, solo che speravo ci fosse un'altra soluzione. Per fortuna le telecamere ora sono spente.

-No, andiamo e togliamoci il pensiero.- Dieci minuti più tardi arriviamo davanti al palazzo di Spencer. Il portiere, in giacca, cravatta e cappello, ci saluta con un cenno e ci fa entrare. Non mi ricordo quanti piani abbia questo palazzo, ma lei sta nell'attico, quindi farli a piedi sarebbe come morire. Mentre le porte dorate dell'ascensore si stanno aprendo sento tossicchiare, ma intorno non vedo nessuno perciò lascio perdere e continuo a far tremolare le gambe come se fossi in preda a una crisi epilettica. Mi sento come quando andavo al liceo, quando ogni giorno c'era la possibilità di essere interrogati e quindi ti sentivi perennemente un anello che stringeva all'imboccatura dello stomaco. Sto per entrare quando il mio cameraman mi tira per una manica. Mi giro e vedo che mi indica la receptionist che mi sta fissando accigliata. Che palle! È un maledetto palazzo, non un albergo. Mi avvicino.

-Posso aiutarla?- Mi chiede civettuola. Ma mi prende per il culo?

-No, so andare su da solo.- Rispondo.

-Chi deve vedere signore?-

-Spencer.- Inizio ad irritarmi.

-Chiamo subito la signorina per sapere se può salire.- Ma che cazz...?

-Certo che posso, lo sa che sto arrivando.-

-Ci vorrà solo un secondo.- Mi alza l'indice laccato di smalto rosa pastello davanti agli occhi e intanto chiama, il tutto senza mai togliersi quel sorrido falso dalla bocca. Scommetto che vorrebbe prendermi a calci in realtà.

-Dio, quanto li odio questi posti per perfettivi del cazzo.- Guardo i miei cameraman. Stanno già riprendendo ovviamente. –Questa la tagliate.- Guardo Paul negli occhi. -Sono serio, questa la tagliate.- Lui ride e alza il pollice per confermare.

-La signorina ha detto che può salire.-

-Già.- Rispondo seccato.

-A presto.- Mi dice mentre me ne sto già andando. Con quel tono dolce e falso, frutto di anni di allenamento passati a servire ricchi idioti con le loro mogli trofeo.

-Spero di no.- Sussurro. Torno all'ascensore, che ovviamente ora è occupato, e aspetto che torni giù. Una volta arrivato al pianerottolo dell'attico la porta è già tenuta aperta da una cameriera. È una donna anziana, con sulla pelle i segni di anni e anni di lavoro fidato e con i capelli marroni già screziati d'argento, raccolti in uno chignon, e un vestito grigio con grembiule bianco. Uguale a quelle che si vedono nei film. –Posso entrare?- Le chiedo titubante. Non ho mai avuto una cameriera, non so come funzionano queste cose. L'unica persona, oltre alla mia famiglia, che stava in casa nostra era Brigitta, la donna delle pulizie, che però veniva solo la mattina e io a dire il vero non la ho quasi mai incrociata. Dava solo una mano a mia madre, non ha mai aperto la porta e sicuramente non mi portava da bere o cucinava. Non che ci fosse molto da pulire in casa mia. I miei genitori ci avevano insegnato a essere educati, a pulire quando sporcavamo e a riordinare ciò che mettevamo in giro. L'unico motivo per cui avevamo, e forse abbiamo ancora, Brigitta era che mamma da sola non riusciva pulire tutti i pavimenti e i vetri della casa. "È troppo grande Patrick, dovevamo prendere quella villetta a schiera." Mi ricordo che diceva mia madre a mio padre quando ero più piccolo, ma già dopo il problema del tradimento. Ogni ricordo della mia infanzia è scandito da prima e dopo il tradimento. Un brutto vizio che mi sono preso da piccolo. "Così non avremmo avuto lo spazio per tutti i tuoi quadri Rose." Le rispondeva lui dandole un bacio sulla guancia.

E se non volessi innamorarmi di te? || 1# Fairy-Tale Love Serie [da revisionare]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora